La santità di tanti fratelli è una consegna nelle nostre mani

Omelia nella solennità di Tutti i santi
01-11-2021

Ap 7,2-4.9-14; Sl 23(24); 1Gv 3,1-3; Mt 5,1-12a

«Del Signore è la terra e quanto contiene: il mondo con i suoi abitanti». È la preghiera del salmo 23 (24) che abbiamo poco fa rivolto a Dio. È una professione di fede, un rimettere nelle mani di Dio ciò che noi siamo, un abbandonarci fiduciosi sotto uno sguardo che abbraccia il mondo intero con tutti i suoi abitanti. È bello pensare che “tutti i Santi” – che oggi veneriamo – hanno percorso le strade di questo mondo, hanno appassionatamente abitato questa terra. Una storia condivisa, che chiamiamo “mondo”, ci accomuna ai santi. Il loro aver attraversato lo spazio e il tempo di questo mondo ci incoraggia. Nella visione trasfigurante dell’Apocalisse essi sono «una moltitudine immensa». Giovanni, il veggente, precisa: «che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua».

Nella seconda lettura l’apostolo Giovanni ci avverte che tutto questo immenso movimento di uomini e donne di ogni luogo e di ogni tempo corre il rischio di non essere conosciuto in profondità. Lo si può conoscere solo se ci avviciniamo allo sguardo di Dio. È una visione della fede. Che cosa ci è dato di conoscere? Il «grande amore [che] ci ha dato il Padre». Ed ecco la rivelazione più profonda: «siamo realmente» figli di Dio. E non è ancora compiuto questo “grande amore”, perché: «Noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato». Queste parole – a cui la liturgia, in questa solennità di tutti i santi, ci fa tornare e attingere – cambiano il nostro sguardo e ci offrono una visione più profonda del dono della vita in questo mondo. Ci fanno percepire che Dio è pienamente coinvolto in questa vicenda del mondo, che l’avventura di questa nostra terra è un suo “grande amore”.

Oggi la santità di tanti fratelli e sorelle – «la moltitudine immensa che nessuno poteva contare» – è una consegna posta nelle nostre mani affinché impariamo a custodire, a proteggere, a curare e ad avere a cuore questa nostra terra, la “casa comune” che hanno abitato questi nostri fratelli e sorelle. È il luogo dove Dio ha pensato e ha voluto un’immensità di creature che abitano insieme nel vicendevole rispetto e pudore, nella premurosa e solerte custodia, nella gioiosa e grata accoglienza reciproca. Francesco d’Assisi aveva colto questa meravigliosa novità creata da Dio: «Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra matre Terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloriti flori et herba». Di una santità così “terrena” e così fraterna c’è necessità urgente, è un bisogno intenso e profondo.

«Laudato sie mi’ Signore, cum tucte le tue creature». La santità, a cui in questo giorno guardiamo e che desideriamo gli uni per gli altri, comincia da questo sorprendente concerto di tutte le creature. La santità è un modo di abitare questa terra, di stare in questo mondo, di benedire questo abbagliante mosaico di tutte le creature. È uno stile di umanità che solidarizza, che perdona, che cura e fa guarire. È un inizio sempre rinnovato di fraternità e di prossimità da desiderare e cercare. Sì, possiamo tutti traghettare verso questo altro versante del mondo che abitiamo. Possiamo tutti compiere un primo gesto di santità e poi un secondo e così aprire sempre più lo scenario tratteggiato da Gesù con le sue tante “beatitudini” pronunciate su questa nostra umanità. Oggi la terra stessa – questo pianeta in cui condividiamo il dono della vita assieme a «una moltitudine immensa che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua» – sta chiedendo a noi tutti, con non poca sofferenza, di non usurpare la sua bellezza di creatura di Dio. Come attesta Francesco d’Assisi, facendo eco alle beatitudini evangeliche, c’è una fraternità universale a cui votare il nostro desiderio, la nostra volontà, il nostro pensiero, il nostro agire, tutto quanto il nostro vivere. La santità oggi porta il nome di fratelli e sorelle dediti a questo sogno e alle sue buone pratiche.

«Laudato si’, mi’ Signore, per quelli ke perdonano per lo tuo amore, et sostengo infirmitate et tribulatione. Beati quelli che ’l sosterrano in pace, ca da te, Altissimo, sirano incoronati».