1. Vorrei iniziare dalla professione di fede riportata all’inizio della bozza – carta d’intenti che avete ricevuto: il Signore, nostro Dio «ci ha custodito per tutto il cammino che abbiamo percorso e in mezzo a tutti i popoli fra i quali siamo passati» (Giosuè 24,17). Non è stato facile il cammino. Ma siamo stati custoditi. Siamo qui a condividere innanzitutto questa fede. Il fatto di essere qui, in questa giornata, ci fa essere il racconto “dell’essere stati custoditi da Dio”. Grazie, di cuore! Ciascuno di voi è un frammento che narra questa custodia e questa fedeltà da parte del “Signore, nostro Dio”. Oggi incontrandoci e condividendo ci ricordiamo a vicenda che non siamo stati abbandonati, ma trattenuti e protetti, sostenuti e presi a cuore. Ogni altra persona che ci incontra e che avviciniamo è una cifra di Dio e della sua cura. Accanto a ciascuno di noi c’è un bene grande, un fratello o una sorella con cui Dio si espone per custodirci.
2. C‘è un’altra parola da pronunciare. Rappresenta il nostro appassionarci. Non siamo dei delusi della vita. Portiamo in noi questa promessa che chiamiamo “Vangelo”. Siamo in piedi per questo. Abitiamo con passione e dedizione questa terra a motivo del Vangelo. Siamo una “buona cosa”, una “buona parola”, una “bella storia”… Non è andata a male la nostra vita, ma è qui: aperta, desiderosa, cercatrice… Sì, c’è Vangelo anche nella nostra carne, pur fragile e ferita. Mi ha sempre colpito la narrazione dell’evangelista Matteo a riguardo di quella donna che a Betania, in casa di Simone il lebbroso, versa sul capo di Gesù – mentre egli stava a tavola – il profumo molto prezioso, contenuto in un vaso di alabastro. I discepoli sono sdegnati per lo spreco, ma Gesù dice una cosa bellissima: «In verità io vi dico: dovunque sarà annunciato questo Vangelo, nel mondo intero, in ricordo di lei si dirà anche ciò che ella ha fatto» (Mt 26,13). Il Vangelo, ovunque risuoni, dirà di lei, di una donna. E lei, in un qualche modo, diventa Vangelo. Anche noi siamo stai presi dentro il Vangelo. È una cosa bellissima. Ricordiamocelo a vicenda oggi.
3. Una terza emozione desidero condividere. Vi è tanta commozione in queste parole di Gesù: «Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi» (Gv 15,15). Questa confidenza di Gesù cambia tutto di noi. Solo qui si comprende il nostro essere Chiesa: non è una potenza, non è una dipendenza, non è una sovrastruttura, non è una legge… «Vi ho chiamati amici»: ecco perché siamo Chiesa e perché oggi siamo qui. Questo cambia tutto, anzi ribalta tutto delle nostre parrocchie, dei nostri gruppi e sovverte le nostre meschine rivendicazioni, le nostre gelosie all’ombra dei campanili… Ci siamo spinti fino a immaginare di “camminare insieme” e di sognare che le nostre parrocchie diventino tra di esse “comunità sorelle”. C’è all’origine la parola di Gesù: «Vi ho chiamati amici». Che cosa conta di più? La parola del Signore Gesù o altri nostri interessi? Potremo essere “segno di amicizia”, “lievito di fraternità”, “seme del Regno di Dio”…
