A cura di don Renzo Roncada (solennità dell'Ascensione del Signore - anno A)

Andare e rimanere

Guai se ci abbandonasse. Come faremo ad ammaestrare tutte le nazioni?

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Qualche volta è interessante mettere a confronto i vari scritti degli apostoli, quasi fossero dei tasselli di un mosaico, che ci permettono di avere una visuale completa e più chiara del messaggio di Gesù. Oggi, per questa solennità dell’Ascensione, mettiamo a confronto il Vangelo appena letto con le affermazioni di Luca. Esiste un’apparente contraddizione: Matteo: «Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo». In san Luca invece si legge: «Ordinò loro di non allontanarsi da Gerusalemme e di attendere la forza dello Spirito Santo». I discepoli hanno preso sul serio questo avvertimento: «Tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio».

Il Signore li aveva realmente spediti in tutto il mondo a recare la lieta novella della salvezza, ma poi – questa è un’interpretazione personale ovviamente – deve aver valutato i rischi dell’impresa: “Ho paura che mi combinate dei guai”. Perciò: «Rimanete in città finché non riceviate la forza dello Spirito Santo». Contraddizione solo apparente. Si giunge alla méta – cioè di andare in tutto il mondo a battezzare tutti i popoli – solo se si ha il coraggio di perdere tempo nel silenzio, nella preghiera, nella contemplazione. Faccio un esempio a me tanto caro: santa Teresa di Calcutta, quando le consorelle le avevano fatto presente che c’era tanto lavoro da fare, lei risponde: “C’è tanto lavoro? Allora fermiamoci un’altra ora in adorazione…”. Senza la forza dall’alto, senza lo Spirito, il messaggio è poco credibile. È un messaggio tradito. Andate, ma prima di tutto, rimanete. Un cristiano senza preghiera è precisamente uno che combina solo guai, perché è uno che al massimo annuncia se stesso. Mi pare fosse Shakespeare che diceva: «L’uomo che si agita, fa scoppiare di risate gli angeli».

Dunque: andare e rimanere. Queste due realtà sono strettamente legate e interdipendenti. Tanto più solida è la base di lancio, tanto più perfetto sarà il lancio. Tanto più profondo e solido è il centro, tanto più sicura e decisa è la traiettoria di uscita. Se manca l’uscita, la chiesa non fa altro che girare attorno a se stessa. Se manca il centro la chiesa finisce per girare a vuoto anche se con molto fracasso e così delude le attese degli uomini; si entra in un attivismo frenetico con l’ossessione del dare e così si dimentica cosa dare. Quindi il “rimanere” è in funzione di una precisa responsabilità verso gli altri e l’“andare” diventa la manifestazione di ciò che si possiede in profondità. Ragionamento un po’ difficile, ma necessario per capire questa festa dell’Ascensione.

Con l’Ascensione, dunque, inizia il cammino della Chiesa, sostenuta dalla presenza dell’amore di Dio. Attenti però che Dio non si sostituisce a noi. Ci dà tutta la forza necessaria, ma ora tocca a noi. Oh, solo per modo di dire. In realtà tocca ancora a Lui. Guai se ci abbandonasse. Come faremo ad ammaestrare tutte le nazioni?