È la Pasqua del Signore!

Omelia nella Cena del Signore – Cattedrale di Belluno
13-04-2017

Es 12,1-8.11-14; Sal 115 (116); 1 Cor 11,23-26; Gv 13,1-15

Nel primo racconto dell’Esodo siamo stati riportati ad una storia antica del popolo di Dio. Difficile comprendere i particolari di quella vicenda dove si sovrappongono memorie diverse. C’è senz’altro una cena rituale accanto ad una storia di liberazione. Attraverso di esse giunge a noi un annuncio impossibile da descrivere nelle sue componenti. Si dice: è la Pasqua del Signore!

Che cosa significa? Qual è la storia di Dio? Che cosa egli ha fatto?

Penso che un’espressione di Gesù riportata dall’evangelista Giovanni possa esprimere la risposta a queste domande e dischiuderci il senso di quell’annuncio: è la Pasqua del Signore!

Ecco le parole di Gesù: «Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna» (Gv 3,16). Gesù dice questa parole a Nicodemo, di notte.

Sono l’annuncio della Pasqua!

Ora Gesù le vive in un gesto che ha voluto compiere «prima della festa di Pasqua». E l’evangelista precisa: «era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre». Questo “passare al Padre” è ciò che sta nel cuore di Gesù. È il suo desiderio più profondo. L’evangelista successivamente riporterà le parole di Gesù sul suo rapporto con il Padre che glorificherà il Figlio.

Gesù vive la sua Pasqua in questa relazione intima con il Padre. Non c‘è nulla di più grande per lui. Ci fa comprendere che questa sua relazione con il Padre è il bene del mondo, è la sua salvezza.

L’evangelista Giovanni poi si concentra nel suo racconto sull’amore. Non l’aveva mai fatto in questo modo nei racconti precedenti.

Dice ora di Gesù: «Avendo amato i suoi ce erano nel mondo, li amò sino alla fine».

È giunta dunque l’ora dell’amore! La Pasqua è questo sorprendente annuncio e dono. Tutto ciò che racconta di quella sera e di quella cena prima di Pasqua è solo per manifestare di quale amore si tratta.

Gesù si alza da tavola, nel momento di massima convivialità con i suoi discepoli. Abbiamo ascoltato il racconto che poi cercheremo anche di rappresentare qui, lavando i piedi ad alcuni di noi, tra cui dei bambini e ragazzi, ma anche degli adulti e significativamente tra loro alcuni venuti qui come profughi.

Gesù condensa in un gesto e in alcune parole l’amore con cui sta avvenendo la sua Pasqua, con cui sta donando a tutti noi quel “tanto amore” di Dio – che chiamava Padre – di cui aveva raccontato ogni giorno della sua vita, incontrando uomini e donne a cui ha ridato dignità e fiducia, toccando e guarendo le loro ferite e infermità.

Pietro non può ancora capire. Gesù rimproverando Pietro gli dice che capirà dopo. Eccoci anche noi lì con Pietro. C’è un “dopo” in cui ancora abbiamo bisogno di comprendere l’amore che Gesù rappresenta nel gesto di lavare i piedi. È innanzitutto un suo dono, immeritato, con cui non vorremmo intrigarci… Gesù affronterà la sua Pasqua di morte e risurrezione, perché sa che non c’è altro futuro che quel “tanto amore” con cui Dio ha amato il mondo.

C’è ancora da accogliere e comprendere. Questa sera attorno a Gesù noi siamo come Pietro, ancora alla ricerca di quell’amore.

Aver parte con Gesù, come egli ci invita, è dedicarci ancora all’amore, accogliendolo da lui, per dare speranza a questo nostro mondo che dovremmo ricominciare a “tanto amare”, sulla parola di Gesù: «Vi ho dato un esempio, perché anche voi facciate come ho fatto a voi».

Ecco la Pasqua del Signore!