A cura di don Ezio Del Favero

97 – L’allodola nel campo di grano

Un’allodola costruì il suo nido proprio in mezzo al campo e poi stette pazientemente ad aspettare

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In un campo di grano saraceno, in un altopiano oltre i 1.000 metri di altitudine circondato dalle montagne, arrivò la primavera. Un’allodola costruì il suo nido proprio in mezzo al campo e poi stette pazientemente ad aspettare che le sue tre uova si schiudessero.

Un primo guscio si schiuse e un piccolo uccellino calvo e mezzo cieco ne uscì cinguettando flebilmente. Dopo poco si schiusero anche gli altri e due pulcini si unirono al primo. Così l’allodola iniziò a fare la Cocca di tre adorabili uccellini, che, seguendo la naturale legge delle creature, cominciarono a crescere. L’allodola non ebbe più un attimo per sé, in quanto i tre pulcini non facevano che reclamare cibo. Per cui continuava ad andare e venire per nutrire i suoi piccoli. Più che uccellini sembravano dei piccoli mostri!

Arrivò l’estate e, nonostante tutta l’attenzione e la cura che mamma allodola riversava sui suoi pulcini, essi non avevano ancora ali abbastanza forti da poter volare via. Guardando il colore del grano, l’allodola si rese conto che era giunto il momento di abbandonare il suo nido e di lasciare il campo. Il tempo del raccolto non doveva essere molto lontano e presto il contadino sarebbe venuto e avrebbe falciato il grano ma anche il loro ricovero. Perciò una mattina, prima di andare in cerca di nutrimento, mamma allodola svegliò i suoi piccoli e disse loro: «Figli miei, oggi il contadino arriverà sicuramente. Ascoltatelo attentamente ciò e poi mi ripeterete ciò che dirà parola per parola!».

Quella sera, quando mamma allodola tornò con il cibo, trovò i suoi tre piccoli ad aspettarla, con i tratti tirati per la preoccupazione. Tutti cinguettarono insieme in un bel frastuono: «Mamma, mamma, il contadino ha detto che verrà domani a falciare il grano con tutta la sua famiglia!». «Molto bene – commentò la madre – in queste condizioni non dobbiamo preoccuparci per intanto. Possiamo restare un altro giorno ancora».

Mamma allodola ebbe ragione. Il giorno dopo, quando tornò al nido dopo aver volato a lungo in cerca di cibo, trovò i suoi figli che le dicevano all’unisono: «Il contadino è arrivato, invano ha aspettato tutto il giorno l’arrivo della sua famiglia, molto arrabbiato». «Ha detto qualcosa?». Il più piccolo rispose: «Oh sì! Ha detto che almeno i suoi amici non lo deluderanno e che verranno domani per aiutarlo a falciare per poi portare il raccolto nella sua fattoria». «Molto bene – commentò la madre – in queste condizioni non dobbiamo preoccuparci per intanto. Possiamo restare un altro giorno ancora».

Il giorno dopo, quando verso sera tornò al nido, l’allodola trovò i suoi tre piccoli molto inquieti: «Mamma, mamma, gli amici del contadino non sono venuti!», cinguettò il primo. «Ma ha detto che senza dubbio domani raccoglierà il grano!», continuò il secondo. «Che i suoi vicini gli daranno una mano, dal momento che lui stesso li ha aiutati!», concluse il terzo. «Molto bene – commentò la madre – in queste condizioni non dobbiamo preoccuparci per intanto. Possiamo restare un altro giorno ancora».

Ancora una volta, l’allodola non s’ingannò. E quando, il giorno dopo, tornò al nido, apprese dai suoi tre pulcini che, stanco di aspettare, il contadino aveva deciso: «Domani falcerò il mio grano da solo!». «Questa volta – commentò la madre – il contadino ha capito che è meglio falciare il grano da solo piuttosto che aspettare la buona volontà degli altri. Adesso dobbiamo proprio andarcene; il contadino non aspetterà ancora!».

La mattina dopo, i pulcini, ormai diventati abbastanza forti e con le ali rinforzate, presero il volo insieme a mamma allodola, soddisfatta e a dir poco orgogliosa dei suoi piccoli…

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La parabola – raccolta in Germania – vede come protagonista l’allodola, nella mitologia nordica custode dei campi e spirito del grano. Nell’antichità, per il suo unico e originale modo di volare, era ritenuta messaggera degli dèi, capace di unire terra e cielo, simbolo dell’immortalità dell’anima. In alcuni antichi testi indiani è simbolo di saggezza e di spiritualità: in sanscrito si chiama “Bharadvaja”, che significa “Colei che canta”. Shakespeare la chiamava “La messaggera dell’alba”.

 Francesco d’Assisi nel film “Fratello sole, sorella luna” (di Franco Zeffirelli): «Tante volte ho guardato le allodole volare attorno alla mia casa. Non sono che umili, modeste creature. Chiedono solo un sorso d’acqua e poche bacche, per poter vivere e librarsi alte nel cielo. Un giorno ho cominciato a pensare che pure noi saremmo felici, se potessimo accontentarci di quello che ha l’allodola, se vivessimo anche noi come lei vive, rendendo grazie al Signore che ci ha creati».