Non è una notte di paura questa!

Nel Natale del Signore - Messa della Notte – Cattedrale di Belluno
25-12-2018

Isaia 9,1-6; Sal 95 (96); Tito 2,11-14; Luca 2,1-14

Non è una notte di paura questa! Siamo qui per rassicurarci gli uni gli altri che c’è sempre una notte nella nostra vita in cui il buio non vincerà.

È la notte di gestazione di una Luce che viene ad illuminare. È la notte in cui Dio si lascia avvolgere in fasce.

Ad agire è una donna, Maria. È imbarazzante: c’è un parto e lei è la mamma che partorisce e, nello stesso tempo, l’ostetrica che prende il nascituro e lo svincola dai legami della gestazione.

Un angelo avverte alcuni pastori che vegliavano il loro gregge: «Troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia».

Nient’altro! Dio è “fasciato”, si è lasciato avvolgere tra le mani di Maria che non ha nulla se non ciò che una mamma nel suo amore previdente porta con sé. In quella stalla c’è soltanto la mangiatoia. Lì è deposto il bambino appena nato. Quella mangiatoia è degna di un Dio avvolto in fasce: è un infante che non ha la capacità neppure di parlare.

Non c’è umanità più grande della tenerezza di quella donna.

Nel cuore di quella notte il Dio delle antiche promesse sta svelando ciò che è rimasto nascosto dagli inizi. Nelle fasce in cui si lascia avvolgere è raccolto il suo immenso mistero, quello che a volte ci dà tanto timore.

È la “notte di Dio”: una donna che partorisce, un bambino avvolto in fasce, una mangiatoia dove viene deposto.

Riconosciamo in Maria l’umanità abbracciata da Dio, quell’umanità buona che ci è stata donata e affidata: a ciascuno, a tutti! Così l’ha pensata e creata il Signore del cielo e della terra.

Ora guardiamoci attorno: che cosa abbiamo perseguito e costruito nel nostro vivere?

In noi non c’è forse il grande bisogno di quella tenerezza che è lavorata dalle mani di Maria, dal suo sguardo stupito, dal suo dolore che trasuda gioia?

Ecco dove si è giocata l’immensità di Dio.

In quella notte – racconta l’evangelista Luca – accorrono nella stalla del parto alcuni pastori. L’angelo annuncia loro «una grande gioia».

Ma dove cercare quella felicità il cui vuoto ci inquieta?

Forse abbiamo bisogno di attraversare per davvero questa “notte di Dio”, così da ritrovare la nostra umanità per la quale Dio diventa un bambino in fasce, adagiato in una mangiatoia.

Permettete che io accosti a Maria, alle sue mani di mamma e di ostetrica, al suo sguardo di meraviglia, al suo cuore disponibile, quanto mi ha raccontato ieri una donna di origine mussulmana. Si riferiva alla profonda amicizia costruita tra alcune famiglie di cristiani e famiglie di mussulmani: «Sono grata di questa amicizia che ci lega, perché è la forza che porto con me in tante situazioni in cui sono io emarginata per la tradizione culturale e religiosa da cui provengo. Voi siete la mia forza e la mia fiducia».

Nel Natale – in quella notte in cui un bambino in fasce è deposto nella mangiatoia – Dio ha scelto di “umanizzarsi”. Non c’è un’altra strada di felicità.

Aiutiamoci. C’è molto da umanizzare in noi e attorno a noi! Come ha fatto Maria, attraverso le sue mani con le fasce che portava con sé, in quella mangiatoia… con la nostra vita, così umana come Dio l’ha pensata e amata!