Nm 6,22-27; Sal 66 (67); Gal 4,4-7; Lc 2,16-21
Nella preghiera di colletta ci siamo rivolti a Dio chiamandolo «Padre buono» e gli abbiamo chiesto: «donaci il tuo Spirito perché tutta la nostra vita, nel segno della tua benedizione, si renda disponibile ad accogliere il tuo dono».
Siamo qui questa sera perché “tutta la nostra vita” sarebbe come un soffio se non ricevesse il dono di essere generata, di essere sostenuta e accompagnata, di essere curata e rialzata nella sua vulnerabilità.
Ci sorprende il dono della vita. È difficile comprenderne l’origine. Ci sfugge la dinamica del suo crescere. Ci risulta impossibile gestirla, perché non è come uno strumento nelle nostre mani.
Nella nota finale del Vangelo di Luca, che abbiamo proclamato, vi è la consapevolezza che la vita non è “un potere” che possiamo rivendicare ed esercitare a nostro piacimento. Si narra che al bambino nato da Maria «fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo». C’è un “prima” nella vita che precede la nostra iniziativa umana. Essa, infatti, ci è consegnata come un dono.
Questa sera anche noi, come i pastori che glorificano e lodano Dio «per tutto quello che avevano udito e visto», desideriamo compiere il gesto e dire le parole della gratitudine al Padre buono che ha stabilito tra noi la dimora di suo Figlio. La sua nascita da Maria manifesta questo “tra noi”. La vita – ecco ciò che non riusciamo a comprendere e a misurare! – diventa “dimora di Dio tra noi”. Sì, questa vita! Così come essa è nelle nostre fragili mani. Perfino quando non ci piace. Anche quando è così debole o sembra non soddisfarci tanto da apparirci ingrata. Proprio lì Dio ha la sua dimora tra noi.
Il titolo riconosciuto a Maria – “Madre di Dio” – esprime questo ammirabile scambio. Il segno del «bambino, adagiato nella mangiatoia» ci dice che ogni vita è “la dimora tra noi” di Dio.
Questa sera insieme esprimiamo il nostro grazie per la vita che inizia, chiedendo e interpellando le nostre storie d’amore, quelle delle nostre famiglie. Oggi si racconta di pochi figli che “vengono alla luce”, che sono “dati al mondo”. Quando la buona notizia di una nascita giunge ai nostri orecchi, non dovremmo esitare di dire grazie a Dio e dallo stupirci. È davvero un inizio da celebrare!
Anche quando la vita si fa debole e suscita paure e crea emarginazione, non dimentichiamo che essa ancor più è “dimora tra noi di Dio”. Se avremo il coraggio di considerare con rispetto e cura chi ha portato su di sé la vulnerabilità e la fragilità della vita, allora cambierà e sarà migliore anche il nostro stare a questo mondo. Nessuno di noi può invocare la propria individuale sicurezza o del proprio gruppo di appartenenza e, in un qualche modo, disimpegnarsi verso la vita altrui. La vita, il suo valore, il suo bene non possono essere messi da parte e tantomeno compromessi per interessi di parte.
Nei giorni scorsi molti sono rimasti scossi dalla vicenda di Giancarlo, trovato morto nella sua emarginata e solitaria dimora, esposto anche all’istintività degli animali a cui era affezionato.
La sua vita ci parla. Essa è molto più di quanto abbiamo potuto noi conoscere e raccogliere della sua vicenda e operare per lui.
Il nostro grazie sconfina per diventare anche un impegno “di” tutti “per” tutti.
Questa sera accanto alla gratitudine, poniamo la nostra preghiera perché ci convertiamo al dono della vita. Per noi la dignità della vita – di ogni vita – abbraccia oltre la terra anche il cielo, perché tutta la nostra vita – a partire dal più piccolo e più fragile tratto di essa – è anche la “dimora tra noi di Dio”.