Siamo qui perché lui ci ha desiderati

Omelia nella Messa del Crisma – Giovedì Santo
06-04-2023

Is 61,1-3a.6a.8b-9; Sal 88 (89); Ap 1,5-8; Lc 4,16-21

«Sei giorni prima della Pasqua, Gesù andò a Betania […] qui fecero per lui una cena: Marta serviva e Lazzaro era uno dei commensali. Maria allora prese trecento grammi di profumo di puro nardo, assai prezioso, ne cosparse i piedi di Gesù, poi li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì dell’aroma di quel profumo» (Gv 12,1-3). Senza quel profumo, espanso in tutta la casa, senza le mani delicate di Maria che accarezzano i piedi impolverati di Gesù, senza il gesto spontaneo e desueto con cui Maria con i suoi lunghi e folti capelli avvolge e asciuga quei piedi inondati di puro nardo, oggi non potremmo essere qui anche noi con dell’olio profumato sul nostro capo e sulle nostre mani. Siamo discepoli e discepole del Signore per questi segni eccedenti, inspiegabili, intensi che Gesù ha ricevuto – «Lasciala fare […] non sempre avete me» (Gv 12,8) – e che Gesù ha voluto altrettanto compiere – «Prima della festa di Pasqua Gesù […] si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli» (Gv 13,1-5).

Amici e confratelli presbiteri, ecco dove si rigenera, si rinnova, si abbellisce il nostro ministero! Senza il profumo della stima e del voler bene, senza le mani protese a cospargerlo, senza la cura nell’asciugare, abbellire e incoraggiare, senza i luoghi preparati e imbanditi di amicizia e ospitalità come la casa di Betania o il vicino cenacolo, senza tutto questo perderemmo il cuore, il sentire, lo stile, l’affetto di Gesù. A che serve poi tutto il resto?

Ieri l’evangelista Matteo, nel racconto di quel «primo giorno degli Azzimi» quando «i discepoli si avvinarono a Gesù e gli dissero: “Dove vuoi che prepariamo per te, perché tu possa mangiare la Pasqua?”», ci ha riportato anche le indicazioni e il desiderio di Gesù: «Andate in città da un tale e ditegli: “Il Maestro dice: Il mio tempo è vicino; farò la Pasqua da te con i miei discepoli”» (Mt 26,17-18).

Ci commuove che Gesù abbia voluto fare la Pasqua con i discepoli. Noi siamo qui perché lui ci ha desiderati. Ha pensato e atteso di fare la sua Pasqua con noi. Nasciamo dal suo desiderio. Nessuno di noi può vantare di esserci tra i discepoli a titolo suo, per sua bravura, per suo orgoglio, per suo merito. Il Signore Gesù non bada a tutto questo: ci fa essere discepoli in quanto “desiderati” da Lui. Il suo desiderio colora di affetto e di gioiosa la chiamata e la missione. Vale per tutti noi presbiteri, per me vescovo, ma vale altrettanto per ciascun cristiano, per le nostre comunità, tutte: ci siamo in quanto desiderati e desiderate da Lui.

Perché noi oggi siamo qui ancora a fare Pasqua con il Signore, in questo tempo difficile, nel terreno in cui ancora non vediamo germogliare e crescere la semente lì dove l’abbiamo gettata? Siamo qui per Lui e per la sua confidenza d’amore: «Il mio tempo è vicino; farò la Pasqua da te con i miei discepoli».

Gli olii che oggi benediciamo saranno cosparsi nei corpi dei catecumeni, dei battezzati, dei ministri ordinati, degli ammalati per ungerli di questo desiderio amante di Dio. Come a dire loro: Ecco il Signore desidera fare la sua Pasqua con i suoi discepoli, con te, con voi; per questo ti abbellisce, ti guarisce, si prende cura di te, ti invia a compiere e donare altrettanto.

Di conseguenza c’è una domanda che si apre nei nostri pensieri, ma anche nel nostro cuore di discepoli e discepole; la sentiamo anche circolare nei nostri discorsi, nel nostro incontrarci; essa attraversa tutta la nostra pastorale: come possiamo noi oggi corrispondere al desiderio di Gesù e, dunque, fare Pasqua con lui? Sì, è bene per noi entrare tante volte nella sinagoga di Nazareth, come ha narrato l’evangelista Luca. Sentiamo il bisogno di guardare a Lui, di ascoltarlo, di cogliere da lui quel “fare Pasqua” in cui ci coinvolge come suoi discepoli. Luca narra che Gesù, come al suo solito in sinagoga si alzò a leggere la Scrittura. Gli passano il libro di Isaia, ma è Lui che cerca e prende una particolare profezia nella quale Egli si riconosce e con cui ci svela la sua vocazione e ci comunica anche la sua missione: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi e proclamare l’anno di grazia del Signore» (Gv 4,18-19).

La sua vocazione e la sua missione, il suo “fare Pasqua con noi”: tutto questo si chiama “Vangelo”. È la sua vita partecipata e donata a tutti, ma anche – giorno dopo giorno – diventa il nostro vivere, ovunque e con tutti.

Ora al presbiterio è richiesta la rinnovazione delle promesse presbiterali. Si riferiscono al giorno in cui la Chiesa li ha ordinati preti. Tutta questa assemblea guarda con affetto e amore a questi suoi ministri, similmente a ciò che avvenne nella casa di Betania.

Vorrei pensare che in questa rinnovazione, cari confratelli, ci sia anche la promessa a darci vicendevole fiducia nel cammino ecclesiale che stiamo compiendo, anche per i passi che faremo nei prossimi mesi con il rinnovo dei Consigli pastorali a preparare un futuro che confidiamo sia illuminato e confermato dallo Spirito del Signore.