Pensate a una ragazza che a 12 anni rimane orfana della mamma, a 15 anni scappa di casa per entrare in convento contro la volontà del padre. A una quarantina d’anni, dopo più di venti da monaca, viene accusata di essere indemoniata: le viene vietata la solitudine e addirittura lo possibilità di fare la Comunione; pensate a questa donna che soffrirà sempre di problemi di stomaco, emicranie fortissime, dolori al cuore e molte altre malattie. Accusata e condannata ingiustamente, tra invidie e gelosie, verrà anche incarcerata… Ostacolata nei tentativi di riforma che voleva mettere in atto. E in mezzo a questa caos e dolore scrive: «Nulla ti turbi, nulla ti spaventi: Tutto passa, solo Dio non cambia».
Pensate a un giovane che si spoglia di tutto e lascia una vita agiata per seguire Cristo e sposare Madonna Povertà; dopo anni di privazioni e fatiche si ritrova malato, spossato, spesso incompreso, a volte osteggiato anche da coloro che lo hanno seguito. E lì scrive una preghiera straordinaria con la quale ringrazia Dio per tutta la creazione, lodando addirittura la morte. E lì spiega che perfetta letizia non è ottenere grandi successi ma accettare l’incomprensione, il rifiuto, le avversità con la serenità che in Dio anche il male si può volgere in bene.
Pensate a un ragazzino che scopre di essere affetto da una malattia grave; che un po’ alla volta capisce che da questa malattia non guarirà e la sua vita si interromperà prima della fine dell’adolescenza. Di fronte alla prospettiva ormai certa di perdere tanti sogni e promesse che certamente la vita gli riservava, non la rabbia e il rancore che ci aspetteremo ma serenità e pace. «La felicità è lo sguardo rivolto verso Dio. La tristezza è lo sguardo rivolto verso se stessi», scrive. E il suo sguardo è sempre verso Dio, quindi sempre felice.
Santa Teresa d’Avila, san Francesco d’Assisi, il beato Carlo Acutis (ma la lista potrebbe continuare quasi all’infinito…) hanno saputo incarnare in modo straordinario questo Vangelo.
Nella fatica, nelle tempeste della vita, a volte ci capita di chiedersi: “Ma Dio, dove sei?”, “Non ti preoccupi di me?”. Sfogliando la Bibbia possiamo trovare tante espressioni così. Tante grida di disperati che si sentono abbandonati da Dio. «Svégliati! Perché dormi, Signore? Déstati, non respingerci per sempre! Perché nascondi il tuo volto, dimentichi la nostra miseria e oppressione?» dice il salmista (salmo 44). È il grido di Giobbe e di tanti infelici… Eppure la Bibbia trabocca anche delle rassicurazioni di Dio. “Non temere”, “non abbiate paura”; Dio si prende cura anche dei passeri del cielo e dei gigli del campo, come può dimenticarsi di te? Dio, come e più di una mamma, non ti farà mancare tutto ciò di cui hai bisogno… Dio come una chioccia vuole raccoglierci sotto le sue ali.
A queste parole i santi hanno creduto. Queste rassicurazioni sono divenute le lenti che hanno permesso a tanti cristiani di leggere in modo nuovo la realtà, anche dura e difficile; di affrontare le fatiche della vita con la serenità di non essere soli; di mettersi nelle mani di Dio nonostante tutto. Dag Hammarskjoeld, Segreterio generale dell’Onu dal 1953 al 1961, nel suo diario scrive queste parole: «A ciò che è accaduto il mio grazie. A ciò che accadrà il mio sì». Certo, possiamo vedere le cose attorno a noi andare male, possiamo sentirci sballottati ma se Dio è presente nella mia vita non mancherà il sostegno e l’aiuto.
Ad ogni Messa, prima di accostarci all’Eucaristia diciamo tutti: «O Signore, non sono degno di partecipare alla tua Mensa, ma di’ soltanto una parola e io sarò salvato». Lo diciamo con la consapevolezza che Dio quella parola di salvezza la vuole dire; anzi non si stanca mai di ripeterla. Le burrasche ci fanno paura, ma la fede ci dice che se lasciamo a Cristo il timone della nostra vita arriveremo al porto sperato.