All’inizio anno civile

Solennità Maria Madre di Dio
01-01-2021

Nm 6,22-27; Sal 66 (67); Gal 4,4-7; Lc 2,16-21

In questo inizio dell’anno civile, otto giorni dal Natale, siamo nella solennità di “Maria, Madre di Dio”. Questa espressione – Madre di Dio – detta di una donna, ci colpisce, ma in profondità svela ulteriormente la vicenda del bambino in fasce, deposto in una mangiatoia nei pressi di Betlemme, nato proprio da lei, Maria di Nazareth. Nella lettera ai Galati, con l’unico riferimento a Maria negli scritti dell’apostolo Paolo, è detto: «Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la Legge…».

Vi è, dunque, questa uscita di Dio che entra nella carne della nostra storia creaturale, terrena, umana. Da parte nostra avviene un accedere alla vita di Dio ed è sua iniziativa d’amore.

Questo incontro è avvenuto: Dio non rimane nel suo cielo assoluto e noi, uomini e donne di questa terra non siamo abbandonati a un inesorabile destino. Non siamo più “cacciati fuori”, messi alla porta, disorientati in una storia che non avrà sbocco.

I due evangelisti che in questi giorni ci hanno trasmesso il Vangelo della nascita del bambino da Maria – accompagnata e custodita da Giuseppe suo promesso sposo – hanno testificato che ad entrambi – Maria e Giuseppe – è stato comunicato il nome da dare a quel bambino: «Lo chiamerai Gesù» (Lc 1,31; Mt 1,21). L’evangelista Matteo porta anche una motivazione: «Egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati» (1,21). Oggi l’evangelista Luca ci ha detto che a quel bambino, all’ottavo giorno dalla nascita, gli è stato messo il nome di Gesù, che significa: “il Signore salva”.

Per noi che ci siamo messi in cammino verso di Lui e ci siamo posti al suo seguito non c’è notizia più strepitosa, non c’è annuncio più sorprendente, non c’è Vangelo più liberante: il Signore Dio salva il suo popolo. Nella seconda lettura, Paolo ha tradotto questo annuncio così: «Quindi non sei più schiavo, ma figlio e, se figlio, sei anche erede per grazia di Dio».

Nell’anno appena trascorso abbiamo cercato e invocato tante forme di salvezza. Ci siamo ancora in questa attesa e in questa ricerca. Quando ci si sente salvati, ci si ritrova tra le mani un’altra vita che avvalora ciò che è passato. Ti scopri restituito alla vita. È un’esperienza di “rinascita”.

Come cristiani siamo chiamati e mandati per testimoniare con il nostro esserci e il nostro operare che Dio non se n’è andato da questa storia dentro la quale si è fatto creatura, bambino, figlio, fino a votarsi completamente ad essa.

È un’energia spirituale necessaria che ci viene donata e che siamo chiamati a condividere.

Ciò che abbiamo già vissuto e sofferto ci porta ad appassionarci gli uni degli altri, a ritrovare le ragioni del nostro vicendevole impegno a offrirci condizioni di salvezza.

Mi ha colpito particolarmente un passaggio del Presidente della Repubblica nel suo messaggio di ieri sera: «Il 2021 deve essere […] un anno in cui ciascuno di noi è chiamato anche all’impegno di ricambiare quanto ricevuto con gesti gratuiti, spesso da sconosciuti. Da persone che hanno posto la stessa loro vita in gioco per la nostra, come è accaduto con tanti medici e operatori sanitari. Ci siamo ritrovati nei gesti concreti di molti. Hanno manifestato una fraternità che si nutre non di parole bensì di umanità, che prescinde dall’origine di ognuno di noi, dalla cultura di ognuno e dalla sua condizione sociale».

Oggi, primo giorno dell’anno, sentiamo di essere tutti convocati ad accogliere e far germogliare nella vita di tutti una “storia di salvezza” che già è data in dono all’umanità intera in quel bambino che siamo chiamati a riconoscere nei segni umili, essenziali, dignitosi delle fasce dell’affetto che lo avvolgono e della mangiatoia di un pane quotidiano che dobbiamo di più condividere con tutti e tra tutti.

Nel suo messaggio per questa giornata mondiale della pace, papa Francesco scrive: «Questi e altri eventi, che hanno segnato il cammino dell’umanità nell’anno trascorso, ci insegnano l’importanza di prenderci cura gli uni degli altri e del creato, per costruire una società fondata su rapporti di fratellanza. Perciò ho scelto come tema di questo messaggio: “La cultura della cura come percorso di pace”. Cultura della cura per debellare la cultura dell’indifferenza, dello scarto e dello scontro, oggi spesso prevalente».

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Nella sua omelia scritta per la celebrazione di oggi, papa Francesco ribadisce: «Quanto è importante educare il cuore alla cura, ad avere care le persone e le cose. Tutto comincia da qui, dal prenderci cura degli altri, del mondo, del creato. Non serve conoscere tante persone e tante cose se non ce ne prendiamo cura. Quest’anno, mentre speriamo in una rinascita e in nuove cure, non tralasciamo la cura. Perché, oltre al vaccino per il corpo, serve il vaccino per il cuore: e questo vaccino è la cura. Sarà un buon anno se ci prenderemo cura degli altri, come fa la Madonna con noi».