La 15ª edizione degli Esercizi spirituali comunitari itineranti (ESCI) da Cencenighe a Canale d'Agordo

La mitezza di don Albino nel cammino degli “Esci”

Le riflessioni lungo il cammino proposte dal vescovo Renato

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La 15a edizione degli Esercizi Spirituali Comunitari Itineranti (ESCI) sul Cammino delle Dolomiti, organizzata dalla consolidata equipe diocesana che promuove questa iniziativa, si è svolta in un solo giorno, sabato 20 agosto, come nei precedenti due anni, per la situazione particolare legata alla pandemia. Il gruppo è partito da Cencenighe, ha raggiunto Celat di San Tomaso e, da qui, percorrendo a ritroso parte della tappa 10 del Cammino delle Dolomiti, è passato per forcella San Tomaso, San Simon di Vallada, Andrich e Toffol, con una deviazione a Carfon, per arrivare infine a Canale d’Agordo.

I partecipanti

Il gruppo dei 54 pellegrini era costituito in prevalenza da persone provenienti dalla provincia di Belluno, da altre province del Veneto (7 da Treviso, 5 da Vicenza) e da 2 affezionati “amici di pigna” di altre regioni (Trentino, Toscana); 14 le coppie di sposi che hanno scelto di camminare assieme anche in questa giornata particolare; 5 i “nuovi” che hanno vissuto per la prima volta questa esperienza; alcune persone si sono unite al gruppo solo per alcuni tratti del percorso; oltre ad alcuni membri della comunità di adulti scout (MASCI) “Le dalmede” di Belluno – Feltre, presente anche Stefano Perale, Direttore dell’Ufficio diocesano di pastorale sociale e del lavoro, che ha dato il patrocinio alla giornata.

Il percorso

Partito da Cencenighe, seguendo la Digressione E, il gruppo si è fermato a Fontanelle per un primo momento di riflessione. Saliti a Celat di San Tomaso, i pellegrini sono stati accolti da don Luis Canal, amministratore parrocchiale; Marco Rossi ha presentato alcune notizie sulla chiesa di San Tomaso e ha dato un breve saggio all’organo Callido, prima di un gradito momento di ristoro, allestito grazie alla collaborazione dei parrocchiani, presso la ex-sede della Scuola dei Battuti. Dopo la sosta è iniziata la salita, lungo il nuovo percorso tematico “Dolomiti rock miniatures” con rappresentazioni scolpite su roccia delle principali cime dolomitiche, fino a raggiungere forcella San Tomaso, per una breve sosta, con momento di preghiera e riflessione. Ripreso il cammino, in discesa, si è raggiunta la chiesa di San Simon, dove, dopo il pranzo al sacco, il sindaco di Vallada, Fabio Luchetta, ha salutato il gruppo, ricordando i tragici eventi di guerra, avvenuti sabato 20 agosto 1944 in Val del Biois e ha partecipato alla Santa Messa, presieduta dal vescovo Renato Marangoni. Al termine della celebrazione, Cesare Andrich ha illustrato la storia della vicina Scuola dei Battuti, recentemente restaurata, in modo davvero pregevole. Ci si è quindi diretti a Carfon, con una breve sosta per una visita al nuovo Museo etnografico, con la guida di Giorgio e Mario De Pra.

Il sentiero in discesa ha quindi condotto i pellegrini a Canale d’Agordo. Qui il gruppo si è riunito nella chiesa parrocchiale di San Giovanni Battista, per un saluto del dott. Loris Serafini, direttore del MUSAL (Museo Albino Luciani), a cui è seguita, divisi in due gruppi, la visita al paese e alla casa natale di Albino Luciani. Prima del rientro in corriera di linea a Cencenighe c’è stata la tradizionale consegna della pigna di larice, simbolo del Cammino delle Dolomiti e di un piccolo porta-chiavi, a ricordo dell’intensa giornata.

Il tema: la forza della mitezza

Il pellegrinaggio si è svolto quest’anno nel giorno di san Bernardo il quale diceva: «Troverai più nei boschi che nei libri. Gli alberi e le rocce ti insegneranno cose che nessun maestro ti dirà». Lungo il cammino ci sono stati tre momenti di riflessione, proposti dal vescovo Renato Marangoni, centrati sulla spiritualità di Albino Luciani, nell’imminenza della beatificazione.

A Fontanelle è stata presentata la sua fede, radicata nella vita e nel riferimento costante a Gesù; il suo motto episcopale “Humilitas”, umiltà, è spiegato con il richiamo alla mitezza evangelica proposta da Gesù quando disse: «Imparate da me che sono mite e umile di cuore» (Mt 11,29). La mitezza è stata vissuta da Albino Luciani nel suo stile di relazione e di comunicazione con gli altri. Egli ha riconosciuto che il Signore può fare grandi cose «scrivendo su di me» come sulla polvere: così disse nel discorso d’ingresso come vescovo a Vittorio Veneto.

La forza della sua mitezza, mutuata dallo stile di Gesù, esemplificata dal bellissimo incontro con il chierichetto di Malta, che molti ricordano, era presente anche in molte altre occasioni, come in un discorso, poco noto, fatto nella Quaresima del 1961, rivolto ai predicatori: lo stile delle omelie non dovrebbe essere pieno di luoghi comuni o toni aggressivi di biasimo, che comunicano ai fedeli amarezza e irritazione; la predicazione del Vangelo, come faceva il suo vescovo, Giosuè Cattarossi, deve coinvolgere non solo l’intelligenza del sacerdote, ma anche «il suo cuore e la sua sensibilità», dando “pane” e non “pietre”, suscitando in chi ascolta la certezza che «quello là ci crede davvero!».

Durante la celebrazione eucaristica a San Simon il vescovo Renato ha sottolineato come la parola del Vangelo del giorno ben rappresenti don Albino: «Chi si umilia, sarà esaltato». Tutti siamo invitati, come lui ha fatto, a cogliere i segni, gli appelli del regno di Dio già posti nella storia; la grande sfida della stagione che viviamo è questa: «siete tutti fratelli» (Mt 23,2).

Un gesto

È ormai consueto che gli ESCI siano anche un’occasione per un gesto di solidarietà: quest’anno ai pellegrini è proposto un contributo a favore di un’attività per la minoranza etnica del popolo dei Pigmei del Congo, seguita da don Flavio Pante e sostenuta dal Centro missionario diocesano.

Francesco Laveder