Celebrazione religiosa molto affollata al cimitero monumentale di Fortogna nel 60° anniversario del disastro del Vajont. Tanti i cittadini e le comunità presenti da tutta la provincia, ma anche dai comuni legati a Longarone come Urussanga in Brasile, Bagni di Lucca con cui è stato rinnovato il gemellaggio, Tesero, Caerano San Marco, Riese Pio X e Fossalta di Piave dove è stata trovata la statua della Madonna di Longarone, che sarà riportata temporaneamente in loco in una cerimonia il prossimo 14 ottobre.
La celebrazione è stata preceduta da alcuni brevi saluti istituzionali del sindaco di Longarone, Roberto Padrin, che si congeda al pubblico in quello che di fatto è la sua ultima cerimonia prima della fine del suo mandato, ringraziando I tanti volontari che hanno contributo all’organizzazione dei vari eventi dell’anniversario e del superstite; presente anche il sindaco di Vajont Virgilio Barzan:
«Avevo 13 anni allora – ha detto – erano altri tempi: conoscevo a memoria il sentiero da Casso a Longarone che facevo ogni giorno per andare a scuola. Il 10 ottobre di quella strada, quelli alberi, quelle case non c’era più nulla. Prima del 9 ottobre c’era orgoglio e vanto per l’opera ingegneristica della diga, ma poi è iniziata la paura con crepe e scosse notturne che ci lasciavano oscuri presagi. Per anni, dopo la tragedia, non siamo riusciti neanche a parlare di quello che è successo ma oggi è fondamentale, e questa è la nostra maggiore preoccupazione per noi superstiti, trasmettere la storia e la memoria ai giovani. Che sia però una memoria non traviata con il massimo valore del rispetto dell’ambiente».
La liturgia è stata presieduta dal Patriarca di Venezia Francesco Moraglia, con al fianco il vescovo Renato, che così lo ha salutato: «Ringrazio il Patriarca per aver accettato l’invito a essere qui in questo luogo di custodia e attesa, dove ci affidiamo al silenzio di Dio e ci uniamo a raccolta nel dolore anche per la recente tragedia di Mestre. Oggi è stata una giornata importante anche con la visita del Presidente della Repubblica, che nel suo discorso ha posto l’accento su una parola chiave molto importante, ovvero la riconciliazione».
«Le parole del salmo del profeta Giona – ha detto il Patriarca nell’omelia – sembrano evocare la tragica notte di 60 anni fa. Si citano infatti le correnti impetuose dei flutti che recano morte mentre si invoca il Signore nell’ora dell’angoscia così come devono aver fatto le quasi duemila vittime nell’ora fatale. Queste persone sono morte per la colpa di pochi che hanno scelto di non fermarsi, hanno voluto cercare il rischio nel nome del profitto e della sfida di fare un’impresa nel costruire una diga “da Guinness dei primati”. Questo grande progetto non ha tenuto conto dell’etica e del senso del limite, tutto mentre in gioco c’era la vita umana. Ci chiediamo: fino a che punto l’uomo può osare? Papa Francesco, nella sua recente “Laudate Deum” ci invita ancora una volta al rispetto del creato e ci dice che “il mondo che ci circonda non può essere oggetto di sfruttamento”. Questo monito non è stato ascoltato 60 anni fa quando intere generazioni furono cancellate in pochi minuti. A loro, ai superstiti e ai soccorritori dobbiamo questa celebrazione per non dimenticare mai».
Enrico De Col