Papa Francesco ha fatto dono al popolo di Dio della lettera apostolica Desiderium desideravi. Il documento, datato 29 giugno 2022, richiama il popolo di Dio sulla centralità dell’Eucaristia e sulla necessità di una “formazione liturgica”, che si realizza attraverso la comprensione di questa parola “liturgia” e con la decisione di esserne protagonisti perché invitati e non solo spettatori. È necessario passare da una conoscenza teorica, per quanto utile, a un’esperienza personale. Ho presentato, in un precedente contributo, alcuni degli spunti di riflessione offerti dal documento per contemplare la bellezza e la verità del celebrare cristiano. Richiamo i primi spunti offerti dal documento.
1. La Liturgia: “oggi” della storia della salvezza (nn. 2-9). Quello che si celebra non è un ricordo, ma un’attualizzazione, un rendere presente il mistero della Pasqua di Cristo.
2. La Liturgia: luogo dell’incontro con Cristo (nn. 10-13). Nel rito celebrato e da noi vissuto si realizza l’incontro personale con il Signore Gesù risorto e vivo.
3. La Chiesa: sacramento del Corpo di Cristo. (nn. 14-15). Nella Chiesa che celebra il rito liturgico si rende presente nei segni, il Cristo Signore Gesù.
Altri spunti di riflessione
Dopo i primi tre spunti offerti dal Papa, già commentati, ne seguono altri. Eccoli nei titoli presentati dal testo ufficiale del documento e con l’indicazione dei numeri che presentano le riflessioni.
4. Il senso teologico della Liturgia (n. 16). Con questa lettera vorrei semplicemente invitare tutta la Chiesa a riscoprire, custodire e vivere la verità e la forza della celebrazione cristiana».
5. La liturgia: antidoto al veleno della mondanità spirituale (nn. 17-20). Di questa mondanità spirituale il Papa aveva già parlato nell’esortazione apostolica Evangelii gaudium (nn. 93 – 97). Come alimento di questa tentazione della vita della Chiesa ci sono – dice il Papa – lo gnosticismo e il neo pelagianesimo. Il primo riduce la fede cristiana in un soggettivismo che chiude l’individuo «nell’immanenza della propria ragione o dei suoi sentimenti». Il neopelagianesimo annulla il valore della grazia, per confidare solo sulle proprie forze, dando luogo a un elitarismo narcisista e autoritario, dove, invece di evangelizzare, si analizzano e si classificano gli altri e, invece di facilitare, l’accesso alla grazia si consumano le energie nel controllare. Ovviamente qui si parla non di cerimoniale o di precetti rituali, ma della liturgia nel suo senso teologico.
6. Riscoprire ogni giorno la bellezza della verità della celebrazione cristiana (nn. 21-23). Significative anche le parole di questo capitolo. Le riporto nella loro interezza. Invitano alla verifica del celebrare di ogni comunità cristiana.
«Dobbiamo però fare attenzione: perché l’antidoto della Liturgia sia efficace ci viene chiesto di riscoprire ogni giorno la bellezza della verità della celebrazione cristiana. Mi riferisco ancora una volta al suo senso teologico, come il n. 7 della Sacrosanctum Concilium ha mirabilmente descritto: la Liturgia è il sacerdozio di Cristo a noi rivelato e donato nella sua Pasqua, reso oggi presente e attivo attraverso segni sensibili (acqua, olio, pane, vino, gesti, parole) perché lo Spirito, immergendoci nel mistero pasquale, trasformi tutta la nostra vita conformandoci sempre più a Cristo.
La continua riscoperta della bellezza della Liturgia non è la ricerca di un estetismo rituale che si compiace solo nella cura della formalità esteriore di un rito o si appaga di una scrupolosa osservanza rubricale. Ovviamente questa affermazione non vuole in nessun modo approvare l’atteggiamento opposto che confonde la semplicità con una sciatta banalità, l’essenzialità con una ignorante superficialità, la concretezza dell’agire rituale con un esasperato funzionalismo pratico.
Intendiamoci: ogni aspetto del celebrare va curato (spazio, tempo, gesti, parole, oggetti, vesti, canto, musica, …) e ogni rubrica deve essere osservata: basterebbe questa attenzione per evitare di derubare l’assemblea di ciò che le è dovuto, vale a dire il mistero pasquale celebrato nella modalità rituale che la Chiesa stabilisce. Ma anche se la qualità e la norma dell’azione celebrativa fossero garantite, ciò non sarebbe sufficiente per rendere piena la nostra partecipazione».
L’ultima parte del documento
In un ulteriore contributo sarà presentata l’ultima parte del documento con due capitoli rilevanti per l’obiettivo che il Papa offre, e che singoli e comunità cristiane sono chiamati a fare oggetto della loro attenzione progettuale e di una sincera verifica. 7. Lo stupore per il mistero pasquale: parte essenziale dell’atto liturgico (nn. 24-26). 8. Necessità di una seria e vitale formazione liturgica (nn. 27-47). 9. Ars celebrandi – l’arte del celebrare (nn. 48-60). 10. Conclusioni (n. 61-65).
Giuliano Follin
(continua)