A cura di don Claudio Centa

1354, la nomina del vescovo Jacob Goblin

21 novembre 1354: come mai venne scelto un boemo a reggere le nostre diocesi?

Facebooktwitterredditpinterestlinkedinmail

Nella precedente puntata ho cominciato a presentare la Lettera apostolica che assegnava le diocesi di Belluno di Feltre a Jacob Goblin. Dico “cominciato” in quanto mi sono dilungato nel commento diplomatico dell’importante documento pergamenaceo. Ora la seconda parte della puntata dedicata a questa fonte.

Commento storico

Il provvedimento contenuto nel documento papale è il seguente: papa Innocenzo VI assegna le diocesi di Belluno e di Feltre a Jacob Goblin. Questa semplice riga nei suoi tre elementi che la compongono (soggetto, complemento oggetto e complemento di termine) ha alle sue spalle una ricchezza storica straordinaria. Facciamo una “analisi logica storica”.

Complemento oggetto: le diocesi di Belluno e di Feltre

Colui che viene nominato vescovo è nominato non per una sola sede episcopale, ma per due. Le diocesi di Belluno e di Feltre dalle prime attestazioni certe che possediamo (VI secolo) ebbero una vita e sviluppo autonomo (come si può vedere nel profilo storico che ho scritto per questo sito).

Fu nel Basso Medioevo che esse si trovarono, benché rimanendo due enti distinti, sotto l’autorità dello stesso vescovo. L’unione ebbe inizio alla fine del XII secolo, dopo il 1197 (anno della morte di battaglia del vescovo di Belluno Gherardo de Taccoli) e prima del 1200 (anno del primo documento che ci attesta un unico vescovo per ambo le sedi: Anselmo da Breganze). La guida delle due diocesi sotto un comune vescovo ebbe origine per motivi politici e durò per due secoli e mezzo.

A partire dal 1449 i Bellunesi, cercando e ottenendo l’appoggio del governo veneto, al quale la loro città era soggetta da quattro decenni, inoltrarono pressanti istanze a Roma al fine di tornare ad avere un loro vescovo e non esser più guidati da un vescovo in comune con Feltre. Belluno reiterò per un decennio le sue istanze per tornare ad essere ecclesiasticamente autonoma e separata da Feltre e finalmente le sue richieste vennero in parte esaudite nel 1460. In quell’anno papa Pio II assegnava le due sedi di Belluno e di Feltre a Francesco da Lignamine, in precedenza vescovo di Ferrara, con la clausola che alla prima vacanza (o per morte o per trasferimento del vescovo Francesco) le due diocesi sarebbero tornate ad avere ciascuna il proprio vescovo.

Ahinoi per il povero vescovo Francesco, ma vien da dire che la Provvidenza non fece attendere molto i Bellunesi: appena due anni dopo il vescovo morì in quel di Roma (da dove non si era mai spostato per venire nel nostro territorio) e così la diocesi di Belluno venne assegnata al veneziano Ludovico Donà e quella di Feltre al trevigiano (ma teramano d’origine) Teodoro de Lellis.

Soggetto: papa Innocenzo IV

Cosa di più scontato per l’uomo d’oggi che sia il papa a nominare i vescovi, ad assegnare le diocesi. Ma tale prassi canonica è relativamente (pensando che la Chiesa esiste da duemila anni) recente. Facciamo questo paragone: se i 2.000 di storia della Chiesa si potessero comprimere in una giornata (quindi in 24 ore) l’intervento del papa a nominare i vescovi comparirebbe alle 16.00, cioè alle quattro del pomeriggio: per due terzi della giornata il papa nulla autorità ha avuto nel nominare i vescovi.

Nella Chiesa antica i vescovi venivano scelti dai fedeli e dal clero della diocesi (andate alla ricerca di cosa accadde a Sant’Ambrogio e a San Martino, per dire). Non starò certo a fare la storia dell’evoluzione della nomina dei vescovi, ma ricordo solo due date del Basso Medioevo.

