Battezzati e inviati

Omelia alla Veglia missionaria diocesana - Santuario del Nevegal
04-10-2019

Gal 6,14-18; Sal 15; Mt 11,25-30

Ecco dove ci conduce la Parola di Dio proclamata: «Quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce di Cristo». Inoltre: «Io porto le stigmate di Gesù sul mio corpo».

Avevo sulla mia scrivania un libro preso da poco, dal titolo in forma di domanda: Un cristianesimo senza Cristo?

Ieri in un noto quotidiano, un giornalista di calibro con un editoriale dal titolo Una sfida epocale alla Chiesa, dava questa possibilità: «piuttosto che fare cristiano il mondo la Chiesa stessa finirà per farsi uguale al mondo».

Mi piace pensare a Francesco d’Assisi di fronte a queste domande.

Nel pellegrinaggio compiuto ad agosto con una quarantina di giovani, tra cui alcuni di Mussoi (c’era anche fra’ Esterino, non tra i giovani, però…), mi ha colpito il loro interesse sulle vicende della vita di Francesco. L’inquietudine coraggiosa e, in definitiva, radicale che lo ha fatto diventare “nuova creatura” come dice Paolo ai Galati: «Non è infatti la circoncisione che conta, né la  non circoncisione, ma l’essere nuova creatura».

Di mezzo c’è lui, Gesù: «Io porto le stigmate di Gesù sul mio corpo».

Colpisce l’ospitalità con cui Gesù di dà: «Venite a me voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro».

C’è una gratuità smisurata in Lui. Ti mette a tuo agio. Ti conduce a ritrovare te stesso, la tua libertà, la felicità di cui necessiti: «Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».

Il tocco di Gesù in Francesco è tale: smisuratamente gratuito e radicale, viscerale e leggero. È la sua ospitalità che all’origine e a fondamento del nostro discepolato.

Ci dobbiamo dire con sincerità che se la grazia non fosse tale – assolutamente gratuita – cioè senza scopi, senza volerti assumere, tantomeno asservire, senza obbligarti ad entrare nella Chiesa, direbbe, papa Francesco, senza proselitismo, se non fosse così potrebbe diventare un giogo pesante e un peso insopportabile.

Forse la compromessa gratuità, la meschina ospitalità, la dimezzata misericordia con cui abbiamo vissuto il Vangelo ha potuto ostacolare il tocco gratuito e libero di Gesù su questo nostro tempo, su tanti fratelli e sorelle che se ne sono andati…

A noi arriva la sfida, è rivolto a noi l’appello, si ridesta la chiamata missionaria se entriamo liberi e responsabili nella preghiera di Gesù, preghiera di lode al Padre, mentre esulta nello Spirito: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza».

Gli fa eco San Francesco:

«Laudato si’, mi’ Signore, cum tucte le tue creature…

Laudate et benedicete mi’ Signore et rengratiate et servitelo cum grande humilitate».

Papa Francesco, Udienza 29-05-19

«Il Risorto invita i suoi a non vivere con ansia il presente, ma a fare alleanza con il tempo, a saper attendere il dipanarsi di una storia sacra che non si è interrotta ma che avanza, va sempre avanti; a saper attendere i “passi” di Dio, Signore del tempo e dello spazio. Il Risorto invita i suoi a non “fabbricare” da sé la missione, ma ad attendere che sia il Padre a dinamizzare i loro cuori con il suo Spirito, per potersi coinvolgere in una testimonianza missionaria capace di irradiarsi da Gerusalemme alla Samaria e di travalicare i confini di Israele per raggiungere le periferie del mondo».