Sera d’intimità profonda e drammatica

Omelia nella Cena del Signore – Giovedì Santo
06-04-2023

Es 12,1-8.11-14; Sal 115 (116); 1 Cor 11,23-26; Gv 13,1-15

È una sera d’intimità profonda e drammatica. A caratterizzarla c’è qualcosa di inaudito e che non comprendiamo. Una parola che ci fa male e che non vorremmo mai raccontasse di noi, lo rappresenta. L’apostolo Paolo la riporta così: «nella notte in cui veniva tradito»; mentre l’evangelista Giovanni la esprime in questa forma: «quando il diavolo aveva già messo in cuore a Giuda di tradirlo». Ci si riferisce a Gesù in quella sera che apre la fase in cui Egli viene processato, condannato e messo a morte.

Noi in questa celebrazione siamo in quella situazione, alla cena di Gesù con i “suoi”, momento tanto atteso e desiderato da Lui. Tradire è manomettere l’amore, da cui la nostra vita dipende, fino al punto di contrastarlo e snaturarlo, fino al punto di distruggere la vita stessa a cui si è legati. Quasi sempre si tratta di una persona a cui si è voluto bene, a volte un ideale, un progetto, una situazione per cui ci si è spesi e votati.

Non dobbiamo ignorare il buio assoluto reso possibile da questa forza distruttrice del tradire. Questo ci permette di cogliere ciò che avviene in Gesù.

È nel tradimento subito che Gesù inverte e ribalta questa brutta storia che l’umanità ha esperito e che anche può intaccare le nostre piccole storie.

Gesù, in quel buio in cui è precipitato, ha conosciuto alla radice il male oscuro dell’essere tradito, si è scontrato con le tenebre che oscurano la vita, l’opera bella di Dio, il “molto buono” che Dio ha creato nella nostra umanità.

Ed ecco proprio in questo precipizio c’è una cena chiesta da Gesù con del pane su cui rendere grazie e da spezzare per darlo da mangiare, c’è un calice di vino a cui bere. È l’ora in cui Gesù «amò sino alla fine». Ed Egli sapeva «che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre». Tutto si deve ricomporre in questo passare al Padre. Il mondo così non sarà più sopraffatto o negato. Gesù lo fa passare al Padre attraverso il parto dell’amore di quella notte, della sua Pasqua.

Nella cena in cui Gesù veniva tradito avviene il parto di una nuova Vita che rigenera tutti e tutto. È la Nuova alleanza, dice Paolo. L’evangelista accosta mirabilmente l’opera rigeneratrice che viene dal Padre e i gesti, gli atteggiamenti, lo stile, le scelte, le parole che compie Gesù verso i discepoli: «Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugamano di cui si era cinto».

A Pietro recalcitrante, Gesù rivolge una nuova sorprendente chiamata: «Se non ti laverò, non avrai parte con me». Inaspettato e sorprendente Gesù nel coinvolgere Pietro: il mondo così passa al Padre; la vita, tutta quanta, è liberata nell’amore e per l’amore; e noi, come Pietro pur nella fragilità e nell’incertezza, abbiamo parte con Gesù; non siamo più schiavizzati dal male, traditi da un inganno ancestrale, ma siamo liberati come figli e figlie ritrovati, passati da morte a vita.

Siamo nel cuore di quella sera, preludio della Pasqua: «Ogni volta infatti che mangiate questo pane e bevete al calice, voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga».

Che ogni Eucaristia che celebriamo ci inebri nella Pasqua del Signore, finché egli venga!

Ci dia la libertà e il coraggio di aver parte con Lui: «Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come ho fatto a voi».