IN MISSIONE – Suor Mariangela D’Incà, originaria di Belluno, ci scrive della sua esperienza missionaria

«Vale la pena di essere cristiani e missionari!»

Dentro mi sento ancora giovane, capace di sognare, di desiderare il meglio per la Chiesa, per tutto il mondo

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Il nostro Ufficio Missionario sta raccogliendo le esperienze dei missionari e delle missionarie bellunesi e feltrini non più giovani, sia ancora in missione che rientrati in Italia, per preparare il nuovo numero della rivista “Notizie”, sul tema “Alla sera della vita”.

 

Suor Mariangela D’Incà

Suor Mariangela è nata a Levego (Belluno) nel 1939 ed è missionaria Canossiana.
Ha operato in Argentina dal 1977. Successivamente è stata inviata in Congo, dal 1986 al 2008, poi a São Tomé fino al 2013. Ultima tappa della sua esperienza africana è stata una comunità alla periferia di Luanda, in Angola. Dal 2015 ha prestato servizio nel campo dell’educazione in Portogallo e dal 2017 vive nell’istituto canossiano di Vimercate (MB).

Impossibile donare la vita?
Scrive suor Mariangela: «Questo momento coincide con migliaia e migliaia di nostri fratelli che muoiono per il flagello del coronavirus. Ci sentiamo coinvolti in tanta sofferenza e in un mondo fragile, bisognoso solo di una speranza nuova e di coraggio per un futuro, che sappia accogliere Dio, il quale mai abbandona.

Ho compiuto 80 anni e non avrei mai pensato d’arrivare a quest’età! Sento una grandissima gratitudine, alla sera della mia vita, nel rileggere le varie tappe vissute. Che grazia ho avuto per il dono della fede fin da piccola e scoprire gradualmente che Dio mi amava, tanto da volermi per Sé, nella vita consacrata missionaria! Egli ama tutti e molti non lo hanno mai saputo, sperimentato. Questo ha tormentato un po’ la mia giovinezza e mi sembrava quasi impossibile poter donare la mia vita per una missione che umanamente superava le mie forze».

Ho conosciuto varie prove…
«Lungo il cammino ho conosciuto varie prove: guerre, malattie, gente ridotta agli estremi, persone nella povertà, schiave dell’ignoranza, della violenza, prive della libertà. Le varie prove sostenute hanno rafforzato in me il coraggio di andare avanti nel seguire il Signore, partecipando alle sofferenze di tante persone. Per me sono state due realtà inseparabili. Non sono mancate le ombre: le varie paure vissute, l’impossibilità di poter rispondere a tanti bisogni, causa anche ai miei e nostri limiti. Spesso ho vissuto con l’impazienza di vedere delle buone soluzioni. Ma Dio ha i suoi tempi per tutto e per tutti, e la Sua Presenza nella mia vita anche oggi mi è di grande conforto.

Un filo rosso della mia missione è stata la certezza che tutti siamo chiamati e amati come figli di Dio, destinati a una salvezza globale che dia maggior dignità a ogni fratello, a ogni uomo spesso crocifisso; per questo ho avuto bisogno di una carica continua: fissare lo sguardo all’Amore di Gesù Crocifisso e farlo conoscere ed amare a tutti vivendo con i miei fratelli nel quotidiano».

Saper cogliere il positivo…
«I miei fratelli li ho incontrati in Argentina, per lungo tempo in Congo, a São Tomé e per breve tempo in Angola e infine in Portogallo, causa la mia salute. La missione più dura l’ho vissuta in Congo, dove ancora oggi la situazione è drammatica, come ben sappiamo. Posso affermare che in missione ho sentito l’esigenza d’essere sempre più attenta alla persona, saper cogliere il positivo, il bello, il buono di ciascuno. Ho imparato ad ascoltare con il cuore e vedere Cristo in tanti volti sofferenti. Da loro ho ricevuto tanto amore, tanta capacità di sopportare, di sacrificarsi, di essere pazienti e umili, e di saper godere del poco che avevano. Ho imparato la loro lingua, i loro canti, le loro gioiose danze.  Ho operato nell’ambito della catechesi, nella formazione della donna, nel sollievo agli ammalati e ai prigionieri, nello stare vicino alle famiglie e ai poveri. Il lavoro apostolico è sempre stato abbondante, ma con la gioia di essere lì con loro e per loro, tanto che il distacco dalla missione è stato doloroso».

Alla sera della vita…
«Con l’avanzare della vecchiaia lo spirito missionario è più interiore, fatto di preghiera e di altri sacrifici. Nella mia povera offerta quotidiana accetto che la mia fede sia messa alla prova, che la mia preghiera sia anche più silenziosa, ma sempre aperta al mondo, per questo la mia vita continua a essere missione.

L’amicizia e la vita fraterna è stata per me sempre un grande pilastro di condivisione, di amore bisognoso di purificazione, di dimenticanza di sé e di gioia di stare insieme, di sostegno nelle lotte quotidiane, di testimonianza, anche se non priva di tante fragilità umane.

Credo che questo tempo, alla sera della vita, esige più che mai vigilanza, attesa. Lo Sposo potrebbe chiamarmi ora e allora l’incompiuto della mia vita e della mia opera lo rimetto nelle mani amorose di Colui che non ritengo giudice, ma solo Bontà e perdono. Del resto questo “incompiuto” fa parte della nostra povertà quotidiana, che sempre ci mette alla prova e che rimanda a ciò che diceva Gesù: “Siamo servi inutili”. Ben comprendendo che non dovrei mai dire: “Basta”! Al contrario, ogni giorno è anche un’opportunità nuova per offrire le proprie forze, il proprio servizio. Io mi sono offerta per stare vicino alle mie Consorelle ammalate, anziane, per loro, per altri anziani che visito e per la domenica riservata a una parrocchia. Trovo che questo è vita, e che fino all’ultimo respiro posso credere come è preziosa la vita stessa! Il Signore mi accompagna, con Lui tutto ha un grande valore! Questo mi dà gioia e mi aiuta anche ad affrontare qualche momento più faticoso, quando le energie vengono meno. In verità posso aggiungere che dentro mi sento ancora giovane, capace di sognare, di desiderare il meglio per la Chiesa, per tutto il mondo, per la gioventù, per le famiglie, per tante persone conosciute ed amate».

Vale la pena essere missionari!
«Ai bellunesi, ai feltrini e in particolare ai giovani vorrei dire: “Abbiate il coraggio di camminare insieme, di essere uniti per il bene di tutti, con la certezza che Dio conta molto nella vita di ciascuno ed è Lui che da valore e senso al nostro vivere. Continuate nella solidarietà a occuparvi anche del vicino, del più bisognoso, del voler bene a tutti, del saper perdonare, del fare il primo passo, così vi sentirete più felici. Vale la pena di essere cristiani missionari! Ciò che abbiamo ricevuto e che ogni giorno ci è offerto dobbiamo condividerlo. Molti di voi rispondono positivamente e generosamente ai vari Progetti proposti dal Centro Missionario per aiutare i più poveri. Sappiamo che in loro vive Cristo e che tutti hanno bisogno di una vita più degna. Giovani, non abbiate paura a rispondere a una chiamata vocazionale! È bello il Volontariato, ma meraviglioso è anche dire un sì definitivo per essere missionari ad gentes”. Un grande grazie ai nostri missionari bellunesi che sono ancora attivi nelle varie parti del mondo, li seguiamo con interesse e con la nostra preghiera».

Suor Mariangela D’Incà