A cura di don Alessandro Coletti (13ª domenica del tempo ordinario - anno B)

Chiamati a vivere in pienezza

La risurrezione di una ragazzina e la guarigione di una donna affetta da una lunga e dolorosa malattia

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Leggendo il Vangelo dobbiamo stare attenti ai numeri perché, di solito, non ci dicono solo una misura o una quantità ma hanno una valore importante. Oggi nel Vangelo torna due volte lo stesso numero ma poi nel racconto si rischia di non farci molto caso… Teniamolo presente: è il numero 12.

Il Vangelo di questa domenica ci raccontano due fatti storici accaduti nella vita di Gesù, due miracoli: la risurrezione di una ragazzina (è uno dei tre casi raccontati dai Vangeli in cui Gesù compie una risurrezione: il figlio della vedova di Nain, Lazzaro e questa bambina appunto) e la guarigione di una donna affetta da una lunga e dolorosa malattia.

Due persone, una morta e l’altra ammalata, che grazie a Gesù tornano a vivere pienamente. Quelle due persone siamo noi, se ci lasciamo guarire da Gesù. Quelle due persone guariscono però perché si mettono in contatto con Gesù. L’emorroissa tocca il mantello di Gesù. Questo è anche l’invito per noi. Dobbiamo fare esperienza di Gesù, dobbiamo toccarlo. Una fede che resti solo un’idea, un principio è una fede certamente traballante, in pericolo. Solo se viviamo le fede e una fede concreta, possiamo guarire.

Se non ci sentiamo pienamente soddisfatti, se ci sentiamo un po’ inquieti, se sentiamo la nostra vita un po’ vuota, se ci sembra che la vita ci sfugga via e ci affidiamo solo agli uomini, passeremo la nostra vita a cercare una cura che non ci può essere data. Quante persone nelle difficoltà credono di poter trovare soluzioni facili lontane da Dio: astrologi, avventure amorose, alcol, gioco d’azzardo… trappole! Toccare il Signore. Fare esperienza di lui, può interrompere le nostre perdite di sangue, può farci sentire di nuovo pienamente vivi. Questa donna non poteva vivere rapporti umani normali, non solo rapporti sessuali ma proprio rapporti personali: era impura e rendeva impuri chi entrava in contatto con lei. In ogni posto era fuori posto. Attraverso Gesù può cominciare una vita nuova. Da quanto soffriva di questo male? 12 anni. Ora 12 è il numero dell’elezione: 12 sono le tribù d’Israele, 12 sono gli apostoli. Allora possiamo dire che tante persone perdono sangue, perdono vita, perché non riescono a sentirsi chiamati, sprecano l’esistenza perché non hanno il coraggio di accogliere la chiamata che Dio fa loro, la loro vocazione. Noi siamo degli eletti, dei prescelti da Dio. Chiuderci a questa chiamata ci porta a vivere una vita sempre al minimo… In Dio possiamo trovare il senso più pieno, più autentico della nostra vita.

E c’è poi quella bambina morta. La prima chiamata del Signore è chiamata alla vita, a una vita piena. Accettare di vivere in pienezza la vita; vivere non sopravvivere, non vivacchiare. C’è quella frase molto bella di Gesù: “Non è morta ma dorme”. Solo una parentesi: cimitero, deriva dal greco koimeterion, “luogo dove si va a dormire”. I morti per noi cristiani sono coloro che aspettano di essere svegliati, svegliati dalla voce di Dio. Ma se viviamo senza il coraggio di affidarsi al Signore, senza accogliere la sua parola. rischiamo di vivere da morti. Come gli zombie dei film, ne’ pienamente vivi, ne’ pienamente morti.

Quanti anni ha la figlia del capo della sinagoga? 12. A 12 anni e un giorno le ragazze vivevano la Bat mitzvah, il rito di passaggio dalla fanciullezza all’età della ragione. A 12 anni e un giorno una ragazza ebrea diventava donna, responsabile. Quel papà affida a Gesù la figlia, gli dice imponile le mani perché guarisca. Imporre le mani era il segno legato alla paternità. Era il padre che imponeva le mani sul figlio (leggendo l’Antico testamento ci sono vari esempi: tra gli altri Isacco con Giacobbe ed Esaù). Allora questo papà, che pure era una persona importante, colta, stimata capisce di essere insufficiente e affida la figlia Dio. Io l’ho portata fin qui, fino a 12 anni ora però la affido a te. Falle fare tu quel passo dall’essere la mia bambina a diventare una donna, una persona matura. Io le ho dato quello che ho potuto fino a qui, ma senza di te la sua vita non sarà mai piena, completa, senza di te la sua vita è per la morte.

«Dio non ha creato la morte e non gode per la rovina dei viventi. Egli ha creato tutte le cose perché esistano», ci ha detto il libro della Sapienza. Dio agisce sempre per il bene, per amore. Dio tollera il male perché ci lascia liberi ma non vuole mai il male. Poi lo vediamo e ne facciamo esperienza: nel mondo c’è il male, è presente, a volte sembra addirittura prevalere. È la presenza del diavolo che si è posto come missione quello di condurre quante più persone nel suo stesso stato. Agisce per invidia. Ogni volta che il diavolo allontana una persona da Dio ottiene possiamo dire una doppia soddisfazione… Una è il famoso modo di dire “mal comune, mezzo gaudio”. Il diavolo ha perso per sempre il paradiso… Non può fare più nulla per riaverlo può però portare con sé altra gente. Un’altra è che in qualche modo fa un dispetto a Dio. L’espressione non è proprio corretta… Però nell’uomo, in ogni uomo c’è l’anima che è opera di Dio. E ogni anima anche se imbruttita, infangata, sfregiata, mantiene un suo valore, ogni anima, anche quella dell’uomo peggiore, ha in sé una scintilla divina, la possibilità di scegliere il bene. E il diavolo è astuto, è forte, è convincente, sa quali sono i nostri punti deboli. A volte la sua forza sembra irresistibile.

Ma la soluzione certa per vincere il male c’è: è affidarsi al Signore. Decidere con fermezza di combattere dalla parte di Dio. E Dio ci può dare la vita e una vita piena. Lasciamoci risollevare dal Signore e viviamo una vita vera, una vita da figli di Dio.