Dall’assemblea sinodale del 18 e 25 settembre

Una carta d’intenti per la collaborazione tra parrocchie

«Vi ho chiamati amici»: la parola di Gesù sovverte le recriminazioni e le gelosie all’ombra dei campanili

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La diocesi di Belluno-Feltre si è data una “Carta d’intenti” per procedere nel cammino di una sempre maggiore collaborazione tra le parrocchie. Questo l’esito della conclusione dell’Assemblea sinodale che sabato 25 settembre ha vissuto il suo secondo e conclusivo atto al santuario del Nevegàl.

Dopo la preghiera guidata dalle Discepole del Vangelo, la giornata – che ha visto la partecipazione di oltre cento rappresentanti dei vari territori della diocesi – è iniziata con una riflessione di don Carlo Broccardo che, commentando alcuni passi degli Atti degli Apostoli, ha evidenziato che, insieme la presenza dello Spirito Santo, anche la dimensione comunitaria è parte costitutiva della Chiesa fin dal suo inizio.

Il progetto degli Atti degli Apostoli

Già nei primi versetti degli Atti – ha spiegato don Broccardo – è esplicitato il progetto di Gesù per la Chiesa: ricevere lo Spirito e poi essere testimoni fino agli estremi confini del mondo: «La Chiesa in uscita di papa Francesco – ha commentato – è il progetto missionario iniziale della Chiesa». E nell’evento di Pentecoste questo progetto inizia a realizzarsi perché contiene già in sé i due elementi essenziali. Il primo: c’è lo Spirito che anima la Chiesa, dà coraggio agli apostoli che erano rinchiusi pieni di paura e li spinge fuori. Come a dire: il Signore cammina con la sua Chiesa, lo Spirito la rende una comunità coraggiosa, vera, unita.

Il miracolo dello Spirito della Pentecoste, il dono delle lingue – ha fatto presente don Broccardo – non consiste nel saper parlare lingue strane, ma parlare per l’edificazione della comunità, capirsi e accogliersi anche se si è diversi. E i doni dello Spirito come amore, gioia, pace, benevolenza, mitezza, dominio di sé… rendono capaci di stare insieme. Conclusione: stare insieme, collaborare è essenziale per la Chiesa e non per nulla papa Francesco ha ricordato che la sinodalità esprime la natura, la forma, lo stile e la missione della Chiesa.

Ancora, la comunità che è essenziale alla Chiesa è una comunità così unita da essere bella e così bella da essere affascinante. L’annuncio del Vangelo – ha chiosato don Braccardo – avviene tramite gli apostoli, ma anche tramite la comunità unita e dagli Atti appare chiaro che la distruzione dell’unità è opera di Satana perché blocca il progetto di Gesù. Naturalmente ci sarà sempre anche chi non capirà, chi prenderà in giro i cristiani (come nella Pentecoste è stato scambiato per ubriachezza il dono dello Spirito): un dato di fatto da accettare perché fin dall’inizio è stato così e questo non deve impedire di lavorare.

Commentando poi i capitoli 11 e 15 degli Atti don Broccardo ha richiamato alcune caratteristiche della comunità cristiana evidenziatesi fin dall’inizio. In particolare, riflettendo sulla formazione della comunità di Antiochia, che oltre agli ebrei coinvolse anche i pagani, ha sottolineato la figura di Barnaba che fu mandato da Gerusalemme per verificare cosa stava succedendo. Quando Barnaba giunse ad Antiochia vide la grazia di Dio ed esultò. «Farei di Barnaba il patrono dei parroci», ha detto don Broccardo. «Quando arriva non cambia niente, guarda quello che c’è perché ha visto all’opera la grazia di Dio ed è felice perché è un uomo buono, ha uno sguardo puro perché è pieno di Spirito Santo ed è capace di vedere il bene anche quando è diverso da come se lo immaginava, anche quando non lo ha fatto lui. E’ anche umile e chiama Paolo, cioè sa valorizzare i carismi degli altri».

