Domenica 18 novembre

Seconda giornata mondiale dei poveri

Iniziative in diocesi

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Si tiene domenica 18 novembre, in tutta la Chiesa cattolica, la Giornata mondiale dei poveri. Quella di quest’anno è la seconda edizione dopo l’indizione che papa Francesco ha voluto, nel 2017.

IL MESSAGGIO DEL PAPA
Firmato il 13 giugno scorso, il Messaggio si intitola «Questo povero grida e il Signore lo ascolta». Con molto realismo, riconosce che prendere atto di come «nell’immenso mondo della povertà, anche il nostro intervento è limitato, debole e insufficiente, conduce a tendere le mani verso altri, perché la collaborazione reciproca possa raggiungere l’obiettivo in maniera più efficace». Tutti noi cristiani, secondo il Papa, «siamo mossi dalla fede e dall’imperativo della carità, ma sappiamo riconoscere altre forme di aiuto e solidarietà che si prefiggono in parte gli stessi obiettivi; purché non trascuriamo quello che ci è proprio, cioè condurre tutti a Dio e alla santità. Il dialogo tra le diverse esperienze e l’umiltà di prestare la nostra collaborazione, senza protagonismi di sorta, è una risposta adeguata e pienamente evangelica che possiamo realizzare». Nel campo della carità si aprono spazi per collaborazioni di ogni tipo, con tutti gli uomini di buona volontà: «Davanti ai poveri non si tratta di giocare per avere il primato di intervento, ma possiamo riconoscere umilmente che è lo Spirito a suscitare gesti che siano segno della risposta e della vicinanza di Dio. Quando troviamo il modo per avvicinarci ai poveri, sappiamo che il primato spetta a Lui, che ha aperto i nostri occhi e il nostro cuore alla conversione. Non è di protagonismo che i poveri hanno bisogno, ma di amore che sa nascondersi e dimenticare il bene fatto. I veri protagonisti sono il Signore e i poveri. Chi si pone al servizio è strumento nelle mani di Dio per far riconoscere la sua presenza e la sua salvezza».

Il documento purtroppo nota anche, sulla falsariga dell’episodio evangelico in cui il cieco di Gerico, Bartimeo, viene rimproverato da chi gli sta attorno perché chiede aiuto al Signore Gesù, come «le voci che si sentono sono quelle del rimprovero e dell’invito a tacere e a subire. Sono voci stonate, spesso determinate da una fobia per i poveri, considerati non solo come persone indigenti, ma anche come gente portatrice di insicurezza, instabilità, disorientamento dalle abitudini quotidiane e, pertanto, da respingere e tenere lontani. Si tende a creare distanza tra sé e loro e non ci si rende conto che in questo modo ci si rende distanti dal Signore Gesù, che non li respinge ma li chiama a sé e li consola». I poveri, invece, sono un ‘‘luogo teologico’’: più semplicemente, «I poveri sono i primi abilitati a riconoscere la presenza di Dio e a dare testimonianza della sua vicinanza nella loro vita. Dio rimane fedele alla sua promessa, e anche nel buio della notte non fa mancare il calore del suo amore e della sua consolazione. Tuttavia, per superare l’opprimente condizione di povertà, è necessario che essi percepiscano la presenza dei fratelli e delle sorelle che si preoccupano di loro e che, aprendo la porta del cuore e della vita, li fanno sentire amici e famigliari».

IL CONVEGNO IN DIOCESI
In diocesi di Belluno-Feltre la giornata è preceduta, sabato 17, da un tempo di formazione per operatori e volontari della carità organizzata dalla Caritas diocesana sul tema «Ascoltare il grido del povero». Sono invitati gli animatori della carità, a qualsiasi gruppo o associazione appartengano, operatori e volontari, che vogliano mettersi in ascolto del grido dei poveri. Relatore della giornata sarà don Luca Facco, direttore della Caritas diocesana di Padova. Al mattino interverrà anche il vescovo Renato.

IL SUSSIDIO
A quanti interverranno alla giornata di formazione per operatori e volontari sarà distribuito un sussidio, curato dall’Ufficio diocesano per l’annuncio e la catechesi, dall’Ufficio diocesano per la carità, con una parte (curata dall’Ufficio diocesano per la liturgia) che propone uno schema di celebrazione eucaristica, con l’introduzione iniziale dopo il saluto, l’atto penitenziale, la preghiera dei fedeli, la processione offertoriale, il momento del Padre nostro, la benedizione finale.

Cuore del sussidio è però la meditazione sul tema della giornata, «Questo povero grida e il Signore lo ascolta», curato dall’ufficio diocesano per la carità. Questa è un ringraziamento alle nostre comunità, in cui «le opere che esprimono la capacità di rispondere al grido dei poveri sono numerose e di vario genere: dal servizio di distribuzione di pacchi alimentari o vestiario alla vicinanza ai malati o agli anziani, dalla offerta di doposcuola per sostenere gli alunni più fragili alla accoglienza in alloggi per persone o famiglie in difficoltà, dal sostegno economico per chi han nullo o scarso reddito all’accompagnamento ai servizi e alle istituzioni presenti sul territorio». Per la Giornata mondiale, prosegue il sussidio, «potrebbe essere opportuno rendere visibili nelle parrocchie iniziative o progetti forse ancora poco conosciuti e che sono invece testimonianza della carità non solo dei singoli, ma delle comunità: l’animatore o il volontario della carità, infatti, non agisce mai solo a titolo personale, ma su mandato della comunità stessa».

L’Ufficio diocesano per l’annuncio e la catechesi propone la traccia di un incontro di formazione conadulti, con la finalità di «cogliere lo sguardo che Gesù rivolge ai poveri e la sua capacità di ascoltarne il grido». Per i ragazzi, propone di realizzare un braccialetto di tre colori: tre colori per richiamare alla memoria tre parole chiave del messaggio del Papa: grido, risposta, liberazione.

LE TESTIMONIANZE
A proposito di testimonianze, il sussidio coraggiosamente sceglie di dare la parola ai cristiani irachena: scrive Maguelone Girardot, direttore dell’unica radio indipendente del Kurdistan iracheno, Radio Al-Salam. Si dà così voce alla realtà degli esuli iracheni, ben più cospicua dell’immigrazione verso l’Europa: «Molti Paesi ospitanti, come il Libano e l’Iran, fanno i conti con gravi difficoltà interne». Anche alla Girardot non difetta il realismo, quando ammette: «Mi sono resa conto che la paura dell’altro non è monopolio dell’uomo bianco. Come europea, sono rimasta ingenuamente sorpresa per il razzismo dei marocchini nei confronti di chi viene dall’Africa subsahariana o dei libanesi verso i siriani».

Ovunque «in Libano, in Marocco, sotto i ponti della Senna, dove le tende colorate si susseguono», una situazione esistenziale accompagna i migranti: «tutti gli esuli mi hanno detto di non avere amici».

don Giuseppe Bratti