Eravamo più di mille nell’aula della basilica di San Paolo a Roma. Dieci per tavolo. Ognuno nella sua postazione aveva a disposizione un notebook già predisposto con tutto il materiale necessario per operare un discernimento che poteva essere svolto entro tempi molto ristretti. La tecnologia ci avrebbe fatto risparmiare tempo ed energie. Era una condizione necessaria per un incontro nazionale avendo a disposizione una giornata di lavoro a gruppi – sabato 14 novembre – e due mezze giornate, una all’inizio per avviare il tutto – venerdì 13 – e l’altra il terzo giorno – domenica 15 – per giungere a conclusione e aprire la fase di recezione nelle diocesi italiane. I delegati, l’aula, i tavoli, i mezzi digitali, il prezioso materiale codificato in documenti e schede di lavoro costituiscono un quadro d’insieme davvero unico nella vicenda del camminare insieme delle Chiese in Italia. Ammirevole il lavoro di preparazione da parte del Comitato nazionale del Cammino sinodale e della presidenza della CEI con annessi uffici e servizi della CEI.
Ma ecco qui la comparsa inaspettata di un disguido tecnologico in apertura dell’assemblea: il sistema digitale previsto in aula non reggeva. Ironia della sorte! Tutto doveva andare a puntino e a tal fine ci si era prodigati, ma proprio il marchingegno escogitato e che l’avrebbe dovuto garantire è collassato.
In aula che cosa è successo? Forse confusione e proteste oppure un ammainamento collettivo con una sospensione dei lavori? Nulla di tutto questo. Al contrario si è verificata una generale assunzione di responsabilità per nulla scontata. Seppure rilevante e totale, l’incidente di percorso non ha fatto deviare la traiettoria alla quale ci si era predisposti. Anzi tutto ha ripreso vitalità e operatività come se nulla fosse avvenuto. Immediatamente sono state attivate tutte le risorse di cui eravamo già dotati: lo sguardo sugli altri, la parola in gruppo, l’ascolto reciproco, la circolarità dei contributi personali, l’emozione di quella “prima volta”, la gioia di sentirsi a rappresentare la propria diocesi, il sogno di dare un input alla riforma ecclesiale, la consapevolezza che lo Spirito ispirava e sospingeva comunque una sinodalità dei cuori, degli atteggiamenti, dei segni e dei sogni.
È davvero eloquente l’accaduto: una sorta di parabola dell’inedito che si è verificato e che è rimasto a caratterizzare tutto lo sviluppo dell’assemblea sinodale. Era anticipata in simbolo una necessaria riforma strutturale delle Chiese in Italia. Non sono, cioè, i mezzi di cui disponiamo a tracciare il cammino missionario e sinodale della Chiesa, ma l’originalità e la preziosità di tante persone disposte ad ascoltarsi, ad apprendere le une dalle altre, a scrutare con lo sguardo altrui i segni dei tempi, a percepire con la sensibilità della fede condivisa i sospiri dello Spirito, a riconoscere l’abbondante messe della Parola che salva sparsa in ogni popolo e cultura, a servire il bene ovunque germogli. Tutto ciò che è strutturale nella Chiesa va ripensato, alleggerito e potato, come poi anche riconvertito, vagliato e monitorato sulla finalità e natura evangelica della Chiesa.
Circa un terzo dei cento tavoli attivati ha potuto confrontarsi su questa prospettiva di cambiamento e rinnovo della vita delle nostre Chiese in Italia: La corresponsabilità nella missione e nella guida della comunità. Non c’è Chiesa se essa non vive nella sana inquietudine della missione, dell’uscire da se stessa e dalle condizioni ordinarie di vita delle nostre comunità e, di conseguenza, se non si va incontro a tutti in particolare a chi vive una forma di povertà, se non ci si dona accoglienza vicendevole. Come non mai abbiamo sperimentato e abbiamo coralmente preso consapevolezza che solo attivando una corresponsabilità più coraggiosa nelle nostre comunità, saremo più “spirituali”, più evangelici, più fratelli e sorelle. Con convinzione profonda si è detto di superare forme di categorizzazione come l’intrigante separazione tra ministri ordinati e laici, a volte anche nei riguardi di uomini e donne che vivono il carisma della vita consacrata. Quello della corresponsabilità è emerso come il banco di prova di una Chiesa aperta all’azione dello Spirito e proiettata sul futuro. Ci siamo scoperti sensibilissimi sulla questione della donna, per cui le nostre comunità ecclesiali devono cogliere pienamente l’istanza liberante del Vangelo.
Il gruppo, a cui personalmente ho partecipato, assegnato alla scheda 12, ha approfondito un tema – Forme sinodali di guida della comunità – a cui mi sono sentito particolarmente interessato a motivo di quanto stiamo vivendo e operando nella nostra Chiesa di Belluno-Feltre. Andando all’assemblea sinodale avevo portato con me la domanda: come potranno essere vive e vitali le nostre comunità parrocchiali, molte delle quali piccole e con elementi di fatica? Chi se le prenderà a cuore e potrà offrire un servizio di animazione? Abbiamo constatato in assemblea sinodale che non serve una risposta emergenziale e nemmeno efficentista e risolutiva. È, invece decisivo, un rimettersi tutti noi in cammino sincero e fraterno sulle traiettorie del Vangelo, cogliendo il dono di chi cammina accanto e di chi si incontra lungo la via. Così avviene la visita del Risorto, speranza per tutti.
+ Renato Marangoni