Se leggiamo il Vangelo, ma anche se ripensiamo alla liturgia, torna tante volte il tema della vista, della luce. Spesso Gesù si definisce o viene definito “luce”. Credo che tutti voi avrete partecipato alla veglia di Pasqua, la sera del Sabato Santo, vi ricordate? La chiesa totalmente buia, fuori si benedice il fuoco e si entra in chiesa con il cero pasquale… “Lumen Christi”, “La luce di Cristo”. Ma anche al battesimo si consegna una luce, vicino ad ogni tabernacolo c’è una luce… Gesù è luce, oggi diventa luce per questo cieco che viveva nelle tenebre. Oggi Cristo può essere luce per noi. Ora questa guarigione è un miracolo ed è storicamente avvenuto ma ogni miracolo non è mai solo fine a se stesso. Ogni miracolo è un segno che il Signore compie anche per noi. Esistono infatti i ciechi reali ma esistono anche i ciechi dell’anima, come esistono gli zoppi reali ed esistono gli zoppi dell’anima, esistono i paralitici reali e i paralitici dell’anima…
Che differenza c’è tra un cieco reale e un cieco dell’anima? Che il cieco reale si accorge di essere cieco, si rende conto di non vedere e si fa aiutare… I ciechi dell’anima spesso non se ne rendono neppure conto. Neppure sanno di essere ciechi… salvo poi trovarsi magari adulti o anziani e accorgersi che tutto va storto, che la loro vita è stata un fallimento, che non hanno saputo creare niente di solido.
Spesso siamo ciechi… Siamo ciechi e non lo sappiamo. Due casi di cecità ce li dice la seconda lettura: l’ignoranza e l’errore. Quanta ignoranza c’è in tema di fede… Tante volte sulla fede si sa così poco. “Non sapevo”… Ma quando saremo davanti al Signore non credo mica basterà questa giustificazione… “Non sapevo”. In diritto si dice: “L’ignoranza della legge non scusa”. Non sapevi? E cosa hai fatto per informarti, per crescere nella fede? Cosa hai fatto per conoscere? Come hai usato il tuo tempo? Se sto tutto il giorno davanti alla tv, magari ad ascoltare Barbara D’Urso, beh, la mia ignoranza in materia di fede non cala… anzi, cresce… Hai fatto qualche buona lettura? Magari di qualche vita di santi? Hai pregato? Leggi la Parola di Dio? Ascolti le letture proclamate a Messa, le omelie? Oppure come si dice, “dentro per un orecchio e fuori per l’altro”? A volte siamo ciechi e non lo sappiamo: ci siamo lasciati aiutare? Magari attraverso la confessione, la direzione spirituale? Uno potrebbe dire: “Ma nessuno può conoscersi meglio di se stesso!” Mica vero… Intanto perché siamo spesso presi dalle cose da fare, dai pensieri, dai lavori, dagli impegni e fatichiamo a fermarci, a trovare il tempo per guardarci dentro. Quante volte ci chiediamo con tutto il nostro fare dove stiamo andando? Altrimenti diventiamo come le formiche che lavorano sempre, sempre in movimento… Ma cosa stiamo costruendo?
E poi, lo dice anche la psicologia (la Chiesa lo dice da secoli); c’è una parte di noi, una parte che la psicologia chiama “Io cieco” che noi possiamo conoscere solo attraverso gli altri. Noi possiamo conoscerci veramente solo attraverso gli altri, che ci aiutano a capire e che ci fanno vedere aspetti di noi di cui magari neppure noi eravamo consapevoli. «Togli la pagliuzza dall’occhio del tuo vicino e non vedi la trave che è nel tuo occhio?», dice la Sacra Scrittura…. Capita a volte… Ho una trave davanti e non la vedo. Ho bisogno di prendere consapevolezza di questa trave… Allora il primo passo è prendere consapevolezza di aver bisogno di essere illuminati dal Signore. Un prete di Roma ha scritto qualche tempo fa un libro: “Solo i malati guariscono”.
Oggi il Vangelo ci propone un esempio straordinario; un cieco, Bartimeo. Questo cieco non ha praticamente nulla… neppure un nome… Bartimeo non è il suo nome proprio, vuol dire “figlio di Timeo” (Bar in ebraico significa figlio), non ha una famiglia, non ha un lavoro, non ha una casa… Eppure non ha perso la speranza. Bartimeo sa che esiste la luce e non si rassegna al buio. Bartimeo sa che quella luce, che quella speranza solo Gesù la può realizzare. E non si stanca di invocare il Signore. Non si rassegna di fronte a quelli che lo vogliono far tacere, di fronte a quelli che gli dicono che non può cambiare niente, che nessuno può guarirlo; di fronte a quelli che vorrebbero zittirlo grida ancora più forte. Questo cieco è un uomo di speranza! E quando Gesù lo fa chiamare, egli fa due gesti splendidi. Balza in pedi e getta via il suo mantello… Il mantello per un povero è tutto… è coperta, è cuscino, è riparo per il freddo e per la pioggia… Bartimeo non si pone il problema. Per Gesù può lasciare anche quella sua unica ricchezza… La fede ci dice che Gesù non lascerà mancare ciò che gli serve. Per Gesù questo cieco è disposto a lasciare tutto. E noi per Gesù cosa siamo disposti a lasciare?
Vi faccio un esempio. Se mi dico, sono troppo grosso, faccio fatica anche solo a salire le scale, non riesco più a correre, mi metto in dieta… allora devo rinunciare a qualcosa. “Ah, no, mangio e bevo come prima…”, “Allora fai più attività fisica…”, “Ah, non, non se ne parla”. E allora come fai a sperare di dimagrire? E cosa sei disposto a lasciare per il Signore? Sei disposto a lasciare il tuo orgoglio? La tua pigrizia? Il tuo desiderio di essere riconosciuto? La paura di essere giudicato? La fede deve realizzarsi in scelte concrete di apertura, di perdono, di aiuto… Per accogliere il Signore devo trovare la forza di rinunciare al mantello, di balzare in piedi e di andare verso di lui… ma e gli ostacoli e i pericoli? Se vado verso il Signore non devo temere.
Quella frase splendida che dicono a Bartimeo, dovremmo scrivercela in camera, davanti al letto: «Coraggio, alzati, ti chiama!». Ogni giorno dovremmo ricordarci questo: il Signore ci chiama, ci chiama per illuminarci, per toglierci dalle tenebre, per guardare alla nostra vita in modo diverso, per seguirlo, per essere uomini e donne di speranza, per non vivere una vita senza senso, da “seduti” ma per vivere una vita piena, bella, una vita da Figlio di Dio. Coraggio, alziamoci, il Signore ci chiama!