A cura di don Ezio Del Favero

192 – Il coniglio e la luna

Ora il tuo destino sarà quello di illuminare le sue notti

Facebooktwitterredditpinterestlinkedinmail

Un tempo, gli dèi s’incollerirono con gli uomini, tanto che decisero: «Faremo cadere sulla terra tanta pioggia da affogare il mondo e tutti i suoi abitanti! Salveremo solo gli animali, svelando solo a loro il modo di salvarsi dal terribile castigo».

In mezzo agli animali che assistettero al discorso degli dèi c’era anche Albar, l’astuto coniglio. Impressionato per quanto ascoltato, Albar si diresse verso il monte, desideroso di guadagnarne la cima prima che le acque ricoprissero la terra. Verso l’imbrunire raggiunse uno spiazzo dove l’erba era appena stata tagliata. Era tanto gustosa che ne mangiò fino a scoppiarne. Poi si addormentò felice sotto la sporgenza di una roccia.

Al mattino Albar si svegliò solleticato dai caldi raggi del sole. Mentre si domandava dove si trovasse, udì un fruscio. Con grande meraviglia, scorse la figura di un uomo che tagliava l’erba con una falce. Timoroso di essere scoperto, si raggomitolò nel suo nascondiglio. Solo a sera, quando l’uomo si fu allontanato, uscì allo scoperto. Con un balzo si lanciò tra l’erba tagliata e, spinto da una grande fame, ne mangiò a crepapelle. Solo di notte ebbe la forza di trascinarsi fino al suo nascondiglio.

L’indomani, quando il contadino raggiunse lo spiazzo rimase di stucco: l’erba che aveva tagliato con tanta fatica era ricresciuta alta e folta come se nessuna falce fosse passata. Con disappunto ricominciò il suo lavoro. Per tre giorni si ripeté la medesima scena: il contadino tagliava l’erba, il coniglio faceva la sua scorpacciata e il mattino successivo un tappeto d’erba intatta ricopriva il terreno.

Allora l’uomo decise di scoprire la verità. Una sera, finito il lavoro, fece finta di tornare a casa e si nascose tra i cespugli. Vide il coniglio uscire dalla tana e saltellare per il campo! A ogni balzo del coniglio, sotto le sue zampe l’erba calpestata si rizzava e ricresceva rigogliosa. Approfittando di una distrazione del coniglio, il contadino uscì dal nascondiglio, si avvicinò furtivo, acchiappò la bestiola per le lunghe orecchie e gli urlò pieno d’ira: «Brutta bestiaccia! Adesso ti faccio fuori, così avrò finito di lavorare per niente!». Il coniglio con un filo di voce: «Non farmi del male, ti prego! Se mi lascerai libero, ti svelerò un segreto che riguarda anche la tua famiglia». Il contadino chiese: «Di quale segreto parli?». Il coniglio: «Devi sapere che gli dèi hanno deciso di eliminare tutti gli uomini e le donne che popolano la terra. Presto faranno cadere sulla terra tanta acqua da sommergerla tutta».

L’uomo, alquanto impressionato e preoccupato, chiese alla bestiola: «Che cosa mi consigli di fare?». Il coniglio: «Potresti costruirti una barca e metterci dentro i tuoi cari, alcuni animali domestici e tanto cibo. Quando le acque inonderanno la terra, potrete galleggiare e salvarvi dal castigo che gli dèi». Il contadino lasciò libera la bestiola e s’incamminò verso casa, desideroso di parlare con i suoi e costruire al più presto la barca.

Improvvisamente, una notte, tra lampi e tuoni spaventosi una pioggia battente cadde sulla terra. Il contadino radunò i suoi cari e gli animali domestici e li fece salire sulla barca. Per molti giorni l’acqua continuò a cadere dal cielo fino a sommergere ogni luogo abitato dall’uomo. Quando gli dèi furono certi che nessuno fosse sopravvissuto, diedero ordine alle piogge e ai venti di cessare la loro furia. Un sole tiepido apparve all’orizzonte: solo qua e là alcune cime di monti sporgevano dalle acque. Aggrappati alle rocce o nascosti negli anfratti delle montagne, gli animali selvatici, al limite della resistenza, aspettavano che la tempesta si calmasse per tornare alla loro vita normale.

Allo sguardo degli dèi non sfuggì la barca che galleggiava sulle acque ormai calme. Mescolati agli animali, c’erano degli uomini, delle donne, dei bambini. Come era possibile che un resto di umanità fosse scampato al diluvio? Il dio Gucumatz chiamò a sé il passerotto e lo inviò sulla terra perché si informasse su quanto successo. Poi, visto che il passero tardava, il dio inviò il falco, ma neppure questo tornò. Alla fine, spedì il colibrì, che tornò riferendo: «È stato il Coniglio a informare il contadino del castigo».

Al crepuscolo, Albar stava mangiando sul solito spiazzo, quando una palla di luce scese su di lui e lo avvolse. Il coniglio si trovò in una rete di raggi luminosi, che cominciò a roteare vorticosamente e si staccò da terra, verso il cielo, portando in sé il suo prigioniero. La palla si fermò e rimase appesa in cielo, luminosa e immobile. Albar era stato trasformato nella luna. Gli dèi sentenziarono: «Hai voluto salvare l’uomo? Ora il tuo destino sarà quello di illuminare le sue notti».


La parabola – di origini Maya (Messico) – richiama il diluvio universale della Genesi. E la luna tra i popoli ha originato varie leggende anche per le sue macchie, in cui si potevano ravvisare figure animali o umane.