A cura di don Ezio Del Favero

79 – La Valle delle cascate

Una sera di luna piena, sotto il cielo stellato, il re convocò i sudditi e disse loro...

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Un tempo, in cui regnava il buio, tra le alte cime vi era una gola lunga e stretta, abitata da molte specie di volatili, di ogni taglia, di ogni colore, di ogni forma: aironi grigi e bianchi, piccoli merli, magnifici pavoni, graziosi cigni… oltre ad altri uccelli rari oggi scomparsi. La gola era chiamata “Valle delle cascate”, per la presenza in quel luogo di molti salti d’acqua.

Dall’altra parte delle montagne si trovava un paese, abitato da persone felici che non provavano mai freddo, né fame, né paura, in quanto il loro re era saggio e buono e apportava tra i suoi sudditi la benedizione degli dèi della terra, delle acque e del cielo. Però era anziano e, sapendo che non sarebbe vissuto a lungo, si diceva: «Quando io non ci sarò più, chi veglierà sul mio popolo? Bisogna che trovi un successore buono e saggio, in grado di parlare con gli spiriti e d’invocare, all’occorrenza, la pioggia o il sereno».

Una sera di luna piena, sotto il cielo stellato, il re convocò i sudditi e disse loro: «È ora che scelga il mio successore. Come sapete, al di là delle montagne vi è una gola conosciuta come la Valle delle cascate. Là vive il popolo dei volatili. Chi di voi riuscirà a entrare in quel posto e ad apprendere il linguaggio dei volatili, che tra l’altro ha il potere di guarire, sarà il mio successore!».

Tra i paesani, vi era un ragazzino sfortunato, il cui padre era deceduto durante la caccia e la cui madre era gravemente malata. Udito il re, il piccolo andò a trovare il cacciatore più abile del paese che stava partendo per la Valle delle cascate e gli chiese di poterlo accompagnare. Insistette: «Sono agile e furbo… ti aiuterò a portare le armi e vedrai che non ti pentirai della mia presenza. In quella valle dovremo imparare il linguaggio dei volatili così da poter guarire mia madre». Il cacciatore non capì, ma s’impietosì e, pensando che effettivamente il ragazzo avrebbe potuto aiutarlo, accettò di portarlo con sé.

I due partirono e, dopo aver attraversato le montagne e rischiato varie volte di abbandonare l’impresa per la fatica, arrivarono nella Valle delle cascate. Mentre sulle montagne c’era ancora la neve, lì vi era un clima estivo perenne. Intorno volteggiavano moltissimi uccelli, di ogni specie. Lungo il cammino non ne avevano mai visto uno. I volatili li condussero dal loro sovrano, un vecchio corvo, che conosceva il linguaggio degli umani e che chiese loro: «Perché siete entrati nella nostra Valle?». Il cacciatore: «Ci ha inviato il nostro re per apprendere il vostro linguaggio che, a detta di questo ragazzo, ha il potere di guarire». Il corvo: «Noi lo insegniamo solo a chi ne è degno. E, per esserlo, bisogna superare delle prove!».

I viaggiatori furono condotti davanti a una lepre, che disse loro: «Dovete superare tre prove: quella dell’astuzia, quella della riflessione e quella del giudizio». Li accompagnò di fronte a un paniere pieno di serpenti: «Dovete trovare l’uovo smarrito, sapendo che il morso di serpente può essere mortale!». Mentre il cacciatore era turbato, il ragazzo si mise a fabbricare dei guanti con la corteccia. Indossando le protezioni, il cacciatore riuscì a trovare l’uovo in mezzo ai serpenti.

La seconda prova consisteva nella soluzione di un enigma. «Chi è più rapido di una lepre, di una freccia o del vento che soffia in tempesta?». Il ragazzo: «L’occhio!». La lepre annuì e condusse i due in una vasta radura dove erano radunati molti uccelli per la terza prova. Tra tutti i volatili, la lepre indicò una farfalla gigante, precisando: «È colpevole di “sfarfallare”, che come ben sapete significa mostrarsi volubili e incostanti nelle idee, nei fatti e negli affetti… merita una punizione!». Il ragazzo precisò: «Il termine sfarfallare può avere anche un altro significato, positivo, ovvero svolazzare in maniera oscillante e leggera! Non si può punire una farfalla solo perché sfarfalla!». La lepre sorrise e commentò: «Ragazzo, sei astuto, riflessivo e giudizioso! Perciò t’insegneremo il linguaggio dei volatili e le parole che guariscono!».

Pochi giorni dopo, i due viaggiatori tornarono a casa. Il ragazzo, avendo appreso il linguaggio dei volatili, guarì sua madre e, qualche anno dopo, quando il sovrano morì, divenne re. E regnò a lungo sul suo popolo, con intelligenza e con saggezza…


Termina la parabola di origine francese: «Oggi non viviamo più al buio, gli uccelli hanno abbandonato la loro Valle e nessuno si ricorda più di quel ragazzo saggio… Pertanto, quando arriva l’inverno, gli uccelli volano via e tornano nella Valle delle cascate, dove il clima estivo è perenne».