A cura di don Ezio Del Favero

95 – Il seme dell’immortalità

Su richiesta dell’Imperatore Celeste, il giovane Ying riuscì ad abbattere i nove soli, a castigare il demone dell’acqua e a uccidere mostri e animali feroci

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Su richiesta dell’Imperatore Celeste, il giovane Ying riuscì ad abbattere i nove soli, a castigare il demone dell’acqua e a uccidere mostri e animali feroci. Così divenne un eroe: la popolazione celeste cominciò a riverirlo e quella terrestre a considerarlo un mito.

Un giorno, mentre cacciava nei boschi terrestri, Ying attraversò un ruscello e vide sull’altra riva una giovane che attingeva acqua con un bambù. Assetato, le si avvicinò e chiese da bere. Lei lo accolse gentilmente, gli offrì da bere e raccolse un fiore per lui. Ying scelse una magnifica pelle dai suoi trofei e gliela regalò. La ragazza si chiamava Chun e viveva da sola, essendo orfana. I due giovani cominciarono a frequentarsi, s’innamorarono e poi si sposarono dopo che Ying confessò alla ragazza le sue origini celesti. Gli sposi iniziarono a condurre una vita felice e Ying non pensò più di tornare su nel Cielo.

Tre anni dopo, l’Imperatore chiese a Ying di tornare nel palazzo celeste.

Quando apprese che l’eroe si era sposato sulla terra e che non intendeva abbandonarla, si arrabbiò: «Ti proibisco di tornare in Cielo!». Ying si consolò scoprendo di essere felice sulla terra, pur sapendo che la vita degli umani era limitata nel tempo.

Un giorno Ying disse alla sua sposa: «In Cielo, avevo sentito che nelle montagne Kunlun la Regina dell’Occidente possiede il seme dell’immortalità. Vado a cercarlo!».

Avviliti per quella separazione, pur di vivere per sempre insieme gli sposi erano pronti ad affrontare qualsiasi pericolo. Ying con un buon cavallo si diresse verso ovest. Dopo aver superato innumerevoli difficoltà, arrivò ai piedi delle montagne Kunlun.

La Regina sapeva che Ying era un eroe e che aveva liberato i popoli da molti flagelli. Pertanto lo accolse con grande rispetto. Avendo appreso lo scopo della sua visita, la sovrana ordinò all’uccello guardiano dell’albero dell’immortalità di portare un seme ricavato dai suoi frutti. L’ albero dava frutti solo una volta ogni tremila anni, per cui i semi erano molto rari ed estremamente preziosi. La Regina disse all’eroe: «Prendi quest’ultimo seme rimasto, sufficiente per te e per tua moglie: prendetene metà ciascuno e diventerete immortali. Ma attenzione! Se uno dei due lo inghiottisse intero, salirebbe in Cielo e non sarebbe più in grado di scendere sulla terra». «Sono qui per prendere il seme e poter vivere per sempre con la mia amata Chun». L’eroe prese il seme, ringraziò la Regina e se ne andò.

Ying tornò dalla moglie e le raccontò quello che era successo, affidandole il seme: «Se lo condividiamo, diventeremo entrambi immortali. Ma se uno di noi lo inghiottisse intero, salirebbe in Cielo senza speranza di ritorno. Conservalo preziosamente, fin quando non lo spartiremo per vivere eternamente insieme e felici».

Ying, tra l’altro, era un abilissimo arciere e insegnava quella nobile arte ai giovani.

«Quando il maestro è competente, i suoi discepoli sono brillanti», recita un proverbio. In effetti, gli allievi di Ying diventavano facilmente degli arcieri famosi. Uno di loro, di nome Feng, era bravissimo con l’arco, ma anche molto ambizioso e geloso, al punto da nutrire la speranza che il suo maestro morisse per diventare egli stesso il miglior arciere del mondo.

Un giorno, mentre Ying era a caccia, Feng irruppe nella sua dimora e minacciò la moglie: «So che nascondi il seme dell’immortalità. Dammelo, altrimenti ti ucciderò». Chun sorpresa gli chiese: «Ma tu non sei il discepolo di Ying? Perché agisci così?». Feng replicò sarcastico: «Non lo considero più il mio maestro! Non voglio essere il secondo arciere per tutta la vita! Deve morire prima di me!». Chun, di fronte all’aria minacciosa del giovane, pensò alle prove che suo marito aveva dovuto affrontare per ottenere il seme. Non doveva lasciare che Feng se ne impossessasse! Così prese il seme e lo inghiottì per poi precipitarsi verso la porta.

Uscita dalla dimora, la donna fu immediatamente trasportata in Cielo. Pensando al suo sposo rimasto sulla terra, si rifugiò sulla stella più vicina. D’allora, il Palazzo Lunare, in cui Chun cominciò a vivere, brillò di nuovo splendore.

Quando Ying venne a sapere che cosa era successo, guardò tristemente la Luna, intuendo dal suo splendore che la sua cara sposa vivesse lì.

I discepoli punirono il crudele Feng e cercarono in tutti i modi di consolare il maestro, fino al giorno in cui l’Imperatore Celeste permise a Ying di ricongiungersi in Cielo con la sua amata sposa, per sempre.

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La parabola – di origine cinese – presenta momenti tristi e momenti felici, come del resto è la vita. «L’amore è la chiave principale che apre tutte le porte dell’impossibile», recita un proverbio cinese. E ancora: «L’amore è una scala sulla quale gli dei scendono fino a noi e noi ci innalziamo fino a loro».