A cura di don Ezio Del Favero

212 – Il seme dell’Imperatore

«Si può istruire un uomo onesto e coraggioso, ma non si può insegnare l’onestà a un impostore»

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Dopo molti anni, l’Imperatore era finalmente riuscito a porre fine alle guerre secolari. Ma l’equilibrio era ancora fragile, l’impero così vasto e i pericoli esterni così minacciosi che non aveva molto tempo per se stesso. Trovava un po’ di pace e tranquillità solo nel suo giardino, dove si prendeva cura personalmente della sua collezione di crisantemi.

Un giorno si rese conto di essere diventato vecchio: doveva assolutamente trovare un successore. Aveva cinque figli con l’Imperatrice e altri con le sue concubine, ma nessuno gli sembrava avere le qualità necessarie per regnare e garantire la felicità del popolo. Erano stati allevati nell’opulenza dalle loro madri e lui, sempre in guerra, non aveva avuto il tempo di occuparsi della loro educazione. Ora doveva trovare qualcuno giovane, onesto e coraggioso da preparare per succedergli.

Escluse i figli dei suoi cortigiani, troppo codardi; così i figli dei suoi letterati, troppo imbevuti della loro conoscenza; i figli dei suoi generali, troppo ambiziosi; i figli dei grandi proprietari terrieri, troppo avidi; i figli dei ricchi mercanti, troppo disonesti. Rimanevano solo i figli del popolo. Così i suoi emissari partirono per i quattro orizzonti: «L’Imperatore sta cercando un giovane che si prenda cura dei suoi crisantemi! I candidati si presentino a palazzo il quinto giorno del mese di Jingze!».

Quando arrivò il giorno, molti giovani erano riuniti nel grande cortile del palazzo imperiale. Le guardie del palazzo passarono tra le file e diedero a ciascuno dei pretendenti un seme di crisantemo. L’Imperatore sul suo trono fece trasmettere gli ordini e le guardie gridarono: «Tornate ai vostri villaggi e prendetevi cura di questo seme. Tornate tra dodici mesi. Chiunque coltivi il fiore più bello sarà ammesso nella Città Proibita e diventerà il primo giardiniere dell’Imperatore».

Kim Li era venuto dalle lontane montagne del nord, aveva il pollice verde e amava i fiori. Inoltre, sapeva di poter contare sui saggi consigli di suo nonno. Tornò a casa tra le montagne, seppellì il seme in un terriccio soffice in un piccolo vaso che aveva foderato con piccoli ciottoli per garantire un buon drenaggio. Giorno dopo giorno lo innaffiava, quanto bastava. Si era assicurato che avesse un’illuminazione moderata, muovendo leggermente il vaso per evitare il sole diretto. E attese pazientemente.

Alla fine dell’inverno, il giovane contadino osservava se ci fosse il minimo rigonfiamento sulla superficie della terra. Ma niente. Parlò dolcemente al seme, incoraggiandolo a germogliare: «Non aver paura, mi prenderò cura di te quando sarai fuori dal tuo accogliente rifugio». Le giornate si allungavano con la primavera, ma ancora niente. «Non temere, il sole non ti brucerà, non rimanere da solo nel buio».
Kim Li aveva allestito un piccolo riparo fatto di paglia sopra il vaso. Ma ancora niente.

L’estate si avvicinava, gli altri fiori erano sbocciati. «Esci, gli altri fiori ti aspettano e tu sarai il più bello!». Ma ancora niente. Kim Li era preoccupato: «Che cosa avrò fatto di sbagliato? Andrò a chiedere consiglio al nonno». «Abbi fiducia, agisci secondo il tuo cuore!». Intanto si avvicinava la fatidica data in cui sarebbe dovuto tornare al palazzo imperiale e Kim Li continuava a prendersi cura del suo seme, parlandogli e incoraggiandolo.

Quando arrivò il giorno, Kim Li non voleva presentarsi davanti all’Imperatore. «Hai fatto del tuo meglio, non devi vergognarti. Devi andare», gli disse il nonno. Il giovane partì dalle montagne e arrivò presso il palazzo imperiale, dove il flusso dei pretendenti convergeva come un fiume colorato, mille crisantemi splendenti che ogni giovane portava con orgoglio, deridendo Kim Li per il suo vaso vuoto. La grande piazza della Città Imperiale era come un enorme tappeto di fiori. E lì, in ultima fila, si piazzò Kim Li, a testa bassa.

La guardia imperiale fu schierata e i tamburi e i gong annunciarono l’arrivo dell’Imperatore. Il Sovrano contemplò l’esposizione colorata. Poi il suo sguardo si fermò sulle ultime file. Fece un gesto e due formidabili guardie scesero e affiancarono Kim Li. I tre salirono le scale in totale silenzio. Kim Li si prostrò davanti all’Imperatore, con il vaso vuoto davanti a sé.

«Come ti chiami?». «Kim Li, Maestà». «Allora, Kim Li, è tutto ciò che hai da offrirmi?». Senza osare alzare lo sguardo, il giovane rispose: «Vostra Maestà, ho fatto del mio meglio, ma il seme non è germogliato». «Alzati, Kim Li, e vieni a sederti accanto a me». Poi si rivolse alle guardie «Mandate via tutti questi impostori! I semi che avevo dato erano tutti sterili. Kim Li è stato l’unico che ha avuto l’onestà di ammettere il suo fallimento, il coraggio di affrontare la derisione e di presentarsi davanti a me così come era». «Kim Li, ti farò istruire e sarai il mio successore».

I consiglieri sussurrarono alle spalle dell’imperatore: «È così giovane, non sa niente».

L’imperatore li fece tacere: «Si può istruire un uomo onesto e coraggioso, ma non si può insegnare l’onestà a un impostore».


La parabola – raccolta in Cina – insegna a essere onesti e sinceri. Con il senso dell’altruismo e un aiuto provvidenziale, insegnano tante leggende, si potrà raggiungere la fortuna.