Nelle esequie di don Sergio De Martin Modolado

Omelia a Lorenzago di Cadore
02-05-2018

1Gv 3,18-24; Sal 21; Gv 15,1-8

Don Sergio ci ha, per davvero, preparati ad ascoltare la parola che domenica 29 aprile ha accompagnato e motivato la sua totale e definitiva consegna al Padre:

«In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli».

Da alcune settimane la parola di don Sergio si affievoliva sempre più, fino a diventare un esile soffio impercepibile. È sembrato un dolce e sereno lasciarsi dire da un’altra Parola: quella del Signore Gesù: «Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla».

Il discepolo ha posto tutta la sua vitalità e la sua forza comunicativa nella parola dell’amato maestro: «Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto». Alla fine è rimasta in lui soltanto la parola di Gesù.

Avvicinando don Sergio, nei giorni del suo lento e paziente congedarsi da noi, non si poteva non abbracciarlo. Dai suoi occhi e dal suo volto traspariva una dolcezza che infondeva serenità e pace. Sì, immagino che lui chiedesse al Signore Gesù questo dono per chi lo incontrava.

La vicenda terrena di don Sergio e il suo ministero sono ora custoditi nelle parole che l’apostolo Giovanni ci ha trasmesso: «qualunque cosa [il nostro cuore ci rimproveri], Dio è più grande del nostro cuore». Ancor più durante la sua malattia, don Sergio ci ha voluto rassicurare con questa luminosa professione di fede: «Dio è più grande del nostro cuore».

Oltre a svolgere il ministero di parroco, don Sergio ha compiuto per ben dodici anni anche un servizio delicato nei riguardi di persone particolarmente ferite dal male e dal maligno. Ha svolto in diocesi il ministero dell’esorcista. La delicatezza e la discrezione, con cui ha donato vicinanza e guarigione interiore a tante persone ferite, sono oggi assunte dalla parola rassicuratrice di Gesù: «Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato. Rimanente in me e io in voi».

Mi ha colpito molto negli ultimi incontri, oltre al suo fiducioso sguardo, i gesti che compiva, quando la parola non gli veniva o addirittura non era necessaria o semplicemente arrivava dopo co fatica. Alzava il braccio e con la mano cercava di indicare qualcosa, sembrava venirti incontro, forse nell’atto di benedire. È diventato decisivo per lui nella sua ricerca spirituale quanto abbiamo ascoltato dalla lettera di Giovanni: «Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità».

Le comunità che hanno avuto don Sergio come loro pastore conoscono i “fatti” e la “verità” con cui egli le ha amate. Il comandamento di Gesù – «amiamoci gli uni gli altri» – è diventato, ad un certo punto, una “parola decisiva”, una “parola di vita” a cui don Sergio si è quotidianamente consegnato.

È lui stesso a narrare in un suo diario questo passaggio di vita: «Mi nasceva dentro, come dono dell’amore di Dio, l’esigenza di impostare una pastorale più semplice, costruita sul rapporto profondo con Gesù, dove prendesse il primo posto l’amore al fratello cioè il comandamento nuovo».

Anche la fraternità condivisa con alcuni amici preti è stato un amore “con i fatti e nella verità”. Ha conosciuto, apprezzato e accolto il carisma di Chiara Lubich. Le aveva chiesto per lettera di indicargli una parola da vivere. Ricevette questa consegna presa dall’Apocalisse: «Ecco faccio nuove tutte le cose».

E don Sergio annota: «Così mi capita spesso di dirmi: “sto pensando in modo nuovo? Sto facendo cose nuove alla scuola di Gesù vivo in mezzo noi?”».

La nostra Chiesa di Belluno Feltre pronuncia con il cuore, oggi, il suo rendimento di grazie a Dio, perché riconosce la fecondità e la verità della promessa di Gesù che ha detto: «Ogni tralcio che porta frutto, [il Padre mio che è l’agricoltore] lo pota perché porti più frutto».

Ecco, don Sergio nel suo silenzio amante ci sta incoraggiando – le comunità che l’hanno avuto come pastore; voi fratelli, sorelle e familiari; il nostro presbiterio, il vescovo Giuseppe – con la Parola di vita che lo sta sostenendo e trasfigurando: «Dio è più grande del nostro cuore e conosce ogni cosa».