Nm 6,22-27; Sal 66 (67); Gal 4,4-7; Lc 2,16-21
«I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro».
Eccoci come i pastori, siamo “tornati”!
Dietro di noi sta il cammino percorso in questo anno civile 2017. Che cosa abbiamo “udito e visto”?
Ed ora qui come siamo?
Ci sono cammini che semplicemente sfiancano, rendendo faticoso il respiro; stancano tremendamente, deludendo…
Ci sono, invece, percorsi – seppure impegnativi – che allargano il cuore, aprono la mente, liberano l’intimo, caricano di energia interiore…
Dire “grazie”, tanto più esprimere il nostro ringraziamento a Dio, in questa ultima eucaristia dell’anno civile, comporta un rivisitare la strada percorsa e ricomprendere i passi compiuti.
Nel racconto della nascita di Gesù e nel particolare riportato stasera non è sufficiente che i pastori abbiano visto «il bambino adagiato nella mangiatoia» con Maria e Giuseppe. Lo stupore che l’evento suscita in loro e nelle persone che incontrano, insorge quando i pastori riprendono e ripensano l’annuncio che gli angeli avevano loro portato, dunque quando comprendono il segno del bambino attraverso tale annuncio.
Lo stupore è qualcosa di profondo che percepiamo come un aprirsi in noi di una conoscenza nuova, come un qualcosa che ci giunge e ci scuote immettendoci in una dimensione più grande, più viva, più attraente. È come percepire che una novità inattesa ci sta cambiando e diventa una buona e bella promessa.
I pastori se ne tornarono così… Come loro anche noi, questa sera, vorremmo glorificare e lodare Dio.
Non ho la pretesa di saper indicare il motivo per cui stupirci in questa ultima serata dell’anno.
Desidero semplicemente mettere davanti a ciascuno di voi, di noi, quello che già abbiamo ricevuto come parola di guarigione, come coinvolgente chiamata, come commovente confidenza: «Non sei più schiavo, ma figlio…». Dunque: «Tu sei amato»; anzi: «C’è un amore che non smette, che non ti lascia…».
Ma perché non ricordarcelo a vicenda?
Mi chiedo se sia innanzitutto questo il motivo per cui nelle nostre comunità cristiane glorifichiamo e lodiamo Dio. Forse in tante situazioni facciamo fatica a fare come Maria che «custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore». Sì, ricominciare da qui: più stupore e più capacità di custodia – dentro di noi, tra di noi, oltre noi – di quanto abbiamo ricevuto e ascoltato.
Permettete che questa sera, oltre a glorificare e lodare Dio, insieme ai pastori e a Maria, possa esprimere un grazie sincero a papa Francesco per il coraggio della sua affabile testimonianza che ci riporta all’annuncio degli inizi, quello da cui tutti siamo venuti alla fede. Faccio mie le parole di Rosanna Virgili:
«Francesco ha capito come la realtà attuale sia un poliedro simile a quello dove si radicava la Chiesa delle origini. […] Così oggi la Chiesa si trova a vivere in un mondo s-confinato, complesso, costituito di tante lingue, religioni, culture e portatore, tuttavia, di una comune umanità.
Come interagire, dunque, da cristiani amanti della vita e della terra? Francesco ha capito che per dare senso ed efficacia alla presenza della Chiesa nel mondo, occorra ripercorrere la via […] dell’annuncio della prima ora. Un annuncio di misericordia per tutti i lontani, gli esclusi, gli scartati (che sono la parte più numerosa di questo mondo!); un Vangelo di amore, di pace, di concordia universale, di denuncia dell’ipocrisia e dell’ingiustizia; un linguaggio comprensibile ai non iniziati, come quello usato da Gesù».
Incoraggiamoci ed aiutiamoci ad essere all’altezza dei nostri inizi!
Accanto a papa Francesco un grazie a tutti coloro che – di ogni cultura e fede – credono nella dignità di ogni persona umana e operano per la giustizia e la pace universale.