Il comunicato in Sala Stampa Vaticana

Il significato della beatificazione per la diocesi di Belluno-Feltre

 

1. Un grande evento per una piccola diocesi

È una piccola diocesi quella di Belluno-Feltre – circa 180.000 abitanti – ma in questi giorni vive con intima gioia questo evento che la riguarda.

Giunge alla meta un percorso iniziato parecchi anni fa, grazie all’intuizione e alla lungimiranza di mons. Vincenzo Savio, vescovo dal 2001 al 2004. Aprendo il sinodo diocesano nel 2003, egli invitò la sua diocesi a riscoprire la santità fiorita tra le sue vallate, in modo particolare il cammino di “don Albino” – come ancora è chiamato – che era la più evidente testimonianza. Il vescovo vi intravedeva «la possibilità di approfondire il contesto di fede familiare e locale in cui Albino Luciani era cresciuto»; e ancora evidenziava «la particolarità della formazione dei seminari di Feltre e di Belluno, da cui uscirono in quegli anni figure di spicco, in particolare il gesuita padre Felice Cappello e padre Romano Bottegal». Da quest’impulso è nato il processo di canonizzazione, che eccezionalmente venne avviato nella diocesi natia, anziché in quella della morte.

2. La reliquia

Simbolo di questo cammino che giunge alla sua meta è la reliquia che verrà portata a Papa dopo il rito della beatificazione. La reliquia proviene dall’Archivio Privato Albino Luciani, oggi patrimonio della Fondazione Vaticana Giovanni Paolo. È lo schema di una riflessione che Luciani dettò nel 1956 sulle tre virtù teologali, che significativamente saranno riprese nelle udienze del settembre 1978.

Il reliquiario è stato ideato e realizzato dallo scultore Franco Murer, un artista di Falcade, conterraneo di Albino Luciani. Egli ha fatto una scelta di materiali altamente simbolica: per basamento ha scelto una pietra raccolta nel fondovalle di Canale d’Agordo, simbolo di quel fondamento familiare e parrocchiale, su cui il giovane Albino ha fondato le sue scelte di vita. Il basamento è sormontato dalla rappresentazione di una croce scolpita in un ciocco di legno, ricavato dagli schianti della tempesta Vaia (ottobre 2018): rappresenta le traversie dell’esistenza di Luciani, su cui la Provvidenza ha saputo tracciare un cammino di santità. La semplicità della realizzazione dà il dovuto risalto allo scritto autografo del futuro Beato, incastonato nel simbolo cristiano per eccellenza, la Croce.

Dopo la beatificazione la reliquia con il reliquiario sarà conservato nella Cattedrale di Belluno, nella quale Albino Luciani prestò il suo ministero dal 1943 al 1958 e dove, il 23 novembre 2003, venne solennemente aperta la Causa di Beatificazione e Canonizzazione. È quasi un ritorno a casa, un ritorno alle origini della sua predicazione, un ritorno alle radici.

3. Le radici della santità di Papa Luciani

E infatti – sull’onda di quanto indicava mons. Savio – la beatificazione di Giovanni Paolo I impone di riconsiderare anche il background, nel quale affondano le radici della sua santità, con uno sguardo alla comunità parrocchiale di origine.

Sappiamo che in quei decenni a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento furono anni difficili, segnati dall’emigrazione, dalla prima guerra mondiale, da un’economia di sussistenza. Tuttavia – a dispetto di molte vulgate, che troppo spesso hanno decantato l’umiltà e la provincialità del paese natale – la ricerca storica racconta la vitalità di una terra di confine, che fu sede di iniziative economiche e sociali che vantano la primogenitura anche a livello nazionale e soprattutto fu fucina di personalità di un certo rilievo.

Non è un caso che durante il Concilio Vaticano II – caso forse unico al mondo – questa piccola parrocchia montana contasse tra i Padri conciliari ben tre prelati: mons. Luciani, vescovo di Vittorio Veneto; padre Saba De Rocco († 1984), generale dei Somaschi; mons. Giovanni Battista Costa († 1996), figlio di emigranti e primo vescovo di Porto Velho in Brasile.

Testimone della vitalità culturale della Pieve di Canale d’Agordo è pure la biblioteca parrocchiale, formatasi con i lasciti dei vari pievani. Attesta una sorprendente varietà di interessi, che spaziano dalla teologia alle scienze esatte, libri in tedesco, greco, arabo, ebraico, vocabolario e grammatica cinesi e anche opere che a rigor di canoni figuravano tra i “libri proibiti”.

A sostenere la vitalità sociale e culturale del contesto furono soprattutto i parroci. Va menzionato don Antonio Della Lucia († 1906), portabandiera del cooperativismo sociale, che nel 1872 fondò la prima latteria sociale cooperativa d’Italia e fu propugnatore dell’alfabetizzazione della popolazione; è il formatore dei formatori di Albino Luciani.

Va poi ricordato don Filippo Carli († 1934), il maestro del futuro Beato. Fu lui che gli insegnò la necessità di un linguaggio comprensibile, istanza che Luciani ebbe come stella polare fin nelle udienze della Sala Nervi. Fu lui che nel 1931 incaricò il giovane chierico Albino Luciani di catalogare la biblioteca, compulsando e recensendo oltre 1.200 volumi: e questi lo fece da par suo, concedendosi anche qualche ambiziosa stroncatura, infiammato dall’ardore dello studente neofita. Questa inventariazione fu un significativo tassello per la solida preparazione umanistica e teologica che Luciani, aiutato da una formidabile memoria, possederà con padronanza per tutta la vita.

Infine, se don Filippo ha dato al futuro papa un imprinting pastorale, vanno ricordati anche i vescovi e i superiori del Seminario bellunese che sul giovane prete agordino investirono, incoraggiandolo a prepararsi a Roma. È quanto la diocesi di Belluno-Feltre ricorda con gratitudine.

4. Il coinvolgimento della Chiesa locale

A queste giornate romane sarà presente una folta rappresentanza di bellunesi, autorità e fedeli, che si uniranno alla diocesi di Roma nella veglia di sabato 3 settembre e soprattutto parteciperanno alla celebrazione di domenica mattina. Sarà il vescovo Renato Marangoni a formulare la petizione per la beatificazione, a nome della diocesi che è stata attrice della Causa.

Durante la primavera e l’estate ci sono stati vari momenti di preparazione a questo evento, di cui avvertiamo l’importanza storica. Si pensi che nel martirologio finora c’è soltanto un fedele originario della nostra diocesi, il beato Bernardino da Feltre († 1494).

Domenica 11 settembre è prevista la celebrazione di ringraziamento sulla piazza del paese natale, Canale d’Agordo. Sarà presieduta dal Patriarca di Venezia con al fianco i vescovi di Belluno-Feltre e di Vittorio Veneto. Durante il prossimo autunno i vicariati in cui è suddivisa la diocesi sono stati invitati a indire un pellegrinaggio al paese natale.

Nel frattempo sono entrati in fase di esecuzione i lavori per l’adeguamento liturgico della cattedrale di Belluno: è la chiesa in cui Luciani prestò servizio per 15 anni. Nel 1980 venne elevata al rango di basilica minore da Giovanni Paolo II, in onore del suo predecessore. Proprio la beatificazione ha dato impulso a questo progetto artistico.

La diocesi ha fatto inoltre suo l’impegno a sostenere gli studi teologici nell’Istituto Superiore di Scienze Religiose, che condivide con le diocesi di Treviso e Vittorio Veneto e che è intitolato alla memoria di Giovanni Paolo I.

Infine la beatificazione è soprattutto una consegna che la diocesi natale sente di ricevere, per assumere lo stile del nuovo beato. In modo particolare, essa raccoglie lo stile di vita e del ministero di Papa Luciani, solennemente confermati nella beatificazione. Su questo stile la diocesi vuole misurarsi nel cammino sinodale che sta compiendo insieme alla Chiesa universale, rinnovando in particolare – com’è stato richiesto nei gruppi sinodali e nella sintesi diocesana – un impegno nell’annuncio del vangelo e nella catechesi.

Nella stessa direzione, dopo la pandemia, riprenderà slancio anche il Centro Papa Luciani di Santa Giustina, una struttura nata 40 anni fa come centro di evangelizzazione: in linea con lo spirito di “don Albino”, la nostra diocesi non gli dedicò un monumento, ma un luogo di catechesi e di formazione cristiana.

don Davide Fiocco

02-09-2022