In mezzo alle genti, a tutti i popoli

Omelia nella notte del Natale del Signore – Cattedrale di Belluno
25-12-2020

Isaia 9,1-6; Sal 95 (96); Tito 2,11-14; Luca 2,1-14

Eccoci a Natale!

«Annunciate di giorno in giorno la sua salvezza. In mezzo alle genti narrate la sua gloria, a tutti i popoli dite le sue meraviglie». Il salmo appena pregato ci spinge altrove, ci dischiude innanzi un orizzonte di meraviglie, ci raccomanda di annunciare, di narrare, non semplicemente “tra noi”, ma «in mezzo alle genti» e «a tutti i popoli».

Anche l’evangelista Luca, da cui abbiamo ricevuto l’annuncio «di una grande gioia», precisa che tale gioia «sarà di tutto il popolo». Poco prima aveva informato che Cesare Augusto ordinò e decretò «il censimento di tutta la terra», per cui «tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città».

Oggi, nel nostro tempo e nel travaglio di questa seconda ondata di contagi da epidemia, ci siamo noi a raccogliere l’annuncio, a custodirlo nel cuore, ad alimentare l’attesa che esso suscita, a narrarlo «in mezzo alle genti» e «a tutti i popoli».

Dio ci sorprende. Attraverso l’incursione dell’angelo ci raccomanda: «Non temete!».

Sì, questo Dio sorprendente, si presenta a noi “nuovo”. Ci eravamo abituati alle nostre immagini di Lui e ai nostri pensieri su di Lui, alle nostre pratiche devozionali rivolte a Lui e ai nostri riti prestati a Lui, rischiando l’automatismo religioso. Anche il canto di lode della moltitudine celeste ci scuote: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama».

Noi siamo qui a chiederci come sia possibile annunciare, oggi, una “grande gioia”, raccontare di una nascita che è una promessa di salvezza per tutti, riconoscere la possibilità di un inizio, coinvolgere tutti in un cammino di liberazione e di superamento del peso del peccato.

In questo pomeriggio, durante la visita ai reclusi nella Casa circondariale di Belluno, mi ha commosso il gesto di uno di loro. I suoi occhi erano accesi e lo sguardo fiducioso. Mi ha donato una lettera: vi erano disegnate due mani ammanettate, ma la con catena spezzata. Sul foglio era scritto: «Il laccio si è spezzato e noi siamo tornati in libertà (Salmo 124,7)». Di seguito era scritto: «Noi ultimi tra gli ultimi, oggetto di disprezzo e scherno, persino biasimo degli altri detenuti, siamo grati perché anche per noi è venuto e si è dato Gesù Cristo, il Messia di cui è detto: “Dove il peccato abbonda, la grazia sovrabbonda”, inoltre “Se il figlio vi farà liberi, sarete veramente liberi».

Come nel salmo che abbiamo pregato: «Annunciate di giorno in giorno la sua salvezza».

Ecco il Natale: il “laccio” dell’oppressione più pesante “è spezzato”; “siamo grati, ci è donato Gesù Cristo”; “la grazia sovrabbonda”; “il Figlio vi farà liberi”…

Sì, il Natale in questa condizione di limitazioni, sembra più sobrio, più rarefatto, più distanziato…, ma il suo annuncio e il dono che arreca è una meraviglia sempre nuova: Dio non tradisce la vita, ma la ama, la cura, la guarisce, l’accarezza, la protegge, ne rimargina la ferita, la risuscita…