A cura di don Sandro De Gasperi (28ª domenica del tempo ordinario - anno C)

Ritorna alla fonte della guarigione

Un cristiano sa ritornare sui suoi passi, per riconoscere di essere stato beneficato gratuitamente

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Dieci persone, accomunate da una malattia tremenda, che, piano piano, si prende le estremità del corpo e rende incapaci di essere autonomi, il Vangelo non ci dice se sono tutti maschi o se c’è tra loro anche qualche donna. Dieci persone, accomunate dallo stigma sociale che grava su di loro: per proteggere le città e i villaggi da un contagio incontrollato, erano state considerate Parola di Dio le regole che allontanavano dai centri abitati i lebbrosi, che erano obbligati a segnalare la loro presenza con un campanello e a tenersi a distanza dalle altre persone – come anche il Vangelo segnala. Dieci persone, che incontrano sulla loro strada la singolare figura di Gesù di Nazareth: chissà se erano giunte fino ai loro orecchi le straordinarie notizie che lo vedevano protagonista di guarigioni e di prodigi. Chiedono pietà, queste dieci persone: chiedono di essere riconosciuti, di essere guardati in faccia, di essere considerati nella loro dignità di esseri umani.

Gesù accoglie la loro richiesta, e, secondo la Legge, li manda dai sacerdoti, incaricati di validare la guarigione dalla lebbra e, quindi, di restituire alla vita e alle relazioni. Il Vangelo segue una progressione temporale un poco strana: sembra quasi che Gesù li invii dai sacerdoti prima ancora di averli guariti. È nel percorso tra l’incontro con Lui e il riconoscimento della guarigione al Tempio che accade la guarigione desiderata, invocata, e tuttavia imprevista, donata: solo un Samaritano, uno straniero, si accorge di quanto sta avvenendo in lui.

Ritorna alla fonte della guarigione, ritorna da Gesù per ringraziare: Luca utilizza un verbo che compare altre quattro volte nel suo Vangelo, un verbo che vede come destinatario del ringraziamento solo Dio. Eucaristheo: è il verbo da cui deriva il nome del Sacramento che stiamo celebrando, che ci costituisce come Chiesa, che ci nutre nel cammino della fede. Ringraziare, dare gloria a Dio, lodare: è il segreto della vita cristiana, è l’azione di un cuore capace di stupirsi, di cogliere le sfumature della vita, di essere riconoscente. La fede che Gesù ammira stupito in quest’uomo sta nella sua capacità di prestare attenzione alla vita, ai suoi sussulti, ai suoi movimenti: quest’uomo non è distratto dall’ansia di arrivare al Tempio e di essere liberato, quest’uomo non è troppo preso dai suoi dolori. Quest’uomo sta camminando, sta vivendo la sua strada, sta dando fiducia a questo cammino di guarigione.

Il cristiano – proprio come l’anonimo guarito samaritano – è colui che sa ritornare sui suoi passi, per riconoscere di essere stato beneficato gratuitamente, per essere stato amato, per essere destinatario di un dono. Il cristiano è colui che benedice il tempo che, con tanti fratelli e sorelle, sta attraversando, talvolta con fatica e con angoscia, altre volte colmo di gioia per le possibilità e le opportunità offerte. Capace di cogliere la vita lì dove si annida e si nasconde, capace di diventare ogni giorno più capace di accogliere la bellezza che è chiamato ad essere per il mondo.

Naaman è invitato a bagnarsi nel Giordano per riconquistare il suo servizio: e siamo tutti in quest’uomo, il cui nome rimanda ad una bellezza persa o minacciata dalle malattie che affliggono il nostro cuore, che appesantiscono le nostre membra. Chiediamo al Signore di guarirci, di donarci quello sguardo di ringraziamento semplice e profondo che è il significato più profondo di quella Parola che abbiamo ascoltato e del pane che condivideremo, di aiutarci ad esprimere il “grazie” di cui il mondo ha bisogno, oggi più che mai.