Scorgere l’estensione di questo abbraccio di Dio

Te Deum laudamus: alla fine dell'anno civile, solennità Maria Madre di Dio
31-12-2022

Nm 6,22-27; Sal 66 (67); Gal 4,4-7; Lc 2,16-21

Il Signore della Vita oggi ha visitato la sua Chiesa accogliendo Benedetto XVI, papa emerito, nella pienezza della sua Pasqua. La liturgia esequiale adotta l’immagine degli affetti e rivolgendosi a Dio Padre parla di “abbraccio della sua misericordia” in cui si viene accolti. È bello per noi immaginare che la parabola della nostra vita giunge a compimento nell’abbraccio di Dio, lì dove si sciolgono le paure, le rigidità, le resistenze, gli ostacoli, il peccato, la morte; lì dove è possibile abbandonarsi e lasciarsi amare. In tutte le modulazioni del pensiero e della parola, Benedetto XVI ha inteso svelare che Dio è amore.

Siamo qui alla fine di un anno civile non facile, attraversato da turbini che hanno manifestato violenze di ogni genere: non dimentichiamo certo le guerre, anche alle porte dell’Europa, ma non solo; come anche non possiamo non provare un dolore lacerante per le violenze perpetrate a donne e bambini e a quanti – tra i giovani in particolare – si sono votati alla causa dei diritti umani pagando con la vita, cercando il bene della dignità umana per tutti, in particolare per gli indifesi e per i più poveri, sospirando e invocando la fraternità tra i popoli.

Nel grido del Figlio: «Abbà, Padre», che lo Spirito semina in noi, riconosciamo l’umanità tutta che cerca e anela l’abbraccio di misericordia che fa vivere. Il Figlio mandato da Dio «nato da donna», a cui si riferisce Paolo nella lettera ai Galati, è proprio quel bambino che, in questi giorni del Natale, abbiamo contemplato – come racconta il vangelo odierno – accanto a Maria e Giuseppe.

Mi chiedo come quel Padre di misericordia ora, in questa celebrazione, ci metta dinnanzi l’anno vissuto. Forse vuole ribaltare i nostri pensieri, i nostri sentimenti, i nostri desideri. Cosa hanno potuto vedere e udire i pastori, di cui narra l’evangelista Luca, tanto da tornare «glorificando e lodando Dio»? Trovarono «Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia» a rappresentare l’abbraccio della misericordia del Padre.

È la sfida più radicale che il Vangelo mette davanti a noi. Saremo in grado, questa sera, nel concludere l’anno civile 2022, di scorgere l’estensione di questo abbraccio di Dio, in noi, nelle nostre case, in comunità, tra i mille volti incontrati, nelle situazioni più o meno favorevoli in cui ci siamo trovati?

Mi ha molto colpito in questi giorni un incontro particolare con un confratello prete, che mi ha raccontato il momento in cui la sua vita si è aperta, liberata, ritrovando la bellezza per cui gli era stata donata. Mi ha detto: «Non c’è nient’altro da fare: occorre arrivare a perdonare il passato». Poi mi ha consegnato una croce, vuota, dove c’erano delle gocce di oro proprio lì dove avrebbero dovuto esserci le ferite sanguinanti del crocifisso. Un piccolo biglietto portava scritto: «Non un crocifisso ma il vuoto, il risorto, l’infinito. Unica eredità: l’oro nelle ferite».

Sì, cerchiamo l’unica eredità: le gocce d’oro dell’abbraccio di misericordia di Dio lungo tutto questo anno. È l’oro dell’amore che non è mancato nel mondo, è l’oro del perdono che genera luce.

Paolo ci ha detto: «Non sei più schiavo, ma figlio e, se figlio, sei anche erede per grazia di Dio». Ecco l’oro sulle nostre ferite!

In questo anno anche la Beatificazione di Giovanni Paolo I ci è stata riversata come goccia d’oro sulle nostre ferite.

Te Deum Laudamus.