Is 61,1-3a; Sal 88 (89); Rm 12,3-13; Mt 25,31-40
«Non valutatevi più di quanto conviene […]. Siate premurosi nell’ospitalità». Onorando il patrono San Martino – accanto ai Santi Vittore e Corona che la Liturgia ci fa celebrare il 14 maggio – la comunità ecclesiale di Belluno-Feltre si fa “premurosa nell’ospitalità” in questa solenne Eucaristia. Sentiamoci tutti a casa, attorno ad una mensa di fraternità e di grazia: “tutti” – anche quanti ci seguono e si uniscono a noi tramite Telebelluno e gli altri mezzi di comunicazione.
San Martino, oggi, come nostro patrono, sembra venirci incontro con il suo cavallo, così come spesso viene raffigurato. Egli indossa la sua armatura, pronto ad affrontare e combattere possibili pericoli e mali incombenti. Ecco si ferma davanti a noi. Egli è colpito dallo smarrimento e dalla preoccupazione dei nostri volti davanti a lui. Ci vede piuttosto infreddoliti da timori che serpeggiano negli animi, da paure ancestrali che affiorano in noi, dal senso di incertezza che ci assale scrutando il futuro e per cui il nostro sguardo si abbassa e spesso anche si spegne. San Martino ci scopre tremanti per il risvegliarsi in noi di un’istintività conflittuale che ci sta schierando gli uni contro gli altri, anche nelle piazze: alcuni sono dalla parte del “sì”, gli altri del “no”. San Martino getta il suo sguardo su di noi e si impietosisce. Non indugia e, strappandosi di dosso il mantello che lo rendeva fiero e imperioso, ci scombina mettendo nelle nostre mani parte della sua dignità, della sua fierezza, del suo calore, della sua speranza, della suo aspirare a un bene che sia per tutti e di tutti. Ma dove, in particolare, Martino ci sorprende, ci scuote, ci induce a rialzarci e ricoprirci, ad essere pronti a ricominciare il cammino lungo il quale ci ha raggiunto? Le parole accorate dell’apostolo Paolo, scritte ai cristiani di Roma, sembrano affiorare proprio dalle labbra di Martino mentre ci incontra e si offre in condivisione con noi: «Noi, pur essendo molti, siamo un solo corpo […] e, ciascuno per la sua parte, siamo membra gli uni degli altri».
Mi chiedo se non sia proprio questo il tempo in cui smetterla di ignorare che non si vive in questa storia, che non possiamo abitare le nostre città e i nostri paesi senza ricominciare ad attuare, giorno dopo giorno, questa insopprimibile verità: «Noi, pur essendo molti, siamo un solo corpo». È invivibile la vita, addirittura insopportabile, se manomettiamo e non attiviamo con maggiore convinzione e con più decisa responsabilità il DNA di cui tutti siamo dotati: «Ciascuno per la sua parte, siamo membra gli uni degli altri». Ovunque: nelle amicizie, in famiglia, in società, nella Chiesa, in politica, in economia, nel lavoro (pensiamo ai lavoratori delle aziende oggi in difficoltà in questo nostro territorio), nella sanità, nei nostri spazi e tempi di libertà, nella “casa comune” che è l’ambiente in cui siamo ed è il pianeta che abitiamo…
Il tempo che viviamo ci sta drammaticamente insegnando – a volte con terapie d’urto che ci scuotono – che non siamo degni di questa umanità, di questa storia, di questo tempo, di questa vita e non siamo degni gli uni degli altri, se non ci poniamo sulla strada di San Martino, se non cerchiamo di vivere tutti questa “parola di vita”: «La carità non sia ipocrita: detestate il male, attaccatevi al bene; amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda. Non siate pigri nel fare il bene, siate invece ferventi nello spirito».
Diciamo con sincerità che ovunque c’è urgente bisogno di questo e che siamo stanchi di delegittimarci a vicenda, tra gruppi diversi, tra schieramenti di pensiero. C’è un bisogno insopprimibile di ritrovare il gusto e l’arte di fare comunità, in tutto il tessuto del nostro territorio, tra valli e montagne. Anche le nostre valli tracciano percorsi di comunicazione e le nostre montagne formano catene montuose che si combinano e si sostengono a vicenda. E noi? Nelle recenti manifestazioni culturali estive un noto autore, rilanciando l’impegno di tutti per un’ecologia integrale ci ha detto: «È necessario ripartire dal basso, da piccoli cambiamenti quotidiani, ricostruendo un tessuto comunitario adatto alla realizzazione umana e universale e non fondato sul successo individuale» (Carlo Petrini).
San Martino ci sta chiamando tutti all’appello, ricordandoci il comune destino che sta davanti a noi, i percorsi comuni da condividere nel rispetto di ciascuna individualità. San Martino ci testimonia che è possibile praticare la fraternità rigenerando la vita comunitaria, condividendo risorse e sogni in questo nostro territorio.
Anche la nostra Chiesa di Belluno-Feltre, sulla scia di papa Francesco, dichiara la propria appartenenza a Cristo imparando a diventare, giorno dopo giorno, “Sorelle e Fratelli tutti”!
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Introduzione alla celebrazione
San Martino, nostro patrono, ci raccoglie oggi in una fraternità che desideriamo tanto e su cui ci vorremmo con più coraggio impegnare noi stessi. Il mio saluto e di tutta la Chiesa di Belluno Feltre va alla comunità civile, qui in particolare alla città di Belluno, a tutte le autorità (Prefetto, Sindaco, Questore, Comandanti delle forze di sicurezza…) e rappresentanze di istituzioni, associazioni e realtà sociali a cui sta a cuore il bene comune. In questa Eucaristia sosteniamoci a vicenda. Compiamo, ora, anche un atto di consapevolezza del nostro sbagliare e del nostro peccato, per chiederne perdono.