Salire – o peggio ancora, scendere – poggiando il piede su un sentiero malsicuro, o per il ghiaino infido o per il terreno cedevole, non è certo una bella esperienza: la mente raccoglie tutte le energie per affrontare con la dovuta attenzione il percorso, i piedi si aggrappano alla scarpa, le mani stringono con forza i bastoncini che consentono di ottenere un punto fermo. Non capita solo in montagna: quante volte, nella nostra vita, soprattutto in questo tempo confuso e complicato, cerchiamo sicurezze, risposte chiare e definitive, regole di comportamento da seguire senza troppe complicazioni?
Gesù ascolta i commenti stupiti sul tempio di Gerusalemme, il cuore del culto ebraico, il luogo ove era custodita la presenza di Dio tra gli uomini, considerato indistruttibile: e con un linguaggio colorato di immagini forti, spiega che «non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta».
Le disgrazie che accadono sempre nella storia umana rischiano di portarci fuori strada, alla ricerca di un dominio sulla vita che non spetta a noi avere, inseguendo sicurezze tanto rassicuranti, quanto illusorie: ai suoi discepoli, Gesù non risparmia la fatica e la lacerazione dell’attesa, non spiega tutto, non fornisce un armamentario di risposte pronte all’uso.
Il cristiano non è chiamato a prestare attenzione all’arrivo della fine del mondo, perché è l’ospite sbagliato: attendiamo Cristo Risorto, attendiamo la pienezza del Regno che verrà alla fine della storia, attendiamo l’eternità che Dio desidera condividere con noi! La testimonianza che siamo invitati a dare in questo tempo – davvero nel nostro tempo! – ci distrae dall’inseguire catastrofi, segni prodigiosi, coincidenze più artificiose ed immaginifiche che reali: dobbiamo essere intenti a custodirci come fratelli e sorelle, a tenere viva la nostra fede, a ricercare il Regno che viene in maniera silenziosa e discreta – l’evangelista Luca ci ricorda che «il regno di Dio non viene in modo da attirare l’attenzione, e nessuno dirà: “Eccolo qui”, oppure: “Eccolo là”. Perché, ecco, il regno di Dio è in mezzo a voi!» (Lc 17, 20-21).
L’apostolo Paolo ci parla di un’attesa operosa, di una fede che vuole salvare questo mondo, di un lavorio intenso per spandere il profumo di Cristo nei nostri contesti di vita: una testimonianza di vita buona, di vita bella, di vita piena, che non ha bisogno di parole perché parla essa stessa di un incontro che ci ha cambiato la vita, quello con Cristo Risorto. Nasce dall’incontro con Lui, che rinnoviamo nella Parola, nel Pane e nel Vino, la certezza che la nostra vita – dalle cose più semplici e banali, come un capello, alle cose più importanti, come i nostri affetti, i nostri pensieri, il nostro corpo – è custodita dalla forza dell’amore di Dio, che è capace di andare oltre la morte.
Cercare sicurezze può essere l’efficace maschera che poniamo sulla nostra incapacità di affrontare le strade tortuose e complesse della vita con un Dio che si rende poco visibile, perché opera nell’umiltà e nel silenzio: affrontare la vita con Cristo è attendere l’alba, quando «sorgerà con raggi benefici il sole di giustizia». È faticoso, come salire o scendere per un sentiero infido: ma vuoi mettere il panorama?