A cura di don Ezio Del Favero

66 – Il provvidenziale mais

Ancora oggi, se si osserva una spiga di mais avvolta nelle sue foglie, si possono vedere dei fili d'argento...

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Molto tempo fa, le tribù indiane che vivevano sulle montagne erano in guerra le une contro le altre. Diventava difficile anche muoversi perché tutti sospettavano che i viaggiatori fossero delle spie delle tribù nemiche. 

Tuttavia, una povera vecchietta col suo nipote rimasto orfano si recavano da un accampamento all’altro, alla ricerca di una tribù che li ospitassero perché non avevano più famiglia. Ma ovunque venivano respinti.

Un giorno, il nipote e la nonna arrivarono presso l’accampamento di alcuni indiani che li invitarono a sedersi accanto al fuoco e a mangiare con loro. Il capo tribù disse alla vecchietta: «Potete stare con noi, se non avete paura della fame! Non c’è molta selvaggina nel nostro territorio, ma saremo ben felici di condividere con voi il poco cibo che abbiamo».

«Non abbiamo bisogno di molto – rispose la nonna – e io lavorerò per voi. Potrei prendermi cura dei vostri bambini e delle vostre bambine mentre i loro genitori andranno in cerca di qualcosa da mangiare».

Il giorno seguente, come al solito, gli uomini partirono per la caccia, mentre le donne se ne andarono a raccogliere frutti e piante e a prendere l’acqua e la legna. I bambini rimasero soli, felici di poter giocare tutto il giorno, liberi dalla sorveglianza degli adulti. Il loro solo dispiacere era di non aver nulla da mangiare. I genitori tornavano a casa dalla caccia o dalla raccolta solo la sera e i piccoli stomaci trovavano che la giornata era molto lunga. Così, anche quel giorno, i bambini e le bambine giocarono a lungo, sperando di accelerare il tempo che li separava dal ritorno dei genitori. Quando i piccoli iniziarono a stancarsi, la vecchietta li chiamò. Essi le si avvicinarono molto sorpresi. «Che cosa stai facendo, nonnina?», chiese uno di loro.

«Vi sto preparando un bollito di mais», rispose la vecchietta, mescolando una polentina densa in una grande pentola.

I bambini e le bambine non avevano mai visto un bollito così, ma quando lo assaggiarono e furono sazi, si sedettero intorno alla vecchietta – come pulcini rannicchiati accanto alla chioccia – e lei cominciò a raccontare loro delle storie meravigliose.

D’allora in poi, avvenne così tutti i giorni. Grazie all’aiuto della vecchietta, i bambini non soffrirono più la fame e, inoltre, impararono vari tipi di racconti e di storie affascinanti!

Passarono i mesi e, giorno dopo giorno, la vecchietta appariva sempre più stanca. Tuttavia, a metà giornata continuava a preparare puntualmente il cibo per tutti i bambini e le bambine della tribù. Un giorno, però, non ebbe più la forza di alzarsi, ma comunque, a mezzogiorno, il nipote trovò la pentola piena di polentina accanto a lei. La nonna gli disse: «Caro nipote, ho seminato del mais ed è cresciuto bene. Ma deve essere puntualmente annaffiato e ripulito dalle erbacce. Dovrai occupartene tu, insieme agli altri bambini!». Quelle furono le sue ultime parole, ma continuò a garantire la polentina ai piccoli indiani ogni giorno, fino a quando le pannocchie non furono mature. 

Un giorno, il nipote entrò nella tenda con cui viveva con la nonna, ma non la trovò. Nessuno vide mai più quella cara vecchina, che si era trasformata in mais.

Ancora oggi, se si osserva una spiga di mais avvolta nelle sue foglie, si possono vedere dei fili d’argento: sono i capelli della buona vecchietta che ha portato in quella regione il provvidenziale mais affinché i piccoli indiani non soffrissero più la fame.

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La parabola è tratta da una leggenda degli indiani d’America, dove il ricordo della benefattrice si perpetua nella pianta, attraverso i capelli (o la barba) del mais. Nella realtà, tale “barba” svolge anche un’azione depurativa e antinfiammatoria per l’organismo, eliminando le tossine e combattendo il gonfiore.

Varie mitologie attribuiscono a personaggi soprannaturali il dono delle principali piante nutritive. In Grecia, ad esempio, Atena avrebbe fatto nascere l’ulivo, motivo per cui Zeus le avrebbe concesso la sovranità di Atene e dell’Attica.

Il mais, per tutte le civiltà mesoamericane, ha sempre costituito un’importanza cruciale. Maya, Incas e Aztechi consideravano il mais un dono delle divinità e per le divinità. Nella tradizione Maya il terzo dio in ordine di importanza, dopo il dio del Cielo e della Pioggia, era Yam kax, dio del Mais, raffigurato come un giovane dagli occhi e orecchie grandi e sporgenti, con la testa ornata da una pannocchia. I rituali e le offerte al dio del Mais erano di fondamentale importanza e si svolgevano a intervalli regolari.