At 10,34a.37-43; Sl 117(118); Col 3,1-4; Mc 16,1-7
Nella notte le comunità che hanno celebrato la veglia pasquale hanno rappresentato simbolicamente lo squarcio di luce che si apre nel momento in cui le tenebre vengono sorprese, colpite e gradualmente diradate. L’avanzare del cero pasquale indicava questo venire luminoso. Cristo è stato acclamato come “luce del mondo”. Possiamo dire che è “risorto” anche il grido pasquale dell’alleluia.
In questo contesto evocativo della Liturgia, la proclamazione del racconto di Marco che si riferisce a quel «Passato il sabato […]. Di buon mattino, il primo giorno della settimana» sorprende e sembra trattenere i toni della gioia e attutire la strepitosità dell’annuncio. La Liturgia, poi, ha omesso un ultimo versetto che l’evangelista, invece, contemplava: «Esse uscirono e fuggirono via dal sepolcro, perché erano piene di spavento e di stupore. E non dissero niente a nessuno, perché erano impaurite».
Quanto di reale e di vero c’è in questa ultima nota di Marco! Ed è il fine del suo vangelo, lo scopo che l’evangelista si propone. È come se si rivolgesse a noi e ci interpellasse direttamente e immediatamente: “E voi, come vi sentite coinvolti in quel «Passato il sabato […]. Di buon mattino, il primo giorno della settimana»? Sembra dirci che le donne di cui egli ha raccontato hanno passato il testimone a voi: il vostro è un silenzio di paura? State fuggendo via perché spaventati e stupiti?
Eccoci qui con questa chiamata ad entrare nel Vangelo di «Gesù Nazareno, il crocifisso», così lo chiama quel giovane, seduto a destra dentro il sepolcro, che si rivolge alle tre donne. E veniamo a noi, presi dalle nostre fatiche programmate, similmente alle donne preoccupate di rotolare via la pietra d’ingresso al sepolcro. Loro hanno un carico di olii aromatici e si apprestano ad ungere il corpo di Gesù. Questa cura e gesto d’amore le mette in salvo. Stanno sfidando con atti di bontà e di amorevolezza tutta la violenza e l’ingiustizia che si è scatenata contro Gesù nel suo corpo. L’evangelista ci avverte che sono sulla strada buona.
Ed ecco la novità del sepolcro aperto. Vi entrano. Ma da lì occorre subito aprire un’altra via alla quale ancora le donne non pensavano. La figura di un giovane collocato a destra destabilizza tutti i loro programmi. Si tratta di parole nuove che aprono una breccia che può diventare un’immensità di luce e di vita da portare ovunque. L’evangelista ci ha avvertiti che, prima di entrare nel sepolcro, le donne fanno un gesto premonitore: «Alzando lo sguardo, osservarono che la pietra era già stata fatta rotolare». Quell’alzare lo sguardo dice già una ricerca nuova a cui le donne sono invitate, a cui si dispongono. Nulla di ciò che in precedenza hanno vissuto è messo da parte.
Quel giovane in vesti bianche lo riconosce: «Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso». È il riconoscimento più bello, quello che arreca tanta guarigione dentro di noi, che apre orizzonti di disponibilità alla vita, che arricchisce il nostro sogno di pace, che ci fa desiderare e costruire fraternità, che fa sì che usciamo dai nostri sepolcri di noioso individualismo. Questo cercare umanissimo – anche semplicemente per ungere il suo corpo – è un inizio di risurrezione. È posto lì l’annuncio che ci fa ripartire, riconsegnati alla nostra vita: «È risorto, non è qui. […] andate, dite ai suoi discepoli e a Pietro: “Egli vi precede”».
L’evangelista conosce le possibili nostre paure, quelle che paralizzano e che inducono ad un silenzio di arresto, di scoraggiamento, di rinuncia. Avvertendoci che le donne «non dissero niente a nessuno, perché erano impaurite», ci incoraggia a ricominciare da quello che siamo. Cercheremo di sollecitarci a vicenda, di condurci insieme per mano, di attendere chi è più esitante e si sente più colpito dalle situazioni negative della vita; ci aiuteremo ad attraversare questo tempo di scollamento, di distanziamento, di fragilità e di precarietà a tutti i livelli… nel cercare Gesù Nazareno il crocifisso, anche da di dentro dei luoghi oscuri e dei sepolcri con cui ci imbattiamo. Così il Vangelo entra nella vita, in questa storia di umanità, fermentando l’aspirazione alla fratellanza, nel contesto di una terra che chiede custodia e cura… per aprire ovunque brecce di risurrezione: «È risorto, non è qui […]. Egli vi precede […] come vi ha detto».