L’ascolto è un terreno buono

Sintesi diocesana a conclusione della fase narrativa

 

Al termine del secondo anno della fase narrativa, come fanno le donne e gli uomini di montagna, abbiamo osservato il sentiero che i nostri passi hanno calcato e abbiamo notato come il cammino sinodale abbia indubbiamente portato un cambiamento e ci permetta oggi di gustare un nuovo panorama. Abbiamo sperimentato un nuovo modo di incontrare le persone, di relazionarci e di creare qualcosa insieme. Sentiamo di vivere con la Chiesa universale un «cambiamento d’epoca», un esodo a cui lo Spirito ci ha convocati, soprattutto grazie alle sollecitazioni di papa Francesco. È lui che ha invitati a «essere una Chiesa “inquieta” nelle inquietudini del nostro tempo». Il percorso ci è parso e talora ancora ci appare confuso e disordinato, agitato da tante istanze e da tante voci: tuttavia, proprio come al mattino di Pentecoste, lo stesso Spirito che provoca «il disordine, per smuovere», provoca anche l’armonia e ancora la promette per l’avvenire. Abbiamo compreso che «non bisogna avere paura quando ci sono disordini provocati dallo Spirito; ma averne paura quando sono provocati dai nostri egoismi o dallo Spirito del male».

1. Esperienze da far crescere

Il secondo anno della fase narrativa giunge così alla sua conclusione. Nel vissuto concreto della nostra Chiesa locale, i cantieri del secondo anno non si sono caratterizzati come iniziative nuove, ma come uno stile rinnovato, contrassegnato dalla sinodalità, nel riconoscere come cantiere aperto ciò che era già attivo. Desideriamo pertanto che questa esperienza dei cantieri, nella sua semplicità, possa continuare.

1.1. Innanzitutto sottolineiamo la vocazione all’ascolto, che ha raggiunto la nostra diocesi durante questi primi anni di cammino insieme. Le più significative esperienze sono state vissute nell’attivazione dei Centri di ascolto della Caritas, con la correlata formazione di quanti vi operano; altrettanto significativi sono stati gli incontri sul “Cammino delle Dolomiti”, che ci hanno permesso di metterci in ascolto di alcune persone “oltre la soglia”, cioè non appartenenti strettamente alla realtà ecclesiale. Uno spazio aperto, luogo di incontro, «cantiere della strada e del villaggio», continua a riproporsi nel “Museo dei Sogni” presso la Comunità di Villa San Francesco, alle porte di Feltre, dove approdano tanti gruppi, particolarmente di giovani e di ragazzi, provocati alla gratuità della vita. Anche l’ascolto di persone appartenenti ad altre religioni, nel nostro caso la comunità musulmana, ha dato frutti e ci ha insegnato che è necessario darsi il tempo di raccontarsi, senza ritirarsi da questa paziente tessitura.

1.2. Un secondo ambito che richiede continuità è l’ascolto del mondo dei giovani, priorità emersa dalla sintesi diocesana del primo anno. In questo caso, è parsa fruttuosa la valorizzazione di esperienze già attive, come quella del volontariato che ogni anno coinvolge – sotto l’insegna “Stile libero” – oltre duecento giovani della nostra diocesi nel servizio presso le strutture di accoglienza per situazioni di fragilità e marginalità e per famiglie. Inoltre il cammino/pellegrinaggio in Terra santa ha portato sulle orme di Gesù un folto gruppo di giovani, arricchendo ogni tappa con spunti di preghiera e riflessione. Un cantiere attivato ex novo –proprio perché avviato all’insegna di condividere una tazza di thè in vescovado – ha preso il nome di “in-fusio”, divenendo un incontro informale e accogliente, che è stato occasione di ascolto/incontro di giovani non coinvolti in realtà partecipative strutturate, ha proposto loro uno spazio di ascolto e cura, basato sulla condivisione delle proprie esperienze.

1.3. Una terza esperienza significativa si è avuta nelle operazioni di rinnovo degli organismi di partecipazione e comunione a livello parrocchiale, foraniale e diocesano. Proprio al termine della fase narrativa, ci siamo accorti che nella nostra diocesi si è innescato un processo inedito, alimentato dallo stile sinodale, che ha arricchito e colorato queste operazioni di rinnovo, alla loro naturale scadenza. Il percorso – che era stato avviato ancor prima dell’inizio del Cammino sinodale e ha talora richiesto perseveranza e accettazione della fatica – ci ha portato a riflettere come comunità sul bisogno di agire insieme, sull’invito a essere “comunità sorelle”, sulla necessità di condividere le nostre esperienze, soprattutto durante la pandemia. A distanza di anni, ci ritroviamo a rileggere in chiave sinodale i passi compiuti: oggi ci accorgiamo di esserci plasmati – ma in realtà di essere stati sorprendentemente forgiati dallo Spirito Santo – a uno stile veramente sinodale. Ne sono esempio eloquente i consigli pastorali unitari, che prevedono la comune responsabilità di cura e di accompagnamento su più parrocchie in stretta collaborazione nel vissuto pastorale: è questo uno degli aspetti in cui la nostra Chiesa locale si trova veramente cambiata. Nel passaggio di testimone da un consiglio pastorale di una singola parrocchia a quello condiviso tra “comunità sorelle”, sarà quindi imprescindibile conservare questo stile sinodale e da qui ripartire come caposaldo ecclesiale.

