1Sam 18,6-9; 19,1-7; Sal 55; Mc 3,7-12
Guardiamo a San Francesco di Sales con ammirazione e simpatia: apprendiamo da lui, nel contesto riformatore e spesso polemico di quel tempo, a Ginevra, che cosa significhi e comporti “fare pastorale”. Il suo rapportarsi reale, esistenziale, empatico… alle persone concrete è per noi una forte sollecitazione a ripensarci come Chiesa oggi. Cosa siamo chiamati ad essere e a operare?
Può farci sorridere questa mia parziale interpretazione del racconto di 1 Samuele sul rapporto compromesso tra Saul e Davide e sulla mediazione di Gionata: le donne del racconto adottano una strategia comunicativa che provoca le gelosie di Saul. Non si è asettici quando si opera nella comunicazione. Tutti i registri dell’umano sono interessati e coinvolti. Non si tratta solo di “contenuti oggettivi e definitivamente fissati” che vengono trasmessi. C’è una vita di mezzo. C’è la complessità delle situazioni umane, quelle personali e quelle comunitarie. Tutto è toccato quando si comunica.
Questa percezione e questa consapevolezza costituiscono una “sapienza comunicativa” mai scontata e sempre da apprendere.
Anche Gionata adotta un codice comunicativo particolare: con esso Gionata entra nel vivo della situazione e contribuisce al formarsi di un contesto diverso, nuovo, inaspettato… Si può dire che conta il “voler bene”, l’amore per una nuova condizione di verità tra le persone.
Nel racconto di Gesù, fatto da Marco agli inizi del suo Vangelo, c’è un quadro riassuntivo che sembra preparare anzi anticipare tutta la vicenda del ministero di Gesù. La Pasqua qui è anticipata. Da una parte colpisce ciò che succede attorno a gesù. impressionante il movimentarsi della gente, di “mota folla”. Gesù deve fare i conti con ciò che gli sta capitando. Per precauzione chiede di avere una barca pronta. Tutti cercano di toccarlo. Circola una forza di guarigione. La gente si getta addosso a lui.
Sono le complessità del nostro comunicare.
Ma, poi, c’è anche un severo monito, da parte di Gesù, a non svelare chi egli fosse. Spesso mi chiedo quanto sia “normativo” per noi in tanti eccessi di comunicazione, questo suo appello e comando…
È anche questo la comunicazione: questi spazi di silenzio che sono gestazione di rapporti nuovi, di conoscenze ulteriori, di incontri profondi.
Mi colpisce quanto Chiara Giaccardi, a seguito del Sinodo dei giovani, scrive: «Al Sinodo dell’ottobre 2018 i giovani hanno portato un lieto scompiglio e ridefinito, con la loro stessa presenza, le regole della comunicazione. Ricordando che la comunicazione non è una funzione, lo strumento per trasmettere efficacemente contenuti, ma è costitutiva del nostro essere relazionali: in quanto tali, siamo anche esseri comunicanti. E non si comunica solo con le parole, ma con tutto il corpo (pensiamo al messaggio potentissimo che Gesù ha mandato lasciandosi bagnare i piedi con le lacrime e asciugarli con i capelli da parte di una donna). Comunicazione e comunione hanno la stessa radice, troppo spesso lo si dimentica. Grazie alla presenza fisica dei giovani, più che le parole scambiate e scritte ha assunto un ruolo cruciale e autenticamente innovatore la dimensione metacomunicativa».