Intravedeva il nuovo che avanzava

Omelia nelle esequie di don Lorenzo Dell’Andrea - Cattedrale
11-03-2024

Is 65,17-21; Sal 30 (29); Gv 4,43-54

In questi giorni don Lorenzo ci ha sorpreso, superando i nostri pensieri e la nostra preoccupazione. Con la tenacia con cui ha affrontato e vinto tante sfide nella sua lunga esistenza e con l’intelligenza sottile e preveggente che lo caratterizzava ovunque operasse, in poche ore è approdato alla soglia definitiva. È la soglia dell’“Amore tanto grande” che il racconto evangelico di ieri ha ancora una volta svelato e comunicato a noi: «Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna» (Gv 3,16). È la soglia della “Vita che non muore” in cui Gesù, come racconta il Vangelo di oggi, ci viene incontro per avvolgere di infinito le nostre fragilità e le nostre malattie che ci fanno morire. Come è successo al funzionario del re, Gesù – nel terzo giorno, dopo essere stato a Gerusalemme – torna in Galilea, ci incontra nell’ordinarietà del nostro operare e rigenera il nostro caduco e incerto vivere: «Va’, tuo figlio vive».

Ci preoccupava nelle scorse settimane lo stato di salute di don Lorenzo. Non sembrava, però, che egli stesse preparando l’attraversamento del grande valico della vita. Nei giorni prima di martedì scorso, dopo un momento di stacco, don Lorenzo si era rimesso a camminare. Il suo pellegrinare mattutino lo faceva arrivare qui in Cattedrale per la celebrazione dell’Eucaristia. Come sempre il suo camminare doveva giungere alla meta prefissata, magari cercando momentanei e furtivi appoggi. Quando lo si incontrava si sperimentava il suo tratto gentile e nobile. La sua parola – ponderata e saggia – permetteva di intravedere la ricchezza enorme delle sue competenze, dei fronti aperti del suo ricercare, del suo ideare, del suo operare. La parola di Gesù: «Va’, tuo figlio vive» appare corrispondere all’intraprendenza gestionale, alla fedeltà relazionale, all’onestà intellettuale con cui don Lorenzo ha dato vita a tante opere di bene. Ha inteso, in questo modo, perseguire e rappresentare, nell’esercizio pluriforme del ministero, quel “tanto amore per il mondo” che sgorga dal cuore di Dio e che Gesù ha svelato, narrato e realmente attuato. Don Lorenzo ha saputo sviluppare e donare questa generatività del cuore, dell’intelligenza, dell’azione. La nostra Chiesa di Belluno-Feltre ne è incoraggiata, si sente sollecitata da questo e, sulla scia di don Lorenzo, osa donarsi a servizio di questo amato territorio.

Nella prima lettura il profeta Isaia svela lo sguardo di Dio che sopravanza ogni caducità di questo nostro mondo e dell’universo intero e lascia intravedere un orizzonte di assoluta novità: «Così dice il Signore: “Ecco, io creo nuovi cieli e nuova terra; non si ricorderà più il passato, non verrà più in mente, poiché si godrà e si gioirà sempre di quello che sto per creare”» (Is 65,17-18). Isaia è un testimone di quest’arte profetica. Ci sono persone che hanno il dono di guardare al di là, oltre il presente e di percepire l’avanzare di tempi nuovi verso cui protendersi, mettendo a rischio le proprie risorse di pensiero, di credibilità, di ministero. Don Lorenzo è stato perspicace nell’intravedere il nuovo che avanzava. Nel complesso mondo della comunicazione egli è stato un pioniere, un po’ solitario, ma un autentico apripista. Senza comunicazione non c’è vita, non c’è conoscenza, non si costruisce comunità e società. Senza comunicazione non c’è futuro. In questo territorio ci basti ricordare come don Lorenzo ha ripensato e lanciato Telebelluno e altri media. Sono qui da evocare le parole con cui l’apostolo Paolo si è rivolto alla comunità di Corinto. In esse noi possiamo rilevare l’intento apostolico con cui don Lorenzo ha messo a servizio del Vangelo la ricchezza dei talenti che il Signore gli ha consegnato: «Tutto io faccio per il Vangelo, per diventarne partecipe anch’io» (1Cor 9,23). Colpisce che l’apostolo Paolo, dopo aver viaggiato e operato così estesamente mettendo a frutto tutto quanto aveva, riconosca di averlo fatto per diventarne partecipe con tutti, partecipe del vangelo stesso che annunciava. Sta qui la bellezza e l’autenticità di chi ha dato e fatto ogni cosa per il bene di tutti, per il Vangelo.

Questa dimensione di verità è racchiusa in due pensieri che intendo leggere, scritti da don Lorenzo, nel 2018, come suo “testamento spirituale”. Questo primo pensiero è l’ultimo del suo scritto: «Chiedo perdono a Dio e a tutti per quanto non ho fatto e per tutto ciò che ho fatto male, confidando nel perdono e nella “carezza” accogliente di Dio e chiedendo a tutti perdono e benevola comprensione».

Noi ora lo affidiamo con riconoscenza alla “carezza accogliente di Dio”!

All’inizio, invece, ha scritto pensando alla morte di mercoledì sorso: «La morte di san Giovanni della Croce in una biografia viene così descritta: “Si fece buio. Ma fu un attimo”. Che anche per me quel “buio” duri solo “un attimo” e dio mi accolga nella sua Luce, partecipe della sua Vita, per i meriti di Gesù Cristo, morto anche per me peccatore, e risorto».

Così anche noi, in questa celebrazione, la vogliamo pensare: un attimo di buio e un’immensità di luce!