Eucaristia con i giornalisti

Festa di san Francesco di Sales - Centro Giovanni XXIII - III domenica ordinario B
24-01-2021

Giona 3,1-5.10; Sl 24 (25); 1Cor 7,29-31; Mc 1,14-20

Il messaggio di papa Francesco in vista della 55ma Giornata mondiale per le Comunicazioni sociali ci aiuta ad entrare nella Parola di Dio che abbiamo ascoltato, anzi ci fa “venire” in questa Parola e ce la fa “vedere”. «Vieni e vedi» è il tema scelto. Il riferimento evangelico – Gv 1,46 – richiama l’esperienza dei due discepoli del Battista che guardano a Gesù, lo seguono e lo incontrano.

Francesco chiarisce fin dall’inizio del messaggio: «L’invito a “venire e vedere”, che accompagna i primi emozionanti incontri di Gesù con i discepoli, è anche il metodo di ogni autentica comunicazione umana».

Il sottotitolo fa diventare “regola generale” della comunicazione questa particolare esperienza di Gesù con i discepoli: «Comunicare incontrando le persone dove e come sono»

Domenica scorsa la Liturgia della Parola ci faceva leggere il racconto giovanneo a cui il papa si riferisce. Oggi, potremmo dire “in parallelo”, la Liturgia della Parola ci presenta il racconto che fa l’evangelista Marco dell’inizio drammatico del ministero pubblico di Gesù: «Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio».

L’evangelista ci riporta a ciò che avviene nella storia, nella vita, nella cronaca… Marco, comunicatore stringato, sa cogliere le situazioni nel lato più drammatico del loro svolgersi. Egli non si dilunga nel raggirarle, non le sfila dalla loro complessità, ma le guarda e le riconosce nei nessi che si stanno manifestando: il Battista arrestato e Gesù che inizia con il “Vangelo di Dio”. C’è un passaggio di testimone in cui ciascuno di loro due mette in gioco la propria vita e la propria credibilità.

Il sottotitolo del messaggio di Francesco è un invito: «Comunicare incontrando le persone dove e come sono».

In realtà siamo tutti convocati a vedere.

Marco procede in questo modo mentre fa l’evangelista, ma anche suggerisce a noi di comunicare così: «incontrando le persone dove e come sono».

Sotto la croce, al vertice del suo racconto, nel punto più drammatico della vicenda di Gesù – quando questi è abbandonato da tutti i suoi e si fa buio sul panorama di quel tempo – Marco convoca ai piedi della croce un personaggio inatteso, il centurione romano che è venuto lì, sta svolgendo il suo compito, ma vede in profondità e coglie i nessi di quella situazione. Sarà lui a dare una notizia che è il vertice del Vangelo: «Il centurione che si trovava di fronte a lui, avendolo visto spirare in quel modo, disse: “Davvero quest’uomo era Figlio di Dio!”».

C’è un modo di essere giornalisti che si forma a questa scuola, del primo eccezionale “giornalista evangelico”: Marco.

Marco porta a fare esperienza di ciò che è avvenuto. Egli conduce alle soglie di una verità di vita che non è chiusa, definita, apodittica. Giungere fino a quella soglia impegna la libertà e la responsabilità del venire e del vedere. È straordinario come Marco conduce dinnanzi ai fatti e ti lascia lì ad «incontrare le persone dove e come sono».

Mi permetto di leggere un passaggio del messaggio di papa Francesco. In contro-luce ci fa cogliere il metodo della comunicazione che si ispira ai vangeli, al vangelo di Marco, allo stile e alle forme con cui il Vangelo si comunica: «Voci attente lamentano da tempo il rischio di un appiattimento in “giornali fotocopia” o in notiziari tv e radio e siti web sostanzialmente uguali, dove il genere dell’inchiesta e del reportage perdono spazio e qualità a vantaggio di una informazione preconfezionata, “di palazzo”, autoreferenziale, che sempre meno riesce a intercettare la verità delle cose e la vita concreta delle persone, e non sa più cogliere né i fenomeni sociali più gravi né le energie positive che si sprigionano dalla base della società».

Papa Francesco deduce: «Il “vieni e vedi” è il metodo più semplice per conoscere una realtà. È la verifica più onesta di ogni annuncio, perché per conoscere bisogna incontrare, permettere che colui che ho di fronte mi parli, lasciare che la sua testimonianza mi raggiunga».

Più avanti dice: «Tutti siamo chiamati a essere testimoni della verità: ad andare, vedere e condividere».

È successo così anche a Giona, come abbiamo sentito nella prima lettura. Ma anche per Paolo è stato così: cogliamo dalla sua testimonianza vissuta e sofferta una consapevolezza di vita che anche noi, nel bel mezzo di questa pandemia, potremmo, raccontare: «Passa infatti la figura di questo mondo!».

Mi pare buona cosa concludere con la preghiera di papa Francesco:

«Signore, insegnaci a uscire da noi stessi, e a incamminarci alla ricerca della verità. Insegnaci ad andare e vedere, insegnaci ad ascoltare, a non coltivare pregiudizi, a non trarre conclusioni affrettate. Insegnaci ad andare là dove nessuno vuole andare, a prenderci il tempo per capire, a porre attenzione all’essenziale, a non farci distrarre dal superfluo, a distinguere l’apparenza ingannevole dalla verità. Donaci la grazia di riconoscere le tue dimore nel mondo e l’onestà di raccontare ciò che abbiamo visto».