San Paolo scrive a Timoteo queste parole: «Gesù ha vinto la morte e ha fatto risplendere la vita e l’incorruttibilità per mezzo del Vangelo». Il Vangelo è proprio questo: cercare lo splendore della vita e scoprire la nostra chiamata all’immortalità. Per raggiungere tale meta è necessario passare attraverso prove, persecuzioni, sofferenze. Mi pare decisivo un particolare della lettera: «Figlio soffri con me per il Vangelo». San Paolo per primo dimostra la sua fedeltà al Vangelo nella dura reclusione del carcere.
La trasmissione del messaggio evangelico è una specie di catena: dai nonni ai figli, dai genitori ai propri ragazzi. Domandiamoci: c’è ancora nelle nostre famiglie questa catena di trasmissione? Se guardo alla mia esperienza mi verrebbe molto da dubitare, ma si sa che è più facile criticare che dare l’esempio. Il coraggio di diffondere e difendere la fede si paga con il prezzo della propria coerenza.
La prima lettura ci parla della fede di Abramo che dovrebbe essere quella di ogni credente: «Vattene dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre, verso la terra che io ti indicherò». Quando Dio chiama ti costringe a uscire dalle cornici della sicurezza. La fede è un viaggio, una traversata interminabile. E tra la chiamata e il termine delle promesse, c’è il territorio sterminato dell’oscurità, della prova, della solitudine. Dio ad Abramo toglie tutte le sicurezze, lo nutre solo di promesse, ma anche di benedizioni. L’unica realtà solida è una strada che non finisce mai. E Abramo non brontola, non dice una parola, non fa commenti. È questo il viaggio che tutti noi credenti dobbiamo fare.
Nel Vangelo si parla di deserto e di Tabor, di tentazione e di trasfigurazione. È il cammino della nostra fede che si basa su una sola parola: «Ascoltatelo». Ascoltare, non udire, non sentire, ma aderire totalmente, seguire, affidarsi. Abramo aveva ascoltato Dio. Si era aggrappato non alle sue sicurezze, ma a una promessa; una promessa che si realizzerà solo alla fine. Il vero miracolo non sta nella conclusione positiva della promessa, ma piuttosto che Abramo è rimasto fedele alla Parola e ha saputo aspettare l’impossibile.
La fede è un cammino impossibile per la sola ragione; infatti è assurdo partire dalle certezze per camminare verso l’ignoto. Nella Bibbia non troviamo niente di sicuro se non la Parola di Dio. Abramo: parti; Elia: alzati; i discepoli: seguitemi. La fede è un ordine continuo di partenza.
Anche noi diremmo di buon grado come san Pietro: «Signore, è bello per noi essere qui». Anche noi vorremmo costruire una tenda, o forse meglio un divano, ma il Signore costringe a scendere dalla montagna. Dio non si può sequestrare neppure qui in chiesa. Dio è fuori in colui che incontro e che ha bisogno di me. Non possiamo mai fermarci nella ricerca di Dio. Dio sarà sempre un po’ più in là.
L’ascolto e la ricerca di Dio non sono mai terminati per chi davvero vuole credere.