4. Che cosa sta capitando alla Chiesa? Forse la riscontriamo in difficoltà. Direi che – tra mille incongruenze e contraddizioni – c’è sempre un sogno che la pone “in uscita”, a ripensarsi, a rinnovarsi, a camminare oltre… Oggi è il sogno di una “Chiesa sinodale”. Sì, ci dobbiamo aiutare a non spegnerlo. Lo Spirito Santo accende e alimenta perennemente il desiderare, l’attendere, il sognare della Chiesa, fin dalla Pentecoste che attesta una condizione permanente in cui essa vive e cammina. Oggi a tutti voi mi sento di chiedere di non spazzare via questo sogno, di impararne il messaggio, di scoprire dove ci stia orientando, di cercarlo ancora, di portarlo nella fatica della quotidianità pastorale, di impastarlo con le incombenze di ogni giorno. Forse si tratta anche di non confonderlo con le nostre paure, le nostre fisime, le nostre paure. Una Chiesa più sinodale è sogno, desiderio, attesa, seme, lievito per la nostra Chiesa di Belluno-Feltre. Ora vi chiedo di scorgere il “sogno” in quanto abbiamo cercato, ascoltato, raccolto, pensato anche in questo esercizio di discernimento che fra poco cercheremo di condividere. La “bozza” che avete ricevuto giovedì sera è solo una traccia, un’indicazione, un piccolo strumento. Siamo qui oggi per guardarci in volto, incoraggiarci, dirci gli uni gli altri che vale la pena esporre il nostro vivere, quello che siamo e che abbiamo costruito “per la causa del Vangelo”. Grazie del vostro esserci! Come “amici”, secondo la parola di Gesù, riporto qui di papa Francesco – a cui va un pensiero di affetto e di stima – le parole dette nell’udienza di mercoledì 22 settembre ripercorrendo le tappe del viaggio a Budapest: «Cari fratelli e sorelle, questa speranza, questa speranza di Vangelo che ho potuto vedere nel viaggio, si realizza, si fa concreta solo se declinata con un’altra parola: “insieme”. La speranza mai delude, la speranza non va mai da sola, ma “insieme”».
5. Certamente c’è una sfida che il tempo che viviamo sta lanciando alle nostre piccole e dislocate presenze di Chiesa sul territorio, nei paesi, nelle città, ovunque abitiamo come comunità ecclesiale. La rappresenta bene papa Francesco in EG 71: «La nuova Gerusalemme, la Città santa (cfr Ap 21,2-4), è la meta verso cui è incamminata l’intera umanità. È interessante che la rivelazione ci dica che la pienezza dell’umanità e della storia si realizza in una città. Abbiamo bisogno di riconoscere la città a partire da uno sguardo contemplativo, ossia uno sguardo di fede che scopra quel Dio che abita nelle sue case, nelle sue strade, nelle sue piazze. La presenza di Dio accompagna la ricerca sincera che persone e gruppi compiono per trovare appoggio e senso alla loro vita. Egli vive tra i cittadini promuovendo la solidarietà, la fraternità, il desiderio di bene, di verità, di giustizia. Questa presenza non deve essere fabbricata, ma scoperta, svelata. Dio non si nasconde a coloro che lo cercano con cuore sincero, sebbene lo facciano a tentoni, in modo impreciso e diffuso». Si tratta di una “rivoluzione copernicana” nella pastorale delle nostre Chiese locali, nelle nostre parrocchie. Solo così è pensabile la “conversione missionaria” della pastorale.
ALLA CONCLUSIONE
- Consultare i più giovani è una “buona” prassi caratteristica di certe correnti di spiritualità comunitaria. Si pensi alla tradizione benedettina. Come passare la parola alle nuove generazioni in questo processo sinodale che ci ha radunati in Assemblea sinodale? È una possibilità da attuare. Prossimamente? In vista della Giornata mondiale dei giovani che sarà la domenica ultima dell’anno liturgico, nella solennità del Signore Gesù, Re dell’universo?
- Apertura XVI Assemblea generale del Sinodo dei Vescovi nelle Chiese locali: domenica 17 ottobre 2021, Eucaristia in Cattedrale a Belluno, ore 18.30.
- Diocesi di Belluno-Feltre, Libro sinodale, Belluno 2006. Nella Parte terza, al capitolo IV Pastorale sinodale, si rilevano interessanti corrispondenze con l’oggi.