Un esempio per dire che fin dall’inizio le comunità cristiane sono entrate in relazione tra di loro e si sono aiutate per individuare quale potesse essere la strada migliore. Per evitare che la Chiesa di Antiochia si spaccasse per la polemica tra chi riteneva necessaria la circoncisione anche per i pagani e chi no, Paolo e Barnaba chiedono aiuto. Nella difficoltà non si ostinano a restare da soli, ma chiedono aiuto a Gerusalemme, dove si riunisce tutta la comunità che ascolta. Non manca anche un po’ di confusione – ha sottolineato don Broccardo – ma vengono ascoltati tutti e poi prende la parola Giacomo, responsabile della comunità di Gerusalemme, che accoglie i pagani i quali non saranno tenuti ad osservare tutte le leggi degli ebrei, ma solo alcune. Regole che poi col tempo sono cadute. Il commento di don Broccardo: le persone più intelligenti a livello pastorale non sono quelle che invocano i principi, ma quelle che riconoscono l’importanza di fare il passo che è possibile compiere oggi. E poi la conclusione: gli Atti raccontano gli inizi dell’esperienza cristiana evidenziando uno stile di comunità e di comunione di comunità, comunità che dialogano tra loro, che si incoraggiano, si salutano, si cercano (anche per resistere alle persecuzioni).

Il vescovo Renato

Alla riflessione di don Carlo Broccardo ha fatto seguito quella del vescovo Renato che ha proposto all’attenzione dell’assemblea quattro sottolineature, a partire dalla fiducia di essere custoditi da Dio. «Incontrandoci e condividendo – ha detto – ci ricordiamo che non siamo abbandonati, ma sostenuti e presi a cuore. Ogni persona è una cifra di Dio e della sua cura. In ognuno Dio si espone per custodirci».

Seconda sottolineatura: «Se siamo qui non siamo dei delusi della vita perché portiamo in noi la promessa che chiamiamo Vangelo. Abitiamo con passione questa terra a motivo del Vangelo. Non è andata a male la nostra vita, ma è qui, aperta… siamo stati presi dentro il Vangelo».

Terza sottolineatura: il fatto che Gesù non ci chiami più servi, ma amici cambia tutto per noi e aiuta a capire la Chiesa che non è una sovrastruttura o una legge. All’origine vi è la parola di Gesù («vi ho chiamati amici») che sovverte le nostre meschine recriminazioni, le nostre gelosie all’ombra dei nostri campanili.

Quarta sottolineatura. «Pur tra mille incongruenze e contraddizioni nella Chiesa c’è sempre un sogno che la pone in uscita, che la proietta oltre», ha detto il Vescovo. «Per noi oggi è il sogno di una Chiesa solidale. Ce lo ha messo Lui questo sogno. È il Vangelo. Chiedo a tutti di non spazzare via questo sogno, ma di cercare di capire dove ci sta portando, di portarlo nella fatica della quotidianità pastorale, non buttandola via ma ripensandola».

«Una Chiesa più sinodale – ha concluso il Vescovo – è sogno e lievito anche per la nostra Chiesa di Belluno-Feltre. Siamo qui per incoraggiarci che vale la pena costruire per la causa del Vangelo. Grazie del vostro esserci».

La carta d’intenti

La mattinata si è poi conclusa con la presentazione di alcuni punti della “Carta d’intenti”, lo strumento per sostenere una migliore collaborazione tra le parrocchie, anche alla luce di quanto maturato la settimana precedente nel primo atto dell’assemblea sinodale.