1122: il concordato di Worms, che poneva fine alla Lotta per le Investiture, aveva ristabilito il principio che i vescovi dovevano essere eletti canonicamente. Si riprese così l’antica prassi per cui i vescovi venivano eletti da tutto il clero diocesano.

1215: il IV Concilio Lateranense recepì una prassi che dal 1122 si era andata facendo strada nella Chiesa e la canonizzò: il diritto di eleggere il vescovo era riservato ai canonici del Capitolo della cattedrale.

Ma dalla fine del Duecento i pontefici andarono promulgando delle “riserve”, cioè dei casi in cui riservavano a sé la nomina dei vescovi. Nel periodo in cui i papi furono ad Avignone (1305-1377), essi finirono per esercitare la nomina alla quasi totalità delle diocesi. Ad esempio durante i diciotto anni di pontificato di Giovanni XXII (1316-1334) sulle 127 diocesi francesi si ebbero solamente 9 elezioni contro 230 nomine pontificie.

In quel tempo il diritto di elezione dei canonici di Feltre e di Belluno non era formalmente cessato, ma si moltiplicarono gli interventi della Santa Sede: o perché i due Capitoli sostenevano due candidati diversi e non finivano per accordarsi, o perché i pontefici temevano l’ingerenza dei signori secolari di turno. Così nel presente documento, papa Innocenzo VI afferma che mentre era in vita il vescovo Enrico egli aveva stabilito che quando le sedi si fossero rese vacanti egli riservava a sé in via del tutto eccezionale la nomina del vescovo. Leggiamo in traduzione quello che è scritto a partire dalla metà del terzo rigo (Dudum siquidem bone memorie Henrico episcopo…):

Mentre ancora presiedeva al governo delle Chiese di Feltre e di Belluno, le quali sono canonicamente unite, Enrico di buona memoria vescovo di Feltre e di Belluno, desiderando che alle stesse Chiese, quando fosse accaduto che si fossero rese vacanti, venisse preposta una persona utile ed adatta, noi abbiamo ritenuto opportuno per tale occasione di riservare in modo speciale la provvista di dette Chiese alla nostra nomina e disposizione.

I due Capitoli cattedrali esercitarono per l’ultima volta il loro diritto, sempre più limitato dalla Santa Sede, giusto quarant’anni più tardi. Nel 1393 moriva a Feltre il vescovo Antonio de Nasseri e per dargli un successore il Capitolo di Feltre, guidato dal decano Pasquale da Foro, e il Capitolo di Belluno, guidato dal decano Leonisio Doglioni, si riunirono il 20 ottobre nella chiesa di San Lorenzo di Grigher, nel territorio della pieve di Santa Giustina, presso il Piave. I due Capitoli colà riuniti elessero a vescovo il francescano Alberto da San Giorgio Canavese. A partire dal suo successore, Giovanni Capogalli, subentrato nel 1398, i nostri vescovi vennero sempre e solo nominati dal papa.

Complemento di termine: a Jacob Goblin

A partire dalla metà del nono rigo si legge il nome di colui che venne scelto ad essere vescovo di Feltre e di Belluno: «dilectum filium Jacobum electum Feltrensem et Bellunensem, rectorem parrochialis ecclesie in Muschow Olmucensis diocesis» (= diletto figlio Giacomo eletto di Feltre e Belluno, rettore della chiesa parrocchiale in Muschau della diocesi di Olomouc). Giacomo era dunque un sacerdote appartenente alla diocesi di Olomouc (in tedesco Olmütz) in Moravia settentrionale, appartenente al regno di Boemia. In quella diocesi egli era titolare della parrocchia di Musov (in tedesco Muschau) presso Brno. Il casato a cui apparteneva e la parrocchia di cui era titolare si identifica grazie al fatto che Giacomo era fratello di Conado Goblin, capitano imperiale e stretto collaboratore del re Carlo; di Conado le fonti ci attestano l’appartenenza alla città di Brno, presso la quale si trova appunto Muschau.

