Un vecchio eremita viveva in solitudine sul monte, nutrendosi di radici e di frutti selvatici, per espiare alcuni errori di gioventù.
Lì vicino, ogni giorno arrivava una pastorella che pascolava il gregge e cantava senza sosta inni alla Beata Vergine. La voce della ragazza era così limpida, che il vecchio si perdeva ad ascoltarla e si distraeva. Tanto che un giorno urlò: «Vorrei vederla a 100 leghe di distanza, questa pastorella che disturba le mie preghiere!».
Proprio quel giorno, forse perché si era distratta cantando più del solito, la ragazza smarrì una pecora. Il padrone urlò: «Vai via, lontano, almeno 100 leghe! Non voglio vederti mai più!». La piccola se andò, camminando a caso, mendicando il pane di porta in porta “per amor di Dio”.
Normalmente l’eremita era visitato tutti i giorni dal suo Angelo protettore, che lo incoraggiava a perseverare. Ma, dopo lo sfogo con la pastorella, rimase otto giorni senza quella visita. «Per quale motivo?», si chiedeva. Il nono giorno, l’Angelo arrivò e con aria severa disse al vecchio: «Hai commesso un errore e Dio è scontento di te!». «Quale colpa avrei commesso, visto che trascorro tutto il tempo in preghiera e in meditazione?». «Hai allontanato la pastorella che cantava inni alla Vergine! La piccola, cacciata via dal suo padrone, ora sta camminando mendicando il pane, finché non avrà percorso 100 leghe, proprio come volevi. Dovresti andarla a cercare, vivendo di carità come lei. Dio ti perdonerà solo quando l’avrai trovata e in quel momento ti chiamerà al suo cospetto!». L’eremita: «Ma quale strada devo prendere?». L’Angelo sparì senza rispondere.
Il vecchio, sopraffatto dal dolore, si mise in cammino, a caso. Mentre la pastorella, dopo aver percorso 100 leghe affrontando varie peripezie, arrivava presso la dimora di una ricca vedova. Costei – colpita dai guai e affascinata dalla dolcezza e dalla pietà della ragazza – accettò di ospitarla. La donna aveva un figlio, che s’innamorò della giovane. Però i parenti, di origini nobili, non acconsentirono a quell’unione. L’innamorato sposò comunque la ragazza e i due dovettero lasciare la ricca dimora e ritirarsi in un edificio più modesto che lo sposo aveva ereditato dal padre.
Dopo un anno, la coppia, che si amava più che mai, ebbe un bambino. Ma neanche questo servì per riavvicinare i parenti. Gli sposi erano pii e davano assistenza ai più poveri e sfortunati del paese e lei, conservando la devozione per la Vergine, non mancava di andare quotidianamente presso una cappellina che le aveva dedicato nel boschetto vicino casa.
Il bambino crebbe pieno di salute, dimostrando una rara intelligenza. Al compimento dei tre anni, i suoi genitori, desiderosi di riavvicinarsi ai loro cari, invitarono i parenti paterni per i festeggiamenti e questi accettarono. La mattina del giorno stabilito, la giovane andò a far visita alla Vergine. Ma, tornando a casa, trovò il marito e i vicini in pianto. Il suo figliolo era disgraziatamente caduto nell’acqua bollente ed era deceduto!
La madre, pur disperata, disse con rassegnazione: «Dio me l’ha dato e Dio me l’ha tolto. Che il suo santo Nome sia comunque benedetto!». Prese il corpo del piccolo e lo nascose in un armadio, pensando ai parenti che stavano arrivando. Quando gli ospiti chiesero di vedere il bambino, lei disse: «Sta riposando; lo saluteremo più tardi!». I parenti si sedettero a tavola, contenti di quella riconciliazione.
Alla fine del banchetto, come ogni giorno, la sposa uscì nel cortile per distribuire il cibo ai poveri. Tra di essi si presentò un vecchio che si sosteneva a fatica sulle gambe. Costui s’inginocchiò e la donna gli diede il cibo, pregandolo di alzarsi. Lui precisò: «Niente mi darebbe sollievo come la vista di ciò che hai rinchiuso nell’armadio». «Non vi ho mica posto del cibo!», precisò lei. Il vecchio insistette: «Per favore, in nome di Dio, fammi vedere ciò che hai messo lì stamattina!».
La donna andò in casa, aprì l’armadio e vide il suo bambino pieno di vita, sorridente, con un’arancia in mano. Ebbra di felicità, lo prese in braccio e corse a mostrarlo al vecchio mendicante. Questi lo baciò e poi morì serenamente. Era il vecchio eremita. Dio lo aveva perdonato e la sua anima era salita in cielo.
La madre presentò agli ospiti il suo figliolo, sorridente, con l’arancia in mano. E raccontò loro ciò che era accaduto: la morte del bambino, la sua risurrezione e la visita dell’eremita. Il vecchio, che era stato la causa di tutto, fu sepolto con solennità e d’allora quella famiglia visse sempre unita e timorata di Dio.
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La parabola – raccolta in Bretagna nell’isola di Ouessant nel lontano 1873 – parla di fede e di devota rassegnazione, insistendo sul lieto fine quando il timore di Dio e la carità fossero grandi e sinceri…