È stato ricordato che, per essere Chiesa sinodale, sono necessari alcuni atteggiamenti come l’ascolto che è condizione per entrare in relazione autentica; ascolto che diventa empatia, capacità di fare spazio, rapporto di fiducia. È poi necessario non avere paura di perdere la propria identità e avere il coraggio di uscire e di mettersi in gioco. Bisogna poi saper mettere in comune doni e talenti, coltivare un rapporto di fiducia tra laici e preti. Importante anche alleggerire gli impegni e collaborare con leggerezza per non gravare su chi si rende disponibile e anche per attrarre nuove persone.

Da un punto di vista operativo la “Carta” propone di progettare insieme, fin dall’inizio dell’attività, con uno sguardo unitario, anche per favorire nuove relazioni e la condivisione delle risorse. Puntare all’istituzione dei Consigli pastorali parrocchiali unitari che aiutano le comunità a camminare insieme. Favorire il cammino di gruppo nei mandati di ministero e gli incontri periodici dei sacerdoti per sostenerne fraternità e sinodalità.

La “Carta” evidenzia anche due priorità pastorali: coinvolgere le persone in modo attivo, partendo dall’ascolto delle loro esigenze (in particolare adolescenti, giovani e famiglie) in una pastorale “con” e non “per”; prestare particolare attenzione all’iniziazione cristiana da ripensare con nuove modalità in modo che sia generazione alla fede cristiana e non solo preparazione ai sacramenti.

La “Carta” invita anche a ispirarsi all’essenzialità nella consapevolezza che non si può fare tutto e sottolinea che non tutto è programmabile e che esiste un inedito nella vita. Per quanto riguarda i passi da compiere per la collaborazione delle parrocchie, la “Carta” chiede il coinvolgimento di tutte le parrocchie nell’impegno della sinodalità e, anche alla luce delle sperimentazioni già in parte avvenute, invita a un ascolto attivo e reciproco e a considerare le richieste e le esigenze della collaborazione a livello di comunità e di convergenze foraniali, progettando, impostando e attivando possibili collaborazioni (all’interno della convergenza il Vescovo approverà la mappa delle collaborazioni da oggi alla Quaresima).

La conclusione

Nel pomeriggio – dopo i lavori di gruppo, in cui ogni delegato ha potuto manifestare la sua opinione sul futuro di collaborazione che attende le parrocchie e dare anche il suo assenso alla “Carta d’intenti” – c’è stata la conclusione del vescovo Renato che ha preso atto della sostanziale accettazione della “Carta” e ne ha precisato opportunità e limiti.

«Più che conclusioni sono porte aperte», ha detto il Vescovo, nella consapevolezza che ci sono tante relazioni da attuare. Si tratta anche di uno sforzo di sintonizzarci con il cammino sinodale delle diocesi in Italia e della Chiesa universale. Si tratta di una “Carta” – ha sottolineato ancora il Vescovo – non del Vangelo, di un riferimento che dà degli orientamenti per aumentare e migliorare la collaborazione tra le parrocchie: come verranno attuati dipenderà dalle responsabilità di tutte le varie parti della Chiesa.

Dopo aver espresso tanta gratitudine, in particolare per chi ha più lavorato per la stesura della “Carta”, il Vescovo ha detto: «Questa assemblea ha una parola di futuro da cui ripartire» e, come sottolineato dal Papa a proposito del “camminare insieme”: «La Parola di Dio cammina con noi. Tutti sono protagonisti, nessuno può essere considerato semplice comparsa. Questo bisogna capirlo bene: tutti sono protagonisti».

«Faremo tutto il possibile – ha concluso il Vescovo – cercheremo di coinvolgere e valorizzare tutti. Siamo un po’ stanchi nel coinvolgimento. Bisogna avere la pazienza di ricominciare, di tentare. Continuiamo su questa strada cercando di mettere insieme la fede e la vita di tutti».

Infine una proposta del vescovo Renato: affidare la “Carta” anche ai giovani e chiedere loro cosa dicono sulla prospettiva del collaborare. «In vista della Giornata mondiale dei giovani a livello diocesano del 21 novembre potremo fare un passaggio anche con loro».

Carlo Arrigoni