Come mai venne scelto un boemo a reggere le nostre diocesi? E qui bisogna far rifermento necessariamente alla storia politica. Siamo nel Trecento, un secolo politicamente magmatico per l’Italia settentrionale dal momento che stati regionali ascendono, declinano e in questo continuo e mai interrotto rivolgimento degli assetti territoriali, anche la nostra vallata del Piave e le due città di Belluno e di Feltre conoscono signori diversi che si avvicendano. A partire dal 1322 Feltre e Belluno sono soggette per 15 anni alla dominazione degli Scaligeri di Verona. La grande estensione territoriale che questi raggiungono dà vita ad una seconda lega contro di loro e ad essa vi concorrono Firenze, Venezia, i Visconti di Milano, i Gonzaga di Mantova, gli Este di Ferrara e i fratelli Carlo e Giovanni di Boemia, che in qualità di signori del Tirolo erano venuti in urto con gli Scaligeri. Loro nonno paterno era stato l’imperatore Enrico VII di Lussemburgo († 1313), padre di Giovanni il Cieco che nel 1310 divenne re di Boemia dal momento che il cognato Venceslao III non aveva figli, figli di Giovanni erano appunto Carlo e Giovanni. Costoro nel convento di Santo Spirito ad ovest di Feltre nell’autunno 1337, nel corso dei combatimenti, vennero investiti della carica di capitani di Belluno e di Feltre dal vescovo Gorgia Lusa. Era salva la forma che vedeva il vescovo signore temporale della città, nei fatti i signori erano i due fratelli.

Carlo fu signore delle nostre due città sino al 1346, quando queste caddero in mano dell’imperatore Ludovico il Bavaro, ma questi morì l’anno seguente e così Carlo, che nel frattempo era divenuto re di Boemia, tornò ad essere signore di Belluno e di Feltre e lo resterà fino al 1358. Nel 1349 Carlo venne eletto imperatore, quarto di questo nome, e in quello stesso anno moriva il vescovo Gorgia Lusa. Carlo IV ottenne da Avignone che le due sedi venissero affidate ad un ecclesiastico tedesco: Enrico di Waldeichke, che fu titolare delle nostre diocesi fino alla morte avvenuta quattro anni più tardi. Rientrava nell’abitudine di Carlo (prassi tanto estesa anche in età moderna) di gratificare i suoi collaboratori e fedeli con cariche ecclesiastiche: nel 1336 aveva ottenuto la diocesi di Bressanone per Matteo Andergassen, suo cappellano e due anni dopo la diocesi di Trento per il suo cancelliere Nicolò Alreim nobile moravo di Brno. Nel 1350, un anno dopo aver fatto avere le nostre due diocesi ad un suo fedele, ottenne per il fratello Nicolò di Lussemburgo la carica di patriarca di Aquileia.

Nel 1354, durante il suo viaggio verso Roma ove essere coronato imperatore, Carlo fu a Feltre negli ultimi giorni di ottobre, dal 27 al 31. La sede episcopale era vacante da un anno, ma a quell’ora Carlo aveva già fatto le sue istanze alla corte pontificia, visto che la nomina di Goblin venne fatta in Avignone appena tre settimane dopo. In quell’occasione Carlo IV nel santuario del Miesna aveva fatto aprire la custodia dei resti dei Santi Vittore e Corona per prelevarne delle reliquie: quei santi dovevano aver attirato particolarmente il suo interesse dal momento che la loro festa coincideva con il giorno della sua nascita, il 14 maggio.

Al vescovo Jacob Goblin si deve l’arca marmorea, nella quale egli il 26 maggio 1355 ripose i resti dei Santi Vittore e Corona. Quell’arca marmorea, fatta confezionare dal vescovo Goblin quasi 700 anni fa, è quella che possiamo ancor oggi ammirare nel santuario del Miesna.

 

Chi ha durato la pazienza di leggermi fino in fondo, avrà potuto rendersi conto di qual esercizio meraviglioso è la lettura di una fonte: essa ci apre tantissime porte. Questa è la bellezza della storia: immergersi nel suo studio è più entusiasmante che entrare nella rete di internet; si entra in una rete di relazioni umane.