Sperare è lasciare e accogliere

Omelia di fine anno civile nella solennità Maria Madre di Dio - Con il Te Deum laudamus
31-12-2023

Nm 6,22-27; Sal 66 (67); Gal 4,4-7; Lc 2,16-21

 

In un “batter d’occhio” stasera passiamo da quello che rappresenta la parola “fine” a ciò che comporta la parola “inizio”. Dunque, finire e iniziare: così accostati i significati sono ciascuno necessario all’altro. Se ci guardiamo bene ogni giorno noi finiamo e iniziamo. C’è sempre un pezzo di noi che finisce e un pezzo che inizia. La nostra vita è in questo gioco. Impararlo, sperimentarlo, allenarsi in esso, diventarne competenti è l’arte di vivere. Anche in questa celebrazione in cui chiudiamo l’anno, vi si scorge subito anche l’inizio, perché l’impulso a ricominciare è proprio del vivere.

Vorrei cogliere ciò che significa e comporta per noi finire e iniziare. E mi pongo anche sui significati che la fede ci fa scoprire.

Lo sperimentiamo ogni giorno quando in noi o attorno a noi qualcosa finisce: occorre “lasciare”. È un verbo della vita “lasciare”. Noi siamo nati perché nostra madre ci ha lasciati. Noi siamo cresciuti perché abbiamo lasciato parte di noi. Anche nella fede è decisivo lasciare per crescere e dare vita. In Lc 15,4, in forma di parabola, Gesù si rivolge ai discepoli così: «Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova?».

Sì, occorre chiederci al termine di un anno che cosa abbiamo imparato a lasciare per vivere e per far vivere. Dovremmo arrivare anche a chiederci: che cosa lasciare per amare davvero? La nostra possibilità di lasciare diventa la nostra chiamata a generare. La dinamica del donare deriva dalla libertà e dal coraggio di lasciare. In questa celebrazione la nostra contemplazione si focalizza su “Maria madre di Dio”. Potremmo dire che Maria lasciando se stessa ha fatto sì che noi ricevessimo – come abbiamo detto nella preghiera di colletta – «l’autore della vita, Cristo» Figlio di Dio. Le parole finali del vangelo appena proclamato narrano questo “lasciare” da parte di Maria: «Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo».

Ci auguriamo oggi di finire un anno, avendo lasciato parte di noi, parte di ciò che avevamo, per far sì che altra vita fosse generata, che ne derivasse una scia di bene, di bellezza, di tenerezza, di umanità, di speranza. Se ci guardiamo come comunità ecclesiale, ma anche come società, come popolo dovremmo seriamente chiederci se abbiamo saputo lasciare parte di noi per le nuove generazioni, per il loro futuro, per la loro gioia…

Ed ecco allora il significato dell’altra parola che si combina con il finire: è l’iniziare che in questa stessa celebrazione ci viene prospettato. Anche a riguardo cerchiamo il suo significato profondo che la fede evidenzia. Iniziare è accogliere. Non siamo i creatori della vita. Iniziarla per noi è accoglierne il dono. Ancora la figura di Maria, come viene descritta nel Vangelo appena proclamato, ci dà l’intonazione di un inizio consapevole e umile, a misura della vita, dunque accogliente. Quel figlio che lei contempla unitamente allo stupore dei pastori: è il dono di Dio che ha accolto, è un’altra vita che ha trovato accoglienza nel suo grembo ed ora depone nella mangiatoia del mondo. Nessuno di noi vive se non accoglie innanzitutto.

Eccoci qui nell’attesa di iniziare un nuovo tempo. Si tratta di accoglierlo, di riconoscerlo come dono che ci stupisce, che ci scuote, che ci chiama. Sia così questa nostra Eucaristia, a partire da questo rendere grazie. Nel canto del Te Deum diremo: «Ogni giorno ti benediciamo, e lodiamo il tuo nome nel mondo e in eterno. […] Sia su di noi, Signore, la tua misericordia […]. In te, Signore ho sperato: non sarò confuso in eterno».

Sperare è lasciare e accogliere, ovunque, anche nelle nostre comunità ecclesiali. Grazie perché avete lasciato e accolto. Vi auguro di nutrire e portare speranza lungo il corso del nuovo anno in cui non mancherà la verità e la dolcezza della misericordia del Signore!