Carissimi,
vi raggiungo con questa lettera, anche se c’è stata l’opportunità di comunicare tra noi con le celebrazioni trasmesse in diretta, attraverso il sito diocesano – che vi sollecito a frequentare – poi, attraverso Telebelluno e la pagina Facebook dell’Amico del Popolo.
Ora mi sta a cuore rivolgermi in modo specifico a voi vicepresidenti dei Consigli pastorali parrocchiali innanzitutto per formulare un augurio pasquale che possa estendersi lungo tutto questo “tempo nuovo” che si compirà con la celebrazione della Pentecoste. Vorrei, però, rivolgere l’augurio che riprendo dalle parole del Risorto – «Pace a voi!» – innanzitutto alle vostre famiglie, ma anche alle persone che formano il Consiglio pastorale parrocchiale o unitario di cui siete vicepresidenti.
Ci sentiamo tutti in una condizione di “messa alla prova”, per il fatto che nulla di quanto ci è successo, a partire dal 21 febbraio scorso, si poteva immaginare e tantomeno programmare. Questo tempo l’abbiamo vissuto con un sovrapporsi di sentimenti e di interrogativi che a volte contrastavano tra di essi. Certamente il primo pensiero va a persone che conosciamo e che hanno attraversato le conseguenze del contagio. Nel nostro contesto tutto questo è avvenuto in forme vigilate e condotte da parte delle istituzioni e del personale sanitario. Quanto è avvenuto in Lombardia, dove il contagio e le conseguenze sono stati molto pesanti, ci ha molto addolorato. Il pensiero delle tante persone che in questo periodo hanno concluso la loro vicenda terrena, in questa condizione di forzato isolamento, ci sconforta e ci fa sentire smarriti interiormente. Se ci guardiamo attorno, nel nostro territorio, cogliamo preoccupazione particolare attorno alle case di soggiorno per anziani. Un pensiero di grande gratitudine e ammirazione va alle persone dedite al servizio sanitario negli ospedali e al personale di queste case per anziani.
Ora permettete che lo sguardo si orienti anche sulle nostre comunità ecclesiali. Quest’anno abbiamo “fatto Pasqua” in modalità inedite. Quello che abbiamo cercato di attivare per tenere vivo il senso di essere Chiesa è stato un bene grande che non va valutato e tantomeno giudicato in base al “mi piace” individuale, ma allo spirito e allo stile che gli stessi orientamenti pastorali hanno ispirato fin dall’inizio dell’anno pastorale: Camminiamo insieme sulla via del Vangelo. Abbiamo sperimentato che la via del Vangelo ha una sua “imprevedibilità”, non si adatta all’ “abbiamo sempre fatto così”, riportandoci, invece, sulla strada del buon Samaritano… Abbiamo così riscoperto aspetti della vita cristiana che pensavamo marginali o poco significativi. Mi riferisco anche alle modalità con cui abbiamo celebrato il Triduo pasquale, ma non solo.
Il tempo che ci sta dinanzi è ancora di grande impegno di tutti a contenere al massimo il contagio. È inutile ricordarci che la nostra fede ci chiede di essere realmente solidali e di volerlo con tutte le possibilità che abbiamo. Il «ma liberaci dal male», con cui si conclude la preghiera del Padre nostro, non è solo una richiesta che presentiamo al Padre, ma sta alla base della nostra testimonianza al Vangelo e della nostra partecipazione responsabile alla “venuta del Regno di Dio”.
Desidero, inoltre, ringraziarvi per quello che avete potuto fare in collaborazione con i vostri parroci per il bene delle comunità che siete chiamati a servire in forza del mandato da loro ricevuto. Estendete questo ringraziamento agli altri membri del Consiglio pastorale e alle persone che hanno svolto dei servizi particolari. Continuiamo su questa strada. Si apre una stagione pastorale di intenso discernimento in cui chiederci che cosa lo Spirito del Risorto stia dicendo alla sua Chiesa. Vi incoraggio ad aprire questo discernimento personalmente, con i vostri parroci, in Consiglio pastorale e, possibilmente, anche in comunità.
Potremmo darci alcune indicazioni a riguardo:
- Non si tratta di giungere a delle conclusioni, anzi vi suggerisco di non avere questa fretta e, piuttosto, evidenziare aspetti scoperti o ritrovati dell’esperienza di fede.
- Ascoltarsi a vicenda sul modo con cui abbiamo vissuto quanto sopra evocato.
- Guardarsi attorno e riconoscere forme di bisogno e di povertà che interpellano la carità della comunità.
- Successivamente, a livello foraniale e poi diocesano, promuovere un confronto e comporre insieme quanto elaborato e, di conseguenza, maturare degli orientamenti e fare delle scelte comuni.
- In tutto questo è decisiva l’apertura del cuore allo Spirito da parte di ciascuno come anche delle nostre comunità.
Oggi nel Vangelo di questo venerdì dell’Ottava di Pasqua, la liturgia ci ha fatto leggere il racconto di Giovanni 21,1-14. L’evangelista dice che si tratta della «terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo essere risorto dai morti». E siamo già in Galilea, sul lago di Tiberiade, che è il luogo dove i discepoli avevano iniziato a seguire Gesù. Ora Gesù, dopo la sua risurrezione, li invita e li fa suoi commensali in riva al lago. Dice loro: «Venite a mangiare», dopo di aver chiesto che portassero «un po’ del pesce» appena pescato. È incoraggiante per noi questo suo invito che manifesta anche il suo restare con noi.
Ed ecco un breve commento che riporto dal sito di Bose:
«Anche per noi oggi questa parola sia fonte di speranza, siamo chiamati a ricominciare, ma in modo altro, a riscoprire la comunione ricordando le origini e rinnovando le nostre relazioni comunitarie illuminate dalla presenza del Risorto in mezzo a noi. Egli conosce la nostra povertà, ci invita a mangiare e a condividere il frutto delle nostre fatiche che nelle sue mani diviene nutrimento della nostra comunione perché con spirito nuovo possiamo orientare lo sguardo al futuro sapendo che lui, il Risorto, è sempre con noi fino alla fine (cf. Mt 28,20)».
Augurando a ciascuno di riprendere speranza e gioia, vi benedico
Belluno, 17 aprile 2020
+ Renato Marangoni