Solennità di tutti i Santi

Tutti i Santi

a cura di un parroco di montagna

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Le Beatitudini sono come un decreto solenne, emanato dall’alto del Monte. Questo decreto è destinato non solo ai discepoli (seduti in prima fila), non solo al popolo giudaico (che si affolla attorno a Gesù), ma a tutti indistintamente.

Destinatari di questo proclama non sono coloro che vivono già in una condizione di benessere, ma coloro che sono ben lontani dalla beatitudine: poveri, sofferenti, malati, peccatori e quanti sono intimoriti da tutto ciò che accade.

L’annuncio è che il Regno di Dio è arrivato. Se questo annuncio fosse rivolto solo ai primi, susciterebbe la protesta e provocherebbe divisione. Ma è rivolto a tutti: il Regno di Dio è arrivato per tutti.

Di fronte all’amore di Dio non ci sono emarginati: anzi, coloro che sono emarginati sono i primi. L’universalità delle beatitudini evangeliche mette tutti d’accordo.

Il regno dei cieli è arrivato: non pensiamolo al futuro, a un futuro lontano, nel paradiso dei Santi (anzi, i Santi sono più vicini di quanto non si pensi!). Nei Profeti le promesse di beatitudine, legate alla venuta del Messia, erano al futuro. Per Gesù sono al presente: oggi i poveri sono beati. E sono beati perché Dio interviene in loro favore.

Programma d’azione di Gesù è quello di accogliere i poveri e gli emarginati di ogni genere, gente semplice del popolo, ammalati, stranieri e peccatori. Gesù sa che Dio è dalla loro parte per difenderli. È come se Gesù dicesse: “Beati voi poveri, ammalati, perseguitati… perché Dio è stanco di vedervi soffrire, perché Dio ha deciso di mostrarvi che vi ama”. L’azione di Dio è quella del Re che non intende dominare, ma salvare, accogliere, perdonare.

Gesù non soltanto prestò attenzione ai poveri, ma fu anche lui povero, sofferente, perseguitato.

Le Beatitudini non soltanto descrivono la sua linea d’azione, ma il suo modo di pensare la vita. In fondo, per Gesù l’esistenza va presa come un dono e un servizio. Il povero in spirito è colui che fa dono di sé: gratuitamente ha ricevuto e gratuitamente fa servizio agli uomini.

Con le Beatitudini Gesù spinge le persone all’azione: a essere affamati di giustizia, a essere operatori di pace non violenti, misericordiosi… Matteo non intende certo beatificare le situazioni precarie in cui si trovano i poveri e i sofferenti, ma vuol suscitare atteggiamenti spirituali che portano ad aiutare e a soccorrere.

Il suo problema non è lo scontro tra il mondo ricco e quello povero, fra oppressi e oppressori. Il suo scopo non è fare un giudizio sul mondo, ma suscitare atteggiamenti concreti e pubblici, non solo a parole, ma attivi per la giustizia e per la pace.

Beati gli affamati e assetati di giustizia:

Gesù non si rivolge in primo luogo ai ricchi e ai potenti, perché diano le briciole del loro superfluo agli affamati. Gesù si rivolge direttamente agli affamati, ai malati e bisognosi perché trovino la forza di alzarsi in piedi e di farsi protagonisti del loro cammino. Si tratta di una speranza solida, perché è fondata sulle promesse di Dio.

Gesù si rivolge anche a noi e ci impegna ad aver fame e sete della giustizia, cioè della volontà di Dio, e vuol che ci si lasci prendere come lui dalla volontà di Dio, coraggiosi e non violenti, capaci di compromettersi per la giustizia e credere nella forza dell’amore e della verità.