2. Proposte per le altre Chiese

Le esperienze che desideriamo evidenziare, perché crediamo che possano essere da stimolo per altre Chiese locali, riguardano soprattutto l’attenzione al mondo giovanile. Osserviamo la sofferta difficoltà con cui le comunità cristiane provano a coinvolgere e ad avvicinare il mondo dei giovani e, dall’altra parte, lo slancio degli stessi a cercare altre esperienze al di fuori da quelle proposte nelle loro comunità, nelle quali è soprattutto un problema di linguaggio che allontana gli uni dalle altre. In questo ambito ci pare di dover condividere la già segnalata esperienza di “in-fusio”, che ha mosso i primi passi nell’avvicinare i giovani con uno stile sinodale, fatto di semplicità e immediatezza, nel raccontarsi tratti del vissuto sia quotidiano sia di specifici eventi. Nello stesso ambito, diamo evidenza all’esperienza chiamata “Stile libero”, che risponde anche a un’esigenza di formazione al volontariato, proponendo un percorso serio, strutturato e inter-generazionale, dove i giovani stessi traggono dai loro vissuti aspetti valoriali anche di interiorità loro congeniale.

Evidenziamo inoltre come la nostra diocesi – pur relativamente piccola come numero di abitanti – sia una realtà composita per la fusione di due antiche diocesi, ognuna a sua volta composta da varie identità locali. Nonostante questa complessità, abbiamo imparato che l’inaspettato può succedere e può portare a una collaborazione fraterna, che va oltre il campanilismo identitario tipico delle piccole realtà di montagna. A conclusione del primo anno della fase narrativa, la nostra diocesi ha vissuto con emozione anche la beatificazione di papa Giovanni Paolo I, di cui è stata parte attrice: nell’occasione la diocesi ha vissuto una significativa esperienza di comunione, pur nella diversità della sua stessa composizione culturale, territoriale e socio-religiosa.

È stata per noi una sorpresa dello Spirito Santo la conclusione del primo anno della fase narrativa, che ha fatto confluire nella sintesi diocesana il contributo di 240 gruppi sinodali, con una partecipazione che era inaspettata. Quella sintesi diocesana è rimasta nel cuore, come l’esperienza più bella e compiuta, sì da restare uno strumento da valorizzare, su cui basare l’azione pastorale. Di qui la sottolineatura di tre azioni che abbiamo sentito importanti: ascoltare, accogliere, coinvolgere. A questi verbi si sono ispirati i cantieri informalmente attivati nel secondo anno della fase narrativa. Si è sperimentata così la possibilità di “lasciarsi” e “farsi” cambiare aprendosi al tempo che viviamo e alle sollecitazioni buone del nuovo che avanza.

3. Che cosa abbiamo imparato?

Riconosciamo innanzitutto che in questo tempo, in cui abbiamo cercato, ricevuto ed esercitato la sinodalità nel nostro vivere ecclesiale, abbiamo confidato nella grazia del Vangelo attingendovi gioia e speranza.

Teniamo a sottolineare che il metodo della conversazione spirituale è parso particolarmente adeguato alle dinamiche di una comunità cristiana. Ne abbiamo sperimentato i frutti nel primo anno della fase narrativa, ma ne abbiamo avvertito la significatività anche negli ultimi incontri dei consigli pastorali, prima del loro naturale rinnovo, soprattutto quando l’atto di gratitudine è stato ispirato a una forma di preghiera narrativa.

La fase narrativa ci ha insegnato che l’ascolto è un terreno buono, perché succeda qualcosa, perché si possa incontrare il fratello, perché lo Spirito parli alle Chiese. Così l’ascolto si combina bene con l’inaspettata sorpresa del Signore.

Nella storia della Chiesa ogni periodo ha sottolineato alcuni aspetti. Abbiamo compreso che camminare non significa arrivare a una meta definitiva, perché le scelte pastorali non sono mai definitive. È certo invece che – quando la nostra fede è viva, la nostra speranza è aperta e la nostra carità è liberata – non possiamo non metterci in cammino, per camminare insieme: «La nostra Chiesa guarda al futuro ed è in movimento: siamo in cammino assieme, con i nostri slanci e le nostre titubanze» (dalla Carta d’Intenti n.1, 2021).

15-06-2023