In un’alta valle i montanari vivevano nelle baite. Ridevano allegri quando la brezza scendeva dai valichi per scherzare coi fili d’erba delle praterie mentre i narcisi, i gigli, i giacinti avvolgevano ogni cosa in carezzevoli onde di profumo che salivano a fondersi con quello delle nigritelle solitarie! Là dove la terra s’assottigliava contro le rupi della montagna, i rododendri sanguigni fiorivano arrossando l’aria e le genzianelle gareggiavano con l’azzurro del cielo. Più su, la neve si scioglieva e mandava a valle lunghi fili d’ acqua canterini. Era primavera e, come un prodigio, tutto diveniva verde. Allora i pastori dicevano ch’era arrivata la bella stagione e le mandrie scampanavano all’aperto fino a notte. Poi d’estate, giù nelle pianure, il primo fieno andava seccando nei prati. E il caldo portava con i fiori un brulichio di colori, viola di vilucchi, rosa di campanule, biancori di margherita, gialli d’arniche e ranuncoli, un’infinità di tinte e di steli incastonati nel verde tenero dell’erba.
Sul finire dell’inverno, Soldanella guardava fuori dalla finestrella della baita con lo sguardo che si perdeva nel bianco della montagna. Pareva cercare qualche cosa di bello, di dolce come una carezza. «Soldanella, che cerchi?». «Nulla!». Le vicine dicevano alla madre: «La vostra figliuola vien su sottile come un ramo di frassino, lieve come una nuvola: pare un sospiro! Consuma come un cero!». «È il chiuso. Verrà la primavera e allora…».
Quando sarebbe arrivata primavera? A Soldanella gli occhi di pallido celestino si chiudevano come per vedere più in là. Era sottile, i suoi capelli appena dorati le scendevano sulle spalle, incorniciando un visino trasparente di madonnina esangue. Rideva poco ma dolcissimamente e il suo sorriso buono poteva smorzare ogni ira, asciugare un pianto, recare nel cuore un rivolo di serenità.
E intanto le nebbie salivano ad avvolgere ogni cosa e, appena accennavano a diradarsi, volteggiavano nell’aria le stelline bianche della neve che s’andava infittendo cumulando bianco sul bianco. Soldanella guardava triste; non poteva vivere tra tutto quel bianco, quel silenzio, quel nulla che aspettava la cosa meravigliosa che nessuno poteva precisare quando sarebbe arrivata. Era tanto buona, che bastava un suo sguardo o una sua carezza per calmare il pianto convulso di un bambino o il cruccio d’un adulto. Sedici lunghi inverni avevano indebolito col loro gelo la vita della ragazza e ora pareva, piccola com’era, un fiorellino dalla bianca corolla appena un po’ giallina all’infuori, con sfumature violacee, su uno stelo esilissimo, tremante al minimo soffio di vento.
Una sera, la madre andò a chiamar le vicine: «Per l’amor di Dio, venite! La mia Soldanella muore!». Sul letto, la ragazza pareva un angelo riposante.
Le vicine: «Poverina! par che con un soffio la si possa disperdere tutta! Sorride come una Madonna!». Il cuore della ragazza batteva lieve e una gioia immensa le inondava l’anima. Eccola la Madonna che veniva a lei. Era scomparsa tutta quella neve bianca, un suono di campanelle ondeggiava tra dosso e valle, l’aria portava profumo di resine e di fiori, cantava l’acqua attraverso le verdi praterie. Al seguito della Madonna era arrivata la dolce Primavera della vita e dell’eternità.
Soldanella chiuse gli occhi. Una luce l’abbagliava e tra i raggi vide la Madonna accostarsi al suo letto, sorriderle e carezzarla. La ragazza sentì un tepore soave scendere nel suo esile corpicino. «Primavera! Ecco la bella, ridente stagione, vita della terra e dell’eternità». «Oh, Madonnina bella, che trascini con te tutte le erbe, anch’io vorrei essere un fiore! Il più piccolo, il meno bello, che nessuno cercherà, che nessuno coglierà, ma – perdona il mio peccato di desiderio – il primo a venire subito dopo il gelo, vicino alla neve; tremi di freddo la notte non importa, ma che dica a tutti che tu, Madonnina di primavera, stai per giungere con la tua coorte di fiori, col tuo cantare di acque festose e di tiepidi cieli sereni!». Poi Soldanella chiuse gli occhi per sempre.
Il giorno dopo la neve era quasi scomparsa e la terra, anche là dove ancora luccicava una crosta di ghiaccio, si riempì di piccoli fiori tremanti sull’esile stelo. Pallidi nell’interno della corolla, avevano all’intorno una lievissima sfumatura un po’ giallina, un po’ viola e sembravano dire: «La primavera sta per venire. Domani saranno verdi le praterie, tutti i fiori più belli sbocceranno sotto il tiepido sole».
Termina la parabola valdostana: «I paesani, nel vedere quei fiorellini, pensarono alla ragazza appena scomparsa cui somigliavano straordinariamente e chiamarono “Soldanella” quel fiore nuovo, nunzio di primavera, sottile, lieve come un fiocco di nuvola».