Lunedì 3 giugno

Caro Antonio, ti preghiamo per la pace

Sei pullman pieni di pellegrini hanno raggiunto la città del Santo

Facebooktwitterredditpinterestlinkedinmail

Antonio. Il vescovo Renato lo chiama Antonio, quasi a sottolineare l’umanità di questo fratello da molti chiamato “il Santo”. A Padova si dice comunemente così: “Vado al Santo”. Non occorre dire il nome, perché tutti lo sanno: il Santo è lui, è Antonio.

Nato a Lisbona, in una casetta popolare a pochi metri dall’antica cattedrale. Una vita di movimento per il Signore, con il fuoco dello Spirito dentro il cuore. Termina la sua esistenza terrena in questa Padova che diventerà centro universitario riconosciuto da molti intellettuali europei.

Grande lui, Antonio, e grande questa scienza accademica che svilupperà tante generazioni di laureati. Come se, in questa bella città, scienza e fede si incontrassero per approfondire assieme il mistero dell’uomo: creatura di Dio e capace di creare cultura. La creatura più bella di Dio!

Siamo venuti in pellegrinaggio dove Sant’Antonio è invocato da tantissimi pellegrini di tutto il mondo. Il nostro è il primo pellegrinaggio delle diocesi del Triveneto in questi giorni che preparano il 13 giugno. Non occorre dirlo cos’è il 13 giugno. Tutti lo sanno…

Il Santo, il 13 giugno: ancora siamo davanti ad una realtà così grande, di una persona e della data della sua memoria, che non serve spiegare. Tutti sanno chi è il Santo, tutti conoscono la ricorrenza del 13 giugno.

A Lisbona gli abitanti scendono in strada per cucinare le sardine ai ferri ed offrirle ai passanti. A Padova tanti fedeli vanno a visitare il Santo. E nelle nostre comunità siamo aiutati da numerose chiese, cappelle, edicole sacre che portano l’immagine di Antonio.

Chissà se Antonio era consapevole di ciò che sarebbe accaduto dopo di lui, se immaginava di segnare luoghi e date così riconosciuti in tutto il mondo, non solo a Lisbona o a Padova. Certo è che la sua vita è stata segnata da una Grazia venuta dal Signore che lo ha investito. E lui si è lasciato plasmare pienamente. Mi fa tanto pensare alla Pentecoste e agli apostoli: pescatori e pastori, rinnovati dallo Spirito di Dio. E come loro, Antonio aveva un fuoco dentro: si sentiva amato da Gesù Cristo, e non poteva non dirlo a chi incontrava. E tanti poveri, tante persone correvano ad ascoltarlo.

Il pellegrinaggio della nostra diocesi di Belluno-Feltre si è svolto benissimo. Il sole ci ha accompagnato, dopo mesi di tempo umido e carico di nuvole e pioggia sui nostri paesi. Ho accompagnato i miei fedeli di Arina e Lamon, altri fedeli si sono uniti a Feltre. Un pomeriggio di movimenti dalla diocesi, con pullman che partivano anche da Sovramonte, dal Cadore, Longarone, Agordo, Feltre.

Un movimento di alcune centinaia di fedeli tutti diretti al Santo. Non riesco a dire se eravamo pochi (potevamo essere tanti di più) o tanti (che bel numero di pellegrini!). Eravamo noi. Che già conosciamo questo luogo e le sue bellezze spirituali e artistiche; ma che ritorniamo sempre volentieri per una preghiera, una confessione, una Santa Messa. Pellegrini per chiedere l’intercessione di Sant’Antonio presso il Signore a favore di qualcuno che ci sta a cuore, di qualche sofferente, o forse proprio per noi stessi. Non ci vergogniamo a dire, con parole e gesti, che chiediamo aiuto. Chi chiede aiuto compie un atto vero, umano e anche sacro. Perché chiediamo aiuto a chi ci vuole bene. E non può non aiutarci.

La basilica ci accoglie con tutta la sua bellezza e maestosità. L’orario del primo pomeriggio ci permette di muoverci verso l’altare del Santo, o verso la sala delle Confessioni, con grande libertà. La Santa Messa ci riunisce tutti con attenzione. Il vescovo Renato – nell’omelia – ci guida a comprendere la continuità che accade nel tempo che ci appartiene: da Gesù fino ad Antonio, e da Antonio a noi. Le fatiche dell’umanità non sono cambiate: Gesù e Antonio avevano “compassione” delle persone con i cuori feriti che cercavano pace. E noi, ancora, cercatori di salvezza e di pace, ci lasciamo guidare e accompagnare. Come le folle che ascoltavano Gesù. Come le folle che ascoltavano Antonio. Ancora siamo presi dalle guerre di questa umanità che non sa costruire pace tra i popoli e le nazioni. E non possiamo abituarci alle guerre: fa male sentire quotidianamente il male che divora fratelli e sorelle del mondo.

Caro Antonio, per la pace ti preghiamo: raccomanda al Signore, tu che gli stai vicino, questo richiesta forte e chiara. Ancora abbiamo bisogno di pace. Di pace!

Ritorniamo verso le nostre belle Dolomiti con gioia grande: per quanto abbiamo vissuto e per la serata che preannuncia buon tempo futuro. Che belle le Dolomiti: non ci stanchiamo di ammirarle.

Che bello che sei, Antonio santo. Non ci stanchiamo di invocarti. E ti diciamo arrivederci. Al prossimo anno: troppo bello questo pellegrinaggio!

don Ivone Cavraro