Nelle esequie di don Stefano Pontil

Chiesa parrocchiale di Frassenè
14-06-2016

1Re 19,9.11-16; Salmo 26; Lc 7,11-17

Ho conosciuto d. Stefano solo in questi giorni.

È il tempo in cui il suo cuore ha raccolto definitivamente l’invito che il salmo 26 attribuisce al Signore: «Cercate il mio volto!». Sono i giorni in cui d. Stefano ha gridato nel suo silenzio, nel suo schivo appartarsi: «Il tuo volto, Signore, io cerco. Non nascondermi il tuo volto […] Sei tu il mio aiuto, non lasciarmi, non abbandonarmi, Dio della mia salvezza». Questa parola, pregata proprio nel giorno di venerdì scorso, ci racconta di lui. Mi è stato detto che d. Stefano era presente nella celebrazione di inizio del mio ministero qui in diocesi. Ho, dunque, un grazie particolare da consegnargli oggi. Sì, immagino che tutti noi – voi suoi genitori, tu suo fratello, voi parrocchiani di Frassenè e di Voltago, voi suoi giovani e ragazzi, voi confratelli preti, voi amici e conoscenti – abbiamo un grazie da collocare lì nell’apertura del suo cuore con cui ci ha sorpresi… Fa pensare il suo gesto finale: si è lasciato andare nell’abbraccio dei suoi ragazzi. Siamo tutti alla ricerca di un incontro che ci accolga, di una vicinanza che ci dia fiducia per poi abbandonarci lì dove ci si sente amati… Venerdì la liturgia ci ha offerto il racconto di Elia, il grande profeta, giunto al monte di Dio. È la parola che ci permette di accostare il camminare inarrestabile di d. Stefano, il suo salire sul monte, il suo cercare.

La parola del Signore è stata puntuale: «Esci e fermati sul monte alla presenza del Signore». Il Signore, dunque, invita a lasciare la caverna dove solitamente si trova riparo nell’oscurità della notte.

Quella mattina don Stefano ha sentito irresistibile il bisogno di uscire, di salire, di cercare dei volti, di stare ad una grande presenza. Il racconto biblico narra: ci fu un vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce davanti al Signore, ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento, un terremoto, ma il Signore non era nel terremoto. Dopo il terremoto, un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Dopo il fuoco, il sussurro di una brezza leggera. Come l’udì, Elìa si coprì il volto con il mantello, uscì e si fermò all’ingresso della caverna. (1Re 19,9a 11-13)

Come tutti noi, anche don Stefano si è imbattuto con vento impetuoso e gagliardo, come anche con terremoto e fuoco… È possibile essere attraversati dentro come da vento gagliardo, da terremoto, da fuoco: nelle profondità del cuore e dei pensieri, nei desideri che ci abitano. A volte così si annodano anche i nostri rapporti e sembra che il vento del nostro impeto, i terremoti delle nostre ragioni e il fuoco del nostro ardore ci tengano lontani gli uni dagli altri. Ma il Signore non era né nel vento gagliardo, né nei terremoti, né nel fuoco… Forse in tutto questo si è trovato ferito anche d. Stefano. Ed ecco nel racconto biblico l’insorgere del “sussurro di una brezza leggera”. È proprio per questa sorprendente leggerezza che Elia si copre il volto con il mantello, esce e si ferma all’ingresso della caverna.Come in una carezza, proteggendo, sfiorando con delicatezza, coprendo… il Signore della vita passa. Gli ultimi gesti di don Stefano, le sue parole, il suo abbandonarsi accanto agli amici e, poi, il suo volto dignitoso e sereno sembrano indicarci che è proprio passato così il suo Signore, colui che egli ha desiderato, a cui ha corrisposto con il suo ministero e che avrebbe voluto ancora cercare per percepirne la presenza nell’atteso e programmato cammino a Santiago de Compostela. Ma la parola che abbiamo ascoltato è brezza leggera anche per voi: mamma, papà, fratello di don Stefano. Lo è per le due comunità affidatele, per il vescovo Giuseppe, per il presbiterio, per me, per tutti…

La tenerezza di Gesù, il suo tocco, il suo invito a non piangere, come ci sono stati raccontati nel brano del Vangelo, è don Stefano stesso che ce li dona. Nel suo ultimo commento al Vangelo, nel foglietto degli avvisi parrocchiali della scorsa settimana, ha scritto: «Incontrando il corteo funebre, Gesù, che si trova sul suo tragitto, è commosso dal pianto inconsolabile della madre. “Vedendola, il Signore ne ebbe compassione e le disse: Non piangere”. Due parole vere, di consolazione umana, che scaturiscono dal cuore colmo di misericordia dell’Uomo-Dio». E aggiungeva: «Quale fiducia ci deve dare l’amore del Signore!». Ci sembra che ora don Stefano ci rassicuri con le parole del salmo: «Sono certo di contemplare la bontà del Signore nella terra dei viventi».

E noi a lui: «Spera nel Signore, sii forte, si rinsaldi il tuo cuore», don Stefano.