A cura di don Andrea Canal

Simbolo e diavolo, unione e dispersione

Il tempo ordinario ci lascia immersi nella nostra vita, per aprirci con fiducia alla vittoria pasquale

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Dopo i tempi forti della Quaresima e della Pasqua e dopo le ultime grandi solennità, la liturgia ci riconsegna oggi al Tempo Ordinario e ci presenta in questa pagina del Vangelo di Marco alcune scene di “ordinario conflitto” che Gesù si trova ad affrontare.

Dentro i ritmi e la dinamicità della vita tocchiamo con mano la forza dell’unità e la dispersione generata dalla divisione: c’è qualcosa che unisce e qualcosa che divide, simbolo e Diavolo. Giocando con l’etimologia, come ci permette di fare il greco, troviamo queste due parole nella nostra fede che ci indicano una realtà profonda: il simbolo apostolico o di fede è il Credo che professiamo e che indica con una formula precisa e concisa l’unità di tutti i credenti nella stessa fede; è anche uno delle tappe più significative del cammino dei catecumeni in preparazione ai sacramenti dell’iniziazione cristiana; e poi il Diavolo colui che fa della divisione il suo punto di forza. È assurdo, ma basta cambiare il prefisso e ci troviamo proiettati in due prospettive completamente diverse: se vogliamo dare un indirizzo anche alla nostra vita l’orizzonte che traccia Gesù è chiaro, la via maestra è quella dell’unità.

«Il demonio sembra il protagonista di questa pagina, come le divisioni sembrano ogni tanto prevalere nella nostra vita e in quella del mondo, segnata da guerre e conflittualità. Ma la parola di Gesù continua ad essere luce per il nostro cammino e a indicarci le strade, non sempre semplici e immediate ma comunque sicure, per passi di riconciliazione e di pace» (C. Curzel)

Sono passi di riconciliazione con Dio e con i fratelli, dove le logiche dei rapporti familiari possono subire cambiamenti, ma dove anche il rapporto con Dio può essere sanato, sempre. Tranne «chi avrà bestemmiato contro lo Spirito Santo, non sarà perdonato in eterno» e sia che la guardiamo con la lente della misericordia sia che la guardiamo con la lente del giudizio ci mostra l’orizzonte: non si può ostacolare l’azione di grazia dell’amore, l’Amore gratuito di Dio, il bene grazioso della sua presenza nella nostra vita.

Abbiamo anche la possibilità di andare oltre, di fare un passo in più quando «crediamo e perciò parliamo» dice san Paolo, perché non può rimanere tutto confinato dentro la testa o dentro il cuore, prende forma con le nostre parole, sono anche loro un seme gettato nel nostro presente. Come ci suggerisce la preghiera di colletta è il compito del Figlio di Dio «liberare l’uomo dal potere di satana, per alimentare in noi la fede e la libertà vera, perché partecipiamo alla vittoria pasquale di Cristo». Il tempo ordinario ha questa innata propensione a lasciarci immersi nella nostra vita, nei suoi tratti ordinari, ma per aprirci con più fiducia alla vittoria pasquale, a quel regno di Dio che deve compiersi ma che affonda le radici già qui nel presente.

Lasciamo che il Signore schiacci la testa del serpente/diavolo, lasciamo che il Signore entri nel nostro quotidiano ordinario – un po’ conflittuale – e lasciamoci sorprendere dalla sua volontà, cercando di accoglierla perché ci porti all’unità, mostrandoci una nuova famiglia.