A cura di don Sandro De Gasperi (18ª domenica del tempo ordinario - anno C)

Tenetevi lontani da ogni cupidigia

Gli imprevisti della vita di sant’Ignazio rendono concreta e vicina la Parola di Dio di questa domenica

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Il giovane cuore di Ignazio è popolato di figure epiche, che vivono le avventure cavalleresche di cui è ricca la letteratura spagnola. E spesso, questo giovane basco sogna di conquistare fortezze, di rapire i cuori di avvenenti fanciulle, di accumulare ricchezze e gloria. Ignazio lavora duramente per rendere concreti i suoi sogni: nel 1521, combatte per difendere la città di Pamplona, assediata dai Francesi. Viene colpito alla gamba da un colpo di cannone ed è costretto a ritirarsi: comincia uno dei viaggi spirituali più affascinanti e travagliati della storia moderna, che porterà Ignazio alla conversione a Cristo, alla stesura degli Esercizi spirituali e alla fondazione della Compagnia di Gesù. Accompagnati da questo santo, di cui oggi la Chiesa celebra la memoria, ci accostiamo con cuore disponibile alla pagina evangelica che la liturgia ci offre in questa domenica: l’ardore e l’intensa passionalità, la brama di ricchezze e gli imprevisti della vita di questo grande santo rendono concreta e vicina la Parola che abbiamo appena ascoltato.

Gesù sa bene che, per vivere, c’è bisogno anche di beni materiali: non propone ai suoi un impossibile e ascetico distacco e neppure di dilapidare il proprio patrimonio con investimenti poco oculati, che non siano stati pianificati e valutati. Gesù ci ricorda, però, che la riuscita di una vita non dipende dai beni che essa possiede e che quel criterio che tante volte si impadronisce anche del nostro cuore e della nostra mente, secondo cui quanto più uno è ricco, tanto più è felice, non corrisponde alla verità.

La breve parabola che Gesù racconta ci stupisce: stranamente, in essa non c’è una vera e propria azione. Semplicemente, vengono portati alla luce i pensieri segreti del cuore del ricco: veniamo messi di fronte al sollievo che quest’uomo prova, alla sicurezza egoistica in cui comincia a cullarsi. I beni materiali rischiano di zittire l’inquietudine che palpita nel nostro cuore, di placare quella sete e quella fame che non si nutrono solo di cibo e di bevande, ma anche di amore, di affetti e di legami: la preoccupazione per procurarsi i beni per il domani, l’ingegnosa operosità che nasce dal bisogno ci aiutano a ricordare la nostra condizione, che Qoelet descrive con disillusa chiarezza. La meditazione del saggio non è frutto di un pessimismo cosmico che vela di tristezza ogni realtà umana, ma della consapevolezza profonda che il segreto della vita dell’uomo non può essere affidato ai beni accumulati.

Se ci sembra che queste considerazioni siano troppo disincarnate, troppo lontane dalla nostra realtà quotidiana, possiamo accostarci all’apostolo Paolo, che conosce bene la necessità di procurarsi il sostentamento con il lavoro manuale, ma che indirizza il nostro sguardo all’unico tesoro che vale la pena curare, alle cose di lassù. Vi sono beni il cui possesso è più importante delle ricchezze, su cui investire è pregare, che ricercare è occuparsi delle cose di Dio: l’uomo che Paolo descrive non è un uomo che non mangia, non lavora e vive di rendita, ma è l’uomo che nutre il suo cuore della relazione autentica con Cristo e con i fratelli e le sorelle, senza menzogna, senza eccessivo affanno, ricercando la piena conoscenza che è l’amore puro e profondo. È l’uomo rinnovato dallo Spirito, che sa servirsi dei beni senza lasciarsene schiavizzare: è l’uomo che possiede la sapienza del cuore, l’atteggiamento che previene la presuntuosa sicurezza del ricco e dona il giusto valore ad ogni cosa.

Sant’Ignazio di Loyola è maestro nel discernimento, nel considerare con attenzione i movimenti del cuore e le traiettorie dei pensieri: chiediamo la sua intercessione oggi per imparare a considerare con la giusta distanza i beni materiali, per saperne fare uso con sobrietà e gioia, nella condivisione e nella